2021-03-27
«Una bomba atomica sul commercio globale»
Il professore di economia marittima Gian Enzo Duci: «Tra pochissimi giorni anche il cittadino medio si accorgerà dell'effetto di avere Suez bloccato. Aumenti del prezzo del petrolio, dei beni di marca fatti in Asia, della tecnologia ma pure degli oggetti comuni, come le mascherine».Falliti i tentativi di disincagliare la Ever Given, sono attesi gli esperti americani. La rotta energetica scatena gli appetiti.Lo speciale contiene due articoli. «Sa con quale domanda ho aperto la mia lezione ai ragazzi dell'Università di Genova, stamattina?». No, professor Duci, me lo dica. «Prendete carta e penna, fatemi vedere se siete bravi con i calcoli». Per scoprire cosa? «Ho chiesto: “Mi dite quanto tempo ci vorrà perché il vostro vicino (...) di casa si accorga di che catastrofe sia, anche per lui, il blocco di Suez"». È lo stesso motivo per cui la cerco io. «Intanto bisogna spiegare che sarà una bomba atomica per l'economia del mondo. Ogni minuto perso amplifica gli effetti collaterali». Si potrebbe obiettare che lo stretto di Suez è stato chiuso già tre volte nella storia. «Senza dubbio. La prima volta nel 1956 per dieci giorni, poi riaperta dall'intervento anglofrancese. Ma lo stretto restò bloccato da novembre a Natale perché gli egiziani affondarono le 40 navi che si trovavano lì. E poi nel 1967 e nel 1973. Ma non esiste paragone in nessuno di questi tre casi». Per l'entità dei traffici? «Esatto. Nel 1973 la crisi bellica durò di più ma il blocco di meno. Il punto è che era un altro mondo. Molto meno globalizzato, per volume di traffico non c'è proporzione. È la differenza che passa tra una via consolare dei romani e una autostrada lombarda sei corsie». Perché questo mondo - come lei racconta ai suoi studenti - è cambiato con i grandi trasporti? «Esatto. Consiglio la lettura di The box, il libro che racconta l'invenzione del container, nel 1953. Per i trasporti equivale a ciò che il computer è stato per la tecnologia e il telefonino per le comunicazioni». Stiamo dicendo che è il primo blocco di queste proporzioni nella storia del commercio globalizzato moderno? «Esatto. Io mi rendo conto che la gente, anche gli addetti ai lavori, guarda la foto di quella nave incagliata e non si rende conto delle proporzioni. È ingannevole come un plastico degli effetti speciali in un film catastrofista». Per via della scala? «Ma certo! Parliamo di una nave che è lunga quattro volte l'Olimpico. E che è profonda come un palazzo di sei piani, perché pesca 15 metri sott'acqua! Adesso lei immagini che ci sono già bloccate nello stretto 150 navi in una direzione e 150 nell'altro senso di marcia. Immaginate quanto ci vorrà per sgomberarlo, anche quando sarà sbloccato, con 50 viaggi al giorno». Il che non è certo? «Nessuno può ancora dare una data. Ma ecco una notizia da insider training. Sono partiti per Suez dei rimorchiatori dall'Italia, oggi». Notizia buona o cattiva? «Tutti noi addetti ai lavori facciamo un calcolo: ci vogliono cinque giorni solo per arrivare lì, immaginate quanto può durare tutto l'intervento. Sta intervenendo la stessa compagnia che recuperò la Costa Concordia. Che al confronto - 110 metri più corta - era una nocciolina». Per la Concordia ci volle un anno, ma era affondata. «Qui per fortuna ci vorrà meno, ma adesso, se le va, rispondiamo alla domanda fatta ai miei studenti, la stessa di chi ci legge: quali effetti avremo di sicuro». Gian Enzo Duci, professore di Economia marittima e portuale, ex presidente degli agenti Marittimi, e anche piccolo armatore, è uno dei massimi esperti italiani di trasporti in mare. E sospira: «Analizzeremo questo caso per dieci anni». Professore, si parla di un blocco di cinque settimane. «Guardi, gli stessi gestori del canale non danno date certe, perché non le hanno. Sappiamo che sul campo ci sono nove rimorchiatori e quattro scavatori. Non sarà un gioco». Si parla di alleggerire lo scafo di alcuni container con degli elicotteri. «Ed ecco un altro esempio in cui contano le proporzioni. Ce ne sono 15.000! Servono 700 viaggi solo per toglierne un decimo». Quando se ne accorge il nostro vicino di casa? «Prima di quanto non crediamo con il primo effetto. L'aumento del costo del petrolio, a giorni». In così poco tempo? «Per quello stretto passa l'8% del greggio di tutto il mondo. Ma - purtroppo - una parte preponderante di quello diretto in Europa». Poi? «Aumenteranno subito i prezzi dei trasporti intercontinentali». Anche se il problema si risolve prima? «Si, perché la pandemia ha sbilanciato la distribuzione dei container nel mondo. Sono più quelli che fanno un viaggio di andata verso l'Europa, che quelli che fanno un viaggio di ritorno». Cos'altro salirà di prezzo? «Le scarpe da ginnastica della Nike, o o generale di marca, che arrivano tutte dai distretti produttivi dell'Asia. E sarà più difficile trovare prodotti ad alta tecnologia, e anche una miriade e di accessori a basso prezzo, penso