2019-01-29
Mattarella prepara sgambetti sull’autonomia
Il Quirinale prepara battaglia su autonomia e democrazia diretta. E intanto fa le prove con il decreto Semplificazioni.Un corazziere mascherato da frate francescano. Arriva la stagione a colori di Sergio Mattarella, che si appresta ad abbandonare un quasi silente ruolo di garanzia istituzionale per mostrare il luccichio della corazza, per affilare le parole e mettersi di traverso come un passaggio a livello rispetto a coloro che lui, dal primo giorno, considera pischelli al governo. «Dategli un appiglio e solleverà il mondo con la grazia di chi solleva un cucchiaino da caffè», sussurrano i collaboratori del presidente della Repubblica nella penombra del Quirinale. Ancora più esplicito, il Corriere della Sera annuncia la primavera rivoluzionaria con il dispaccio dal titolo: «La metamorfosi del presidente». L'articolo del quirinalista Marzio Breda come sempre è molto informato, anzi molto ispirato, e racconta questo punto di svolta arrivato con il quinto anno di presidenza: «Si è rassegnato al cambio di passo, a diventare interventista». Proprio lui che avrebbe voluto discontinuare rispetto a Giorgio Napolitano e che nei primi tre anni di mandato aveva fatto del silenzio un valore solido. C'era la Costituzione più struggente del pianeta da salvare dalle bombe a mano di Matteo Renzi? Silenzio. C'erano leggi come il Jobs act con profili di incostituzionalità da far perdere il sonno alla Consulta? Silenzio assordante. C'erano comportamenti parlamentari da piazza del mercato come nel tentativo di nascondere l'utero in affitto dietro la legge Cirinnà? Silenzio a colori.Era un Mattarella zen quello che ha guardato passare le nuvole in viaggio del renzismo al potere con una margherita fra le labbra. Ma oggi con Matteo Salvini e Luigi Di Maio nei paraggi, non è più possibile. «Avrebbe preferito percepirsi in una linea di coerenza con la terzietà attiva», puntualizza con un delizioso arzigogolo lessicale il Corriere. Potremmo tradurre che avrebbe preferito continuare a fare l'arbitro, pronto a intervenire per rammentare le regole del gioco (peraltro ruolo che la Costituzione gli attribuisce), ma proprio non potrà. Il fremito incombe soprattutto perché si approssimano due temi sui quali il Colle avrebbe intenzione di dare battaglia: l'autonomia delle regioni chiesta con referendum da Lombardia e Veneto (il federalismo differenziato) e i due disegni di legge costituzionale dei 5 stelle sulla democrazia diretta.Il discorso, come spesso accade in questi casi, è a nuora perché suocera intenda. E allora ecco la spiegazione per noi passanti con diritto di voto: «Mattarella si è rassegnato al cambio di passo per fronteggiare un campo di forze populiste e sovraniste che esprimono proposte drogate dall'azzardo e contraddittorie oltre che, specie per i 5 stelle, con lacune d'esperienza da colmare», scrive Breda. Attraverso il telefono senza fili degli uffici e la lenzuolata pubblicata dal Corrierone, il presidente informa il governo che la festa è finita e che i suoi numi tutelari Luigi Einaudi e Giovanni Gronchi (percepiti come interventisti di garanzia) sono pronti a ispirarlo di nuovo, come fecero nella settimana dello scontro con Paolo Savona, nel pasticcio con Carlo Zainetto Cottarelli che mandò lo spread alle stelle. E più in generale nel gestire quel «punto di incontro e supplenza dove abitano gli indirizzi fondamentali scritti nella Costituzione». Il capo dello Stato sta facendo il sound check in queste ore; ha preso come cavia il decreto sulle Semplificazioni (quello che contiene Reddito di cittadinanza e Quota cento), lo ha accusato di gigantismo e ha chiesto al Senato di operare una sostanziosa cura dimagrante. Sono saltati 62 emendamenti su 85, il governo ha deciso di non aprire alcun contenzioso anche per la necessità di far passare definitivamente i provvedimenti di bandiera. Mattarella ha fatto luccicare l'armatura, 5 stelle e Lega hanno trovato l'accordo su cinque modifiche prioritarie: il congelamento del raddoppio dell'Ires sul no profit, la riforma della normativa sugli Ncc, la moratoria sulle trivellazioni, maggiori paletti di ineleggibilità nei consigli forensi, il trasferimento degli impianti idroelettrici alle regioni alla scadenza delle concessioni. È saltato il blocco delle imposte per le vittime del Ponte Morandi a Genova, ma verrà inserito nel prossimo decreto utile.Sui due temi chiave all'orizzonte, il presidente interventista (come viene dipinto con entusiasmo dal Corriere) sarà di fatto alleato delle opposizioni, soprattutto del Pd che lo elesse in blocco. Il federalismo differenziato è un cavallo di battaglia della Lega, sul quale si stanno spendendo i governatori delle regioni più forti del Nord: Attilio Fontana (Lombardia) e Luca Zaia (Veneto). «Se non arriva l'autonomia salta il governo», hanno cominciato a ripetere. A conferma che l'argomento è vissuto come uno spartiacque, il ministro per gli Affari regionali Erika Stefani sta lavorando sul dossier in tandem con i due leader regionali. Anche la democrazia diretta voluta dai 5 stelle rappresenta un bivio decisivo: i disegni di legge per il taglio dei parlamentari (da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori) e per l'introduzione del referendum propositivo sono il cuore del lavoro del ministro per i Rapporti col parlamento, Riccardo Fraccaro. Autonomia, referendum propositivo, taglio delle poltrone: parolacce al cospetto di Mattarella, pronto - e ha già avvertito tutti - a trasformare il Quirinale nelle sue Termopili personali.
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