2022-12-03
Un sottomarino inchioda la Open Arms e mette nei guai i pm anti Salvini
Al processo spunta un’informativa mai prodotta dalla Procura: i militari filmarono le strane manovre della Ong e il «salvataggio».No, che un sommergibile emergesse nel bel mezzo di un tribunale non se l’aspettava proprio nessuno. Eppure è accaduto ieri al processo Open Arms di Palermo, dove il leader della Lega Matteo Salvini è imputato di sequestro di persona aggravato per aver vietato nell’agosto 2019, da ministro dell’Interno, l’approdo a Lampedusa della nave Open Arms carica di 147 immigrati. Per meglio dire, ieri a Palermo è emerso un video girato il 1°agosto 2019 dal sottomarino «Pietro Venuti», della marina militare italiana, che in mare aperto aveva monitorato le operazioni di salvataggio di un barcone di clandestini da parte della nave dell’organizzazione non governativa spagnola.Ieri quel video è stato acquisito dal Tribunale di Palermo, presieduto da Roberto Murgia, su richiesta dell’avvocato Giulia Bongiorno, difensore di Salvini. La corte ha acquisito non soltanto il filmato, ma tutto il materiale audio e fotografico raccolto dal sommergibile, che nell’estate del 2019 era in missione proprio per controllare le attività di soccorso nel Mediterraneo: foto e video registrano le operazioni della Open Arms, e lunghi file audio riportano perfino le conversazioni di alcuni membri dell’equipaggio della nave spagnola. Ieri i giudici hanno disposto la trascrizione e la traduzione in italiano degli audio, e hanno stabilito d’interrogare come testi il comandante del sottomarino, Stefano Oliva, e l’ufficiale Andrea Pellegrino, che sulla vicenda scrisse una relazione di servizio.Si tratta di «documenti fondamentali, e di grande rilevanza», ha protestato l’avvocato Bongiorno, «che sono sempre stati a disposizione della Procura senza che la difesa ne sapesse nulla». L’esistenza di questo materiale era emersa a metà dello scorso maggio in un’udienza del processo Open Arms, grazie all’interrogatorio di Fabrizio Mancini, direttore del Servizio immigrazione del ministero dell’Interno: il teste aveva ricordato che al Viminale, all’epoca, c’era forte allarme per la possibilità che sui barconi, tra i clandestini, s’infiltrasse qualche terrorista dell’Isis, e aveva accennato a «informative» inviate a tutte le procure siciliane, da cui emergevano «stranezze e anomalie» nelle operazioni di soccorso in mare, e sospetti sull’attività delle Ong.I nuovi documenti acquisiti al processo accendono così una luce diversa sul caso e sulla condotta della Open Arms. Giulia Bongiorno dice alla Verità che negli audio registrati dal sottomarino Venuti si sente «la voce di più persone che parlano spagnolo», di cui «una probabilmente a bordo della nave». Dato che proprio in quel momento la Open Arms aveva cambiato rotta, senza alcun motivo apparente, e si era avvicinata velocemente al punto dove avrebbe incrociato il barcone dei migranti, questo potrebbe provare che l’Ong fosse in diretto contatto con gli scafisti. Resta comunque molto grave che il materiale fin qui sia rimasto… sommerso e non sia mai stato depositato agli atti del processo palermitano, dove Salvini è accusato di un reato che prevede fino a 15 anni di reclusione. Non l’aveva visto il giudice che l’ha rinviato a giudizio, né la corte che lo sta giudicando. Del resto, perfino il Senato non ne aveva avuto alcuna notizia quando, nel luglio 2020, aveva concesso il via libera al procedimento. Di tutto quello che s’è scoperto ieri, il leader della Lega s’è detto «sconcertato»: «Sarebbe gravissimo», ha dichiarato, «se qualcuno avesse nascosto, omesso o dimenticato documenti rilevanti da parte di organi dello Stato. Cioè se ci sono pezzi di Stato che dimenticano o nascondono interventi di altri pezzi di Stato per danneggiare oggi Salvini e domani chissà, vuol dire che c’è qualcosa che non funziona».Dato che il divieto di sbarco alla Open Arms venne disposto con un decreto firmato il primo agosto 2019 non soltanto dal ministro dell’Interno, ma anche da quelli della Difesa e delle Infrastrutture, ieri a Palermo sono stati interrogati come testi anche i due ministri dell’epoca, i grillini Elisabetta Trenta e Danilo Toninelli. «La decisione del divieto d’ingresso in acque italiane della Open Arms fu presa da Salvini», ha dichiarato la Trenta, che malgrado il suo incarico alla Difesa ieri ha negato di essere stata a conoscenza dell’attività del sommergibile Venuti. «Io ricevetti il decreto da firmare», ha ammesso, «ma la competenza del mio ministero si limitava a verificare che non si trattasse di una nave militare: questo era il mio ruolo, non avevo alcun ruolo di decisione». Quando poi il 14 agosto il Tar del Lazio annullò il decreto con il divieto d’approdo alla Open Arms, la Trenta ha ricordato di essersi «rifiutata di firmare un secondo decreto, che era analogo al primo»: «Mi rifiutai», ha spiegato in aula, «perché era la semplice reiterazione del provvedimento annullato, senza sostanziali novità, anzi in presenza di una situazione peggiorata» per via del tempo che era trascorso e della situazione d’emergenza che s’era creata sulla nave. Quanto a Toninelli, l’ex ministro delle Infrastrutture ieri ha negato in aula che nei consigli dei ministri del primo governo Conte si fosse mai «parlato di Open Arms, sbarchi e ricollocamenti: questi argomenti non sono mai stati all’ordine del giorno».Salvini ha definito «pittoresca» la deposizione dell’ex collega Trenta. E su Toninelli ha voluto specificare: «Sinceramente non ricordo se nelle riunioni di governo in cui si parlava degli sbarchi c’era anche lui: può essere non ci fosse. Ma sicuramente in quei consigli dei ministri abbiamo parlato di sbarchi, e sicuramente c’erano Giuseppe Conte e Luigi Di Maio». Che infatti, il 13 gennaio, alla prossima udienza, saranno entrambi chiamati a testimoniare a Palermo.
