2022-12-20
«Un’interrogazione per sbugiardare il Mes»
Antonio Maria Rinaldi (Ansa)
L’europarlamentare Antonio Maria Rinaldi: «La Commissione Ue deve rispondere delle incoerenze del trattato. Primo, cita il Pil strutturale, ovvero un dato non oggettivo. Secondo, incorpora il Patto di stabilità che però tutti, a Bruxelles, adesso vogliono cambiare».Onorevole Antonio Maria Rinaldi, come gruppo Lega al Parlamento Ue avete presentato un’interrogazione sul Mes alla Commissione «Interrogazione prioritaria, prego. La Commissione Ue dovrà rispondere nel giro di 30 giorni. Con il Natale mi aspetto però slittamenti». Un’interrogazione importante formulata in maniera stringata. E mi sarei anche atteso di vedere più firme.«Unica firma la mia; vero! Perché non ha senso che 25 parlamentari sprechino così la loro occasione di inviare un’interrogazione prioritaria. Comunque, il presidente del gruppo Identità e democrazia Marco Zanni e il capo delegazione Lega Marco Campomenosi hanno firmato il cosiddetto “sostegno”. Procedura prevista per “aggirare” l’impossibilità a cofirmare l’interrogazione prioritaria. Questa nasce da un lavoro di squadra che ha visto coinvolti anche il responsabile del dipartimento economia della Lega Alberto Bagnai e il suo predecessore Claudio Borghi. Ci siamo pure avvalsi della consulenza di un eminente esperto di diritto Ue. Abbiamo calibrato ogni parola. E qui vengo al motivo della sinteticità. La formattazione di questo tipo di interrogazione - depositata telematicamente ieri - non prevede si superino le 200 parole».Nello specifico cosa chiedete alla Commissione?«L’accordo che modifica il trattato istitutivo del Mes specifica che per accedere alla linea di credito cosiddetta “precauzionale” occorra dimostrare, fra l’altro, il rispetto del cosiddetto saldo strutturale; vale a dire un deficit pari al 3% del Pil. Ma non il Pil misurato da Eurostat bensì quello cosiddetto strutturale».Che vuol dire?«Che il Pil si misura mentre quello strutturale si stima. Esperto che vai, stima che trovi. Il Pil strutturale sarebbe quel livello di reddito superato il quale i prezzi salgono. E questa stima la produce la Commissione. Anche il Fmi fa la sua. Ma chiunque si cimenti in questi calcoli astrusi arriva a conclusioni diverse. E questo non va bene per due motivi».Il primo?«Di ordine pratico. Se il Pil che misura l’Istat è pari, faccio un esempio, a 1.800 miliardi mi aspetto di poter fare un deficit di 54 miliardi. Il 3%, appunto. Ma se gli “scienziati” di Bruxelles dicono che il Pil strutturale o potenziale è 1.700 miliardi, allora il mio deficit consentito è 51 miliardi. Se invece fosse 1.600 miliardi allora sarebbe 48. Insomma, massima arbitrarietà. Peraltro, le metodologie di stima sono spesso così astruse che se un Paese va incontro a pesanti recessioni il Pil strutturale per gli anni a venire diminuisce. La Commissione cioè ritiene che si perda per sempre quella capacità produttiva. Un meccanismo perverso che alimenta un circolo vizioso di politiche recessive. E questo è il secondo motivo».Ma per modificare questa impostazione vanno cambiati i trattati.«E qui casca l’asino. Lo scorso 9 novembre il nostro commissario per gli Affari economici Paolo Gentiloni, insieme con il vicepresidente Valdis Dombrovskis, ha presentato le linee guida che gli Stati membri discuteranno in seno al Consiglio europeo per la modifica del Patto di stabilità. E fra queste vi è proprio l’eliminazione del saldo strutturale. È la stessa Commissione Ue a ritenere questo criterio non più valido. Anzi dannoso».E se il Parlamento italiano ratificasse le modifiche così come sono?«Accadrebbe che se anche in seno al Consiglio Ue si trovasse un accordo per rivedere le regole di bilancio (fra cui appunto l’astruso saldo strutturale), chi volesse accedere al Mes dovrebbe invece sottostare alle vecchie regole. Queste modifiche cristallizzano regole che già sappiamo verranno cancellate su proposta Ue».Il Mes potrebbe sottostare alle nuove regole.«Con il dovuto rispetto, neanche al bar si ragiona così. Il quadro regolatorio europeo non può essere contraddittorio o lasciare spazio a infinite disquisizioni giuridiche. Quindi per prima cosa la Commissione Ue non può non prendere atto che la riforma del trattato intergovernativo istitutivo del Mes contiene parametri che sappiamo non saranno più validi. Se non lo facesse, è un po’ come se volesse darci a intendere che l’acqua del mare non è salata». Finita qui?«No, è qui che comincia. La Commissione ha il dovere di chiarire se sussista o meno un palese contrasto fra i criteri di ammissibilità richiesti per accedere in futuro al Mes e la prospettata riforma del nuovo Patto di stabilità. Tutto ciò renderebbe quantomeno inapplicabile il testo riformato oppure il nuovo Patto. E ci sono due precedenti storici che fanno scuola».Vale a dire?«Il trattato istitutivo del Mes fu firmato per la prima volta l’11 luglio del 2011. Ma quel testo non fu mai ratificato dal nostro Parlamento. La drammatica crisi dei debiti sovrani costrinse ad apportare modifiche a quel trattato. Ne fu sottoscritto uno nuovo dal premier Mario Monti il 2 febbraio 2012. Il Parlamento italiano ratificò quindi quel secondo trattato, non il primo. Ed è ciò che dovrebbe avvenire ora. La nostra posizione è chiara. Non si ratifica un trattato che sappiamo già essere morto. Si ridiscute il Patto di stabilità e quindi il Mes cambia di conseguenza».Il secondo precedente?«La Corte di Karlsruhe non approvò neppure la seconda formulazione del 2012. La Germania ha addirittura ratificato un trattato diverso dagli altri per rispettare i rilievi della sua Corte costituzionale. Ciò che è valso per la Germania deve valere per l’Italia».Azione e Iv spingono per approvare il documento com’è. «Fosse per loro dovremmo addirittura accedere subito al Mes un creditore privilegiato che farebbe retrocedere tutti i Btp in circolazione al rango di subordinati e che in caso di default sarebbero cioè rimborsati per ultimi. Si è visto cosa è successo con Banca Etruria. Le obbligazioni subordinate sono state azzerate. Evidentemente Matteo Renzi pensa di riproporre quell’esperienza più in grande».