2022-02-12
Un’altra umiliazione: udienza di 3 minuti per il trader in cella negli Emirati Arabi
La prigione di Al Whatba dove è detenuto Andrea Costantino, nel riquadro (Ansa)
Costantino è accusato di aver venduto gasolio allo Yemen. Farnesina ancora immobile. La compagna: rischia la vita.Si è conclusa nell’ennesimo nulla di fatto l’ultima udienza del processo a carico di Andrea Costantino, l’imprenditore italiano da ormai un anno prigioniero nel carcere di Al Whatba, Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti. Durata nemmeno 3 minuti il 9 febbraio scorso, è stata di nuovo rinviata al 23, perché anche questa volta i presunti testimoni dell’accusa non si sono presentati. Così il tempo passa. A dimostrazione che il governo italiano continua a non tutelare i suoi cittadini all’estero. Dopo aver liberato (temporaneamente) Patrick Zaki (che cittadino italiano non è) in Egitto, è caduta invece una coltre di silenzio su due casi di nostri connazionali ancora prigionieri fuori dall’Italia. Uno è Marco Zennaro, scarcerato nei mesi scorsi ma di fatto ancora impossibilitato a uscire dal Senegal, l’altro è appunto Costantino, trader milanese rinchiuso in cella senza che gli sia stata formalizzata un’accusa. Costantino vive una delle situazioni più difficili, soprattutto dal punto di vista diplomatico, anche perché tra Emirati Arabi Uniti e Italia persistono le tensioni dopo l’embargo sulla vendita di armamenti deciso lo scorso anno dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio.La situazione continua a non sbloccarsi. Diverse aziende italiane stanno perdendo ordini e commesse. E allo stesso tempo Costantino continua a languire nelle carceri emiratine. Ha perso oltre 30 chili, ha visto solo una volta il suo avvocato, è moralmente depresso e non ha diritto ad alcuna ora d’aria. Il suo avvocato non ha ancora avuto la possibilità di accedere al fascicolo processuale. E le udienze, che possono durare al massimo 4 minuti, sono di fatto inutili perché i presunti testimoni dell’accusa continuano a non presentarsi. Del ministero degli Esteri, dopo un virgolettato incoraggiante di novembre di Di Maio («Il caso Costantino lo stiamo seguendo sin dal primo momento»), si sono perse le tracce. La scorsa settimana è arrivata una risposta all’interrogazione parlamentare di Andrea Del Mastro di Fratelli D’Italia, ma le spiegazioni sono state davvero poco esaurienti. Il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova ha ammesso almeno che il caso è di sicurezza nazionale. «Il 13 settembre, dopo vari mesi dall’istanza, il legale incaricato presso il foro emiratino ha ricevuto da parte della Procura competente il formale riconoscimento del mandato attribuitogli dal signor Costantino» ha spiegato Della Vedova. «Tuttavia, in considerazione delle questioni di sicurezza nazionale che interesserebbero il caso – così come asserito dal procuratore generale – il legale deve richiedere un permesso alla Procura ogni qualvolta intende rendere visita al connazionale. Un primo incontro tra il connazionale e il legale ha finalmente avuto luogo il 24 novembre».Sul resto non ci sono risposte. Stefania, la compagna, continua a esortare la Farnesina per chiedere il trasferimento almeno in ambasciata, come nel caso di Zennaro. Ma gli sceicchi continuano a tenerlo prigioniero, ormai un vero e proprio ostaggio. Le accuse continuano a essere vaghe. Costantino sarebbe accusato di alcune vendite di gasolio fatte negli anni 2015/16, a favore di una società Yemenita. Ma sono assolutamente inconsistenti. L’attività commerciale legalmente esercitata dall’imprenditore, infatti, attraverso la sua società Eidon Global Fze, titolare di licenza per il trading di oil and gas, ha l’autorizzazione del governo emiratino. Tutta questa documentazione è da mesi nelle mani dell’avvocato di Costantino, ma senza la possibilità che ci celebri un’udienza è impossibile mostrarla al giudice. Era stata fissata dapprima una udienza preliminare alla vigilia di Natale 2021, poi saltata. Nel frattempo all’avvocato Abdel Qadir Ismail è stato appunto negato di accedere al fascicolo di indagine e processuale, concedendogli solo, in seguito, di prendere visione di alcuni atti e di trascriverli manualmente sotto gli occhi del prosecutor che decideva cosa far copiare o meno. Poi è stata fissata una nuova udienza il 12 gennaio, quindi il 9, mercoledì scorso, ma anche in questi due casi senza successo. «Ad Andrea è consentito telefonare, quando non ci sono problemi loro organizzativi, 2 volte alla settimana, per pochi minuti, 5 o 6, poi cade la linea», racconta Stefania. «Questi sono diritti fondamentali e inalienabili di un essere umano. È evidentissimo che, nonostante gli sforzi attraverso i canali diplomatici, la vicenda potrebbe essere trattata e risolta solo tramite un intervento forte e deciso dello Stato italiano e del suo governo. Come per la vicenda di Zennaro, si vede come l’Italia non sia in grado di tutelare i cittadini all’estero. Ma almeno lui sta in ambasciata». Stefania è disperata. «La vita di Andrea sta andando a pezzi senza una motivazione assieme alla mia e quella di nostra figlia di 4 anni che mi chiede ogni giorno quando torna il suo papà e io non so più cosa dirle. Anche la mia vita sta andando a rotoli da tutti i punti di vista avendo ormai anche serie difficoltà economiche. Andrea infatti provvedeva a tutto per noi».