agli scotch, alla cartoleria cinese, ad alcuni utensili, ma persino alle mascherine, che viaggiano sempre su quelle rotte». Non ci sono alternative? «Sì, l'aereocargo: ma con costi e volumi potenziali di traffico nemmeno lontanamente paragonabili. Questo già con tre settimane». Sembra poco per fare così tanto danno. «Questo perché nel mondo globalizzato le scorte e gli stoccaggi sono ridotti la minimo. È vero che sono viaggi lunghi, ma l'equilibrio del mercato si fonda sulla frequenza». Mi faccia un esempio. «Con Suez aperto è la ruota di un luna park. Con Suez chiuso è come la ruota di un luna park ferma. Le voglio dare una misura che nei nostri ambienti mette paura: i Lloyds di Londra stimano il costo del blocco in 400 milioni di dollari l'ora. Parliamo dunque di 9 miliardi e mezzo al giorno!». L'ha stupita che si sia fermata una nave come la Ever Given? «Moltissimo. Parliamo di un gioiello di modernità e tecnologica. Il top delle strumentazioni di avanguardia. Per di più è del 2018, quindi una bambina, ma già rodata». Mi parli di altri meccanismi di traffico. «Gliene dico uno. Potrebbe non essere più conveniente per i cinesi comprare il grano ucraino». E l'alternativa africana? «Auguri. Sono 12 giorni in più di viaggio è un milione di euro in più di costi». E questo cosa produce? «Che gli armatori puntano le fiches al casinò. Chi è partito oggi si carica i costi, e scommette che i tempi del blocco siamo lunghi». Certo. «Ma chi è bloccato, o non è ancora partito, punta sullo sblocco. Sarà come azzeccare un numero alla roulette: sia per gli armatori, sia per i cittadini». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/una-bomba-atomica-sul-commercio-globale-2651226795.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-gigante-bloccato-accende-la-guerra-del-gas-naturale-e-interviene-la-marina-usa" data-post-id="2651226795" data-published-at="1616791075" data-use-pagination="False"> Il gigante bloccato accende la guerra del gas naturale. E interviene la Marina Usa Non accenna ancora a sbloccarsi la situazione a Suez, dopo che da martedì una portacontainer lunga 400 metri si è incagliata paralizzando il transito nel canale. Ieri è fallito un nuovo tentativo di rimozione della Ever Given, mentre l'arrivo di altri due rimorchi è previsto per la giornata di domani. In particolare, secondo quanto riferito dalla Suez Canal Authority, sarebbe necessario rimuovere fino a 20.000 metri cubi di sabbia per raggiungere una profondità di circa 14 metri e provare così a togliere finalmente di mezzo l'imbarcazione. I più ottimisti ritengono che la rimozione possa essere completata già nei prossimi giorni, mentre i più pessimisti temono che le operazioni possano richiedere addirittura delle settimane. L'autorità del canale ha comunque fatto sapere ieri che «non vede l'ora di cooperare» con gli Stati Uniti per cercare di disincagliare la nave. Secondo quanto riferito ieri dalla Cnn, la Marina americana dovrebbe inviare oggi una «valutazione di dragaggio», mentre offerte di aiuto sono arrivate anche dalla Turchia. Per evitare l'ingorgo venutosi a formare, svariate navi (tra cui almeno sette petroliere) hanno frattanto già deciso di cambiare il proprio percorso. Queste deviazioni rischiano di creare tuttavia non pochi problemi: al di là di un incremento dei costi di spedizione, si teme anche che l'aumento delle imbarcazioni dirette verso il Capo di Buona Speranza possa aumentare i rischi legati alla pirateria. Le acque al largo dell'Africa occidentale sono considerate infatti tra le più pericolose al mondo. È anche in tal senso che, come riportato dal Financial Times, numerose compagnie di navigazione hanno preso contatti, nelle scorse ore, con la Marina statunitense. Nel frattempo, come riportato ieri da Reuters, le tariffe di spedizione per le petroliere sono quasi raddoppiate. Tra le (numerose) aziende colpite dal blocco figurano poi Ducati e Heineken, mentre, secondo la Coldiretti, la crisi di Suez «mette a rischio le esportazioni Made in Italy in Asia». Sempre ieri, il prezzo del petrolio è tornato a salire rispetto alle perdite del giorno precedente. Bloomberg News ha comunque parlato di un «impatto limitato» dell'attuale blocco di Suez sul prezzo del greggio (visto il calo dei flussi dal Medio Oriente all'Europa rispetto ad alcuni anni fa). Oltre agli enormi costi commerciali, è probabile che una delle conseguenze geopolitiche più rilevanti riguarderà il gas naturale. Ricordiamo che, da Suez, transiti circa l'8% del gas naturale a livello mondiale. Ebbene, secondo l'agenzia turca Anadolu, il blocco potrebbe favorire Stati Uniti e Russia, che mirano da tempo a occupare fette sempre maggiori di mercato europeo. Dall'altra parte, i danni principali rischia di ritrovarseli l'Egitto: il Cairo teme infatti che, con questa crisi, il canale di Suez possa vedere drasticamente ridimensionato il suo ruolo nel commercio energetico.
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