2020-09-06
«Un errore gli accordi locali col Pd. Il Mes? Non verrà mai attivato»
Il deputato grillino Raphael Raduzzi, sulla gestione Vito Crimi: «È un traghettatore, ora serve un leader votato dagli iscritti. Pure io ho firmato l'emendamento sui servizi segreti, la fiducia del governo non è stato un bel segnale». Raphael Raduzzi, 29 anni, deputato del M5s. Nato a Bressanone, laurea triennale in Economics and management conseguita all'Università Ca' Foscari di Venezia, specializzato con un master of Science in Economics of public policy presso la Utrecht university e poi con una laurea magistrale in Economia e politiche pubbliche all'Università di Modena e Reggio Emilia. Insomma, uno che l'economia la mastica, e che sul Mes ha espresso spesso la sua totale contrarietà. Onorevole Raduzzi, il premier Giuseppe Conte, sul Mes, ha detto di nuovo: ci confronteremo in parlamento. Che ne pensa? «Ovviamente Conte deve avere un ruolo di mediazione, si trova tra due partiti che sul Mes hanno un'idea completamente diversa. La nostra posizione è sempre stata molto chiara, e devo dire che dall'altra parte sono mesi ormai che il Pd insiste. Se questo strumento non è stato utilizzato, vuol dire che la nostra posizione è giusta ed è stata quella vincente negli ultimi mesi». Però al momento del voto in parlamento, qualcuno del M5s potrebbe votare sì. Che accadrebbe? «Ci può essere qualcuno a sinistra che vota no, tipo Stefano Fassina. Io penso che al voto non ci arriveremo neanche, in parlamento. Sono mesi che si va avanti con questa storia, non so se Zingaretti l'ha ritirata fuori perché ci sono le elezioni, ma noi siamo sempre stati chiari. Del Mes non è stato cambiato nulla, il trattato è esattamente lo stesso, tutte le insidie che c'erano l'anno scorso ci sono anche adesso. Non è uno strumento adatto, tra l'altro nel momento in cui i tassi di interesse sui titoli di Stato sono quasi ai minimi storici: fino a tre anni un Btp è a tassi negativi. Non c'è un vantaggio tale da giustificare delle insidie che ci possono essere a livello di condizionamento della nostra politica economica da qui ai prossimi anni». Passiamo un po' al trambusto che c'è nel M5s. Si vedono mille spaccature, che succede? «È un periodo un po' particolare per tutti i partiti, sicuramente anche per noi è un momento difficile, dove forse ci vuole una direzione più chiara. Auspico che quanto prima si svolgano gli stati generali e si elegga un nuovo capo politico che venga deciso dagli iscritti. Allargando lo sguardo, dico che ci sono le correnti del Pd, lo scontro in Lega tra Zaia e Salvini… forse loro sono più bravi a tenere sotto traccia queste fibrillazioni». Se ci vuole una direzione più chiara, significa che quella data da Crimi non lo è… «La mia non è una critica a Crimi, anzi. Lui ha condotto il M5s relativamente bene in questi mesi. Il tema è che una leadership forte è quella che viene votata dagli iscritti, lui ha avuto un ruolo di passaggio che ha gestito bene, ma credo che sia ora di affidarsi a una nuova guida». Alle regionali c'è una concreta possibilità che il centrodestra ottenga una grande vittoria. Crede ci saranno ripercussioni sul governo? «Questa questione ce la tiriamo dietro dal primo governo Conte. Ci sono elezioni regionali ogni sei mesi, ma le regioni le può perdere solo il Pd. Spero che riusciremo a fare un bel risultato. Certo, secondo me ha creato un po' di confusione presentarsi in una regione, la Liguria, assieme a loro. A me questa scelta, devo dire, non è piaciuta. Io credo che il M5s dovrebbe riuscire a mantenersi terzo polo, a trasmettere la sua idea di politica e di gestione territoriale». Ok, ma questa volontà di mantenere una autonomia, perché vale nelle regioni e non al governo? «In che senso?» Perché l'alleanza a Roma si può fare e nelle regioni no? «Beh, nel 2018 abbiamo vinto le elezioni, ma anche a causa di una legge elettorale fatta un po' contro di noi, non abbiamo ottenuto la maggioranza in parlamento. A un certo punto bisogna anche misurarsi con la capacità di saper governare, ed è nato il Conte 1, fatto poi cadere in una maniera indegna la scorsa estate. A quel punto, secondo me, in una situazione difficile per il Paese, andare alle elezioni prima di un possibile aumento dell'Iva sarebbe stato sbagliato. Dico però che recentemente alcuni cambiamenti sono stati un po' troppo radicali per quella che era l'idea del M5s». Si riferisce all'alleanza col Pd in Liguria? «Sì, anche se solo una regione non è una scelta fortissima, ma sì. La nostra idea di terzo polo è quella che secondo me ci ha fatto vincere le scorse elezioni». Ma da soli non riuscirete mai ad andare al governo… «In realtà stiamo governando da due anni e mezzo...». Sì ma per governare da soli dovreste prendere il 51%... «Puoi cercare di dare tu le carte, se ti allei con qualcuno. In questi due anni e mezzo, chi ha portato a casa più provvedimenti siamo stati noi. Nel primo governo, dal reddito di cittadinanza allo spazzacorrotti; nel secondo, ad esempio, il super eco bonus, che è una misura innovative per non dire rivoluzionaria. Essere terzo polo non vuol dire immobilismo, ma conservare la propria autonomia». Qualche giorno fa 50 deputati del M5s hanno sottoscritto un emendamento al dl Covid relativo ai servizi segreti che ha costretto il governo a mettere la fiducia. Che è successo? Lotte intestine? «Io sono stato tra i firmatari dell'emendamento. I primi firmatari erano i colleghi della commissione Affari costituzionali e Difesa, io ho messo la firma perché secondo me, nel merito, quello era un emendamento giusto. Mi è dispiaciuto che sia stata posta la fiducia in quella maniera. Sono cose che capitano nella dinamica tra parlamento e governo, ma non è stato un bel passaggio».
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Francesco Paolo Sisto (Imagoeconomica)