2020-02-19
Un pugno di club vuole la testa di De Siervo
All'ad della Lega di Serie A vengono contestati il maxistipendio più bonus, ma senza il voto dell'assemblea (e senza risultati). La Roma guida il gruppo degli insoddisfatti. Domani si riunisce il Consiglio e Aurelio De Laurentiis minaccia l'azione di responsabilità.Ribolle il mondo del calcio italiano Da mesi è nell'occhio del ciclone l'amministratore delegato della Lega calcio, Luigi De Siervo, criticato per la gestione dei diritti televisivi internazionali, con un possibile conflitto di interessi pendente, ma anche per il maxistipendio da 800.000 euro l'anno (300.000 come direttore centrale di Lega service e 500.000 per la Serie A), senza contare bonus (160.000) e benefit, cifre superiori anche ad aziende partecipate italiane che fatturano miliardi di euro. Il bando sui diritti tv esteri assegnato a Img avrebbe fatto perdere ai club diversi milioni di euro, tanto che alcune società (Torino, Fiorentina e Chievo) hanno deciso di fare causa mettendo nel mirino anche Condista, società con sede a Miami distributore esclusivo di Rai Italia, scelta da De Siervo quando era in Raicom. Sta di fatto che il 3 febbraio scorso la Roma, tramite Guido Fienga, ha inviato una lettera alla sede di via Rosellini dove ha chiesto delucidazioni sul verbale dell'assemblea del 20 gennaio. Fienga evidenzia «come dagli atti emerga l'assenza di una delibera dell'assemblea per delegare il consiglio per la definizione del contratto e dei compensi dell'amministratore delegato [...]. Lo stesso tema fu già sollevato dal presidente della Fiorentina», continua il ceo della Roma, «senza ottenere risposta [...]». Fienga non è l'unico a rappresentare il malumore delle squadre di calcio italiane per il contratto di De Siervo, deciso dall'ex presidente Gaetano Miccichè. Anche Il presidente del Brescia, Massimo Cellino, ha scritto al nuovo presidente della Serie A, Paolo Dal Pino, per chiedere delucidazioni. Così Enrico Preziosi (Genoa) sarebbe pronto a chiedere l'intervento sempre di Dal Pino per «recuperare le somme» già percepite dall'amministratore delegato. In sostanza c'è abbastanza carne al fuoco in vista della prossima assemblea che dovrebbe svolgersi il prossimo 9 marzo, anche se non è stata ancora fissata la data. Per di più domani c'è Consiglio. Il Napoli di Aurelio De Laurentiis sarebbe pronto a sfiduciare De Siervo minacciando l'azione di responsabilità nei confronti dell'intero consiglio. La mossa ha l'obiettivo di convincere le altre squadre a schierarsi contro l'amministratore delegato. Sulla vicenda sta lavorando la Procura federale della Figc, tanto che sono già state raccolte le delibere e il contratto del manager. De Siervo, che è stato amministratore delegato di Infront - l'advisor della Lega per i diritti televisivi toccato da un'inchiesta della Procura di Milano e da una sentenza dell'Antitrust - può aggiungere allo stipendio altri 54.000 euro per l'affitto di un appartamento a Milano, con macchina, telefono aziendale e computer. Inoltre, dal momento che la Serie A risparmierà circa 55 milioni di euro di commissioni da versare a Infront, al manager verrà riconosciuto un bonus per la vendita dei diritti tv: se supererà la soglia di 1,42 miliardi a stagione avrà l'1% dell'aumento per tre anni. Anche in caso di licenziamento. Il super contratto però, come sostiene anche Fienga, non è stato ratificato dall'assemblea. C'è chi sostiene che la busta paga sia in linea con quello degli altri campionati, come la Liga e la Premier. C'è più di una differenza. Javier Tebas quando arrivò nel 2013 guadagnava 348.000 euro. Ora prende 1,2 milioni di euro, ma dopo che proprio l'Italia aveva provato a strapparlo agli spagnoli: la scorsa stagione, gli introiti dalle televisioni della Liga sono arrivati a 2 miliardi di euro. Idem per la premier, dove Richard Scudamore, da vent'anni al comando, guadagna 900.000 sterline, ma ha portato il giro d'affari a 5,5 miliardi. In Italia siamo inchiodati a 970 milioni. A tutto questo si aggiunge un malumore latente della gran parte delle squadre che accusano l'amministratore delegato di pensare troppo alla politica e poco allo sviluppo del prodotto calcio. Il 2019 si è chiuso senza le linee guida per il prossimo bando dei diritti tv, mentre Mediapro, respinta lo scorso anno, sta facendo lievitare gli interessi dei diritti della Ligue 1 francese. Del resto De Siervo è un renziano a tutto tondo. Amico personale dell'ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi , e dell'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio (con delega allo sport), Luca Lotti, compagno di università dell'ex ministro degli Esteri, Federica Mogherini, da anni il figlio dell'ex presidente della Corte costituzionale puntava al controllo del pallone italiano. Ci è arrivato nel 2018, alla fine dell'epoca d'oro di Renzi, quando l'ex segretario del Pd comandava a Palazzo Chigi, in Rai e iniziava a estendere la sua trama di relazioni internazionali. Proprio a Lotti, in un'intercettazione agli atti dell'inchiesta sull'ex leader dell'Anm, Luca Palamara, spiegava di occuparsi di diritti tv per la Premier league dicendo di non lavorare per Infront. «Domani parto per Londra, chiudo l'accordo della Premier league . Duecentomila sterline e ve lo metto in culo a tutti». Chissà per chi lavorava.
(Guardia di Finanza)
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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