
Marocchino con precedenti assolto a Reggio, ma aveva pure il bilancino in casa. Il suo difensore ha la delega alla Legalità Di notte fa la guerra senza quartiere agli spacciatori, di giorno li difende con successo in tribunale. È una vita ricca di soddisfazioni ma anche di contraddizioni quella dell’avvocato Nicola Tria: combattivo penalista, consigliere comunale del Pd e roccioso assessore alla Legalità a Reggio Emilia. Guadagna le cronache solo oggi, ma avrebbe meritato la ribalta già da tempo. Lo spunto, stavolta, è processuale. Grazie alle sue indiscusse abilità, un marocchino trentaduenne, Yassine Assim, è stato appena assolto da una duplice accusa: spaccio e detenzione di munizioni. Ricordiamo i fatti: l’11 gennaio 2020 i carabinieri lo notano davanti a casa sua, nella periferia della città. L’uomo non è uno stinco di santo. Ha precedenti per cessione di stupefacenti. E i militari si insospettiscono. Yassine, quando li vede avvicinarsi, libera i due pitbull e corre in garage. Mossa disperata che non evita la perquisizione. Vicino alle cucce dei cani gli trovano 10 grammi di hascisc, mentre un etto di marijuana è diviso tra il salotto, in un cassetto, e la cucina, dietro un mobile. Viene rinvenuto pure un bilancino di precisione. E un piccolo arsenale: 61 proiettili calibro 7,65 e 15 proiettili calibro 357 magnum. Tutto detenuto illegalmente. L’uomo con i pitbull, difeso non a caso da un mastino come Tria, si discolpa: all’arrivo dei carabinieri i cani erano già liberi. Per carità, mica voleva aizzarli contro i tutori della legge. Anche sulla droga rinvenuta, i solerti della benemerita hanno frainteso: «Solo uso personale». Una cannetta prima di andare a letto, per allentare la tensione. Meglio però esser previdenti e far provvista. Senza considerare il rischio che il prezzo al grammo si impenni e vada a finire alla stessa maniera dei bitcoin.Tria, penalista coi fiocchi, sceglie per l’assistito il rito abbreviato. ll pm chiede sei mesi di reclusione. Ma il giudice Cristina Beretti, presidente del Tribunale di Reggio Emilia, due giorni fa assolve il marocchino accogliendo la tesi difensiva: «La droga sequestrata può essere inquadrata come una scorta a uso personale, in quanto non vi sono elementi di prova che facciano pensare alla cessione di questi stupefacenti». Certo, qualche dubbio permane: che ci faceva Yassine con il bilancino di precisione? E un etto di droga sembra un po’ abbondantino per venire derubricato. Ci sarebbero anche i poco edificanti precedenti. E le munizioni? «Si trovavano in una porzione di casa da lui non occupata». Assolto da ogni accusa. Non ha commesso i fatti. Del resto, Tria è un fuoriclasse del foro. Quarant’anni, presidente della Camera penale di Reggio Emilia per due anni, a maggio del 2019 eletto consigliere comunale del Pd, infine la proposta di diventare assessore alla Legalità. Lui, con alto senso del dovere e ineguagliabile spirito di sacrificio, si immola: «Non è stata una scelta facile. Chi mi conosce sa quanto sia dedito alla mia professione. Alla fine, ho accettato perché è un onore avere la possibilità di dare un contributo alla nostra città». Bisogna dargliene atto. Non si è davvero risparmiato. Ha fatto della lotta allo spaccio una missione. «Problematica divenuta oggi più grave che mai» informa Il Resto del Carlino, che da queste parti rimane un’istituzione. Dalle ex Officine Reggiane lo smercio è arrivato fino alla zona della stazione. Il quotidiano aggiunge: «A dover fare i conti con il via vai insopportabile di pusher, e con le molestie continue ai passanti, sono soprattutto gli abitanti del quartiere Santa Croce». Sempre più esasperati, da mesi chiedono a Tria un presidio fisso che scoraggi la delinquenza. Qualche giorno fa l’assessore ha così annunciato di voler usare le guardie private. E cercherà di coinvolgere nella lotta allo spaccio persino le società che gestiscono il trasporto locale. Di notte sceriffo, di giorno avvocato. Mentre appronta la difesa di un nordafricano amante di armi e marijuana, cerca di contrastare con ogni forza il traffico di stupefacenti che dilaga in città. Piccole contraddizioni. A cui, del resto, l’assessore reggiano non è nuovo. Lo scorso settembre accetta difatti la difesa di un collega, Matteo Fortelli, indagato nella maxi inchiesta che aveva travolto proprio il Comune di Reggio Emilia. Brutta storia: appalti pubblici pilotati e bandi tagliati su misura. E Fortelli, secondo i pm, risulta artefice di un colpo da maestro: da avvocato dell’amministrazione, si sarebbe assegnato un incarico con un bando ad personam. Inchieste che possono stroncare carriere. E quando il gioco si fa duro, c’è solo un uomo in città capace di smontare anche l’accusa più insidiosa: l’avvocato Nicola Tria. Ma una pedante consigliera comunale del M5s, Paola Soragni, alza il ditino. L’avvocato del Comune difeso dall’assessore: potenziale conflitto di interessi. Così, il giorno dopo, Tria rinuncia all’incarico, «ancorché ritenga che non sussista alcuna incompatibilità». Ce ne fossero di uomini così. Tutto d’un pezzo. Ufficiale e gentiluomo.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.