«It – Welcome to Derry» (Sky)
Lo scrittore elogia il prequel dei film It, in arrivo su Sky il 27 ottobre. Ambientata nel 1962, la serie dei fratelli Muschietti esplora le origini del terrore a Derry, tra paranoia, paura collettiva e l’ombra del pagliaccio Bob Gray.
Keir Starmer ed Emmanuel Macron (Getty Images)
Ecco #DimmiLaVerità del 24 ottobre 2025. Ospite Alice Buonguerrieri. L'argomento del giorno è: " I clamorosi contenuti delle ultime audizioni".
C’è anche un pezzo d’Italia — e precisamente di Quarrata, nel cuore della Toscana — dietro la storica firma dell’accordo di pace per Gaza, siglato a Sharm el-Sheikh alla presenza del presidente statunitense Donald Trump, del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, del turco Recep Tayyip Erdogan e dell’emiro del Qatar Tamim bin Hamad al-Thani. I leader mondiali, riuniti per «un’alba storica di un nuovo Medio Oriente», come l’ha definita lo stesso Trump, hanno sottoscritto l’intesa in un luogo simbolo della diplomazia internazionale: il Conference Center di Sharm, allestito interamente da Formitalia, eccellenza del Made in Italy guidata da Gianni e Lorenzo David Overi, oggi affiancati dal figlio Duccio.
L’azienda, riconosciuta da anni come uno dei marchi più prestigiosi dell’arredo italiano di alta gamma, è fornitrice ufficiale della struttura dal 2018, quando ha realizzato anche l’intero allestimento per la COP27. Oggi, gli arredi realizzati nei laboratori toscani e inviati da oltre cento container hanno fatto da cornice alla firma che ha segnato la fine di due anni di guerra e di sofferenza nella Striscia di Gaza.
«Tutto quello che si vede in quelle immagini – scrivanie, poltrone, arredi, pelle – è stato progettato e realizzato da noi», racconta Lorenzo David Overi, con l’orgoglio di chi ha portato la manifattura italiana in una delle sedi più blindate e tecnologiche del Medio Oriente. «È stato un lavoro enorme, durato oltre un anno. Abbiamo curato ogni dettaglio, dai materiali alle proporzioni delle sedute, persino pensando alle diverse stature dei leader presenti. Un lavoro sartoriale in tutto e per tutto».
Gli arredi sono partiti dalla sede di Quarrata e dai magazzini di Milano, dove il gruppo ha recentemente inaugurato un nuovo showroom di fronte a Rho Fiera. «La committenza è governativa, diretta. Aver fornito il centro che ha ospitato la COP27 e oggi anche il vertice di pace è motivo di grande orgoglio», spiega ancora Overi, «È come essere stati, nel nostro piccolo, parte di un momento storico. Quelle scrivanie e quelle poltrone hanno visto seduti i protagonisti di un accordo che il mondo attendeva da anni».
Dietro ogni linea, ogni cucitura e ogni finitura lucidata a mano, si riconosce la firma del design italiano, capace di unire eleganza, funzionalità e rappresentanza. Non solo estetica, ma identità culturale trasformata in linguaggio universale. «Il marchio Formitalia era visibile in molte sale e ripreso dalle telecamere internazionali. È stata una vetrina straordinaria», aggiunge Overi, «e anche un riconoscimento al valore del nostro lavoro, fatto di precisione e passione».
Il Conference Center di Sharm el-Sheikh, un complesso da oltre 10.000 metri quadrati, è oggi un punto di riferimento per la diplomazia mondiale. Qui, tra le luci calde del deserto e l’azzurro del Mar Rosso, l’Italia del saper fare ha dato forma e materia a un simbolo di pace.
E se il mondo ha applaudito alla firma dell’accordo, in Toscana qualcuno ha sorriso con un orgoglio diverso, consapevole che, anche questa volta, il design italiano era seduto al tavolo della storia.
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