2018-03-24
Un 5 Stelle e un indagato hanno deciso il blitz sui vitalizi
Ieri abbiamo dato la notizia della vittoria del ricorso di un manipolo di ex deputati contro il regolamento che fissa a sessant'anni l'età per poter avere un vitalizio. Nel corte ci sono Giuseppe Galati e Adriano Bonafede: anche loro dopo la decisione potranno accedere alla pensione parlamentare già a cinquant'anni.Qui il documento della sentenzaCi sono Adriano Bonafede del Movimento 5 stelle, candidato dal leader Luigi Di Maio a un futuro ministro della Giustizia, e Giuseppe Galati, ex senatore di Ala da poco indagato per abuso d'ufficio, tra «i giudici» della Camera che hanno rimodellato il regolamento del 2012 sui vitalizi parlamentari. C'è infatti un retroscena che vale la pena raccontare dietro alla notizia data ieri dalla Verità, sul fatto che il 20 marzo scorso il collegio d'appello di Montecitorio, in gran silenzio, ha permesso a ex deputati come Italo Bocchino, Roberto Menia o Daniele Molgora di incassare già ai 50 anni il vitalizio, al contrario di quello che aveva stabilito il presidente della Camera, Gianfranco Fini, nel 2011, sotto il governo di Mario Monti.La sentenza infatti non è stata pronunciata da una corte di giustizia ordinaria né amministrativa. Si tratta di un collegio della Camera stessa, una sorta di «giustizia domestica» che ha deciso di abolire il regolamento che lei stessa aveva promosso. Sembra uno scioglilingua, ma in realtà è come funziona il parlamento in Italia. È un cortocircuito che spiega diverse cose. E mette in chiaro come sostenere di riuscire ad abolire i vitalizi sia in realtà molto difficile, se non impossibile. Perché una legge che toglie lo stipendio e la pensione ai funzionari della pubblica amministrazione sarebbe contraria alla Costituzione. «Non si possono togliere gli stipendi ai vigili urbani», dice un parlamentare di lungo corso. Quindi la battaglia si gioca sulle modifiche interne ai regolamenti parlamentari che, come la sentenza del 20 marzo ha dimostrato, possono stravolgere le regole, tornando persino al 1994, quando i deputati potevano andare in pensione dopo appena una legislatura alle spalle. Caso vuole che nella corte interna che ha preso la decisione ci siano appunto parlamentari che non sono stati rieletti. E che grazie alla loro decisione potranno giovare del vitalizio in anticipo sui tempi prestabiliti. Pino Galati, già presidente della Fondazione calabresi nel mondo, oltre a un'indagine di appena una settimana fa, potrà accedere ai suoi contributi da subito, non più nel 2021. Così anche Giuseppe Lauricella, che ne avrebbe avuto diritto dal 2020. Lo stesso Bonafede del M5s, esponente di spicco del partito che ha nel suo programma l'abolizione dei vitalizi, dopo la sentenza guadagna 10 anni nel diritto all'acquisizione nel caso non venga rieletto la prossima volta. Appare quindi curioso in questo caso l'atteggiamento di Bonafede che fa parte del collegio e ha di fatto poi impedito che i vecchi parlamentari, quelli del 1990 che sono usciti sconfitti, non possano però usufruirne. C'è un conflitto di interesse? Perché di fatto chi era ex deputato prima della modifica è soggetto alla modifica mentre incredibilmente per chi è diventato ex deputato, dopo la modifica, questa non vale. In ogni caso a rendere ancora più particolare questa storia è l'inchiesta che ha investito negli ultimi giorni Galati. L'indagine della Procura di Catanzaro ha evidenziato una gestione «clientelare» delle assunzioni, con la paventata violazione delle norme in materia, ma anche la violazione dello Statuto della fondazione, nella parte in cui prevedeva la gratuità degli incarichi di presidente, senza il vaglio della Giunta della Regione Calabria. Un altro aspetto delle indagini riguarda il rapporto tra le due fondazioni interessate da indagini; «Calabresi nel mondo» e «I Sud del mondo», con Galati che è stato presidente di entrambe. Dalle indagini, condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Catanzaro con il coordinamento della Procura della Repubblica di Catanzaro, sarebbe emerso che Galati, insieme con altri due avrebbero distratto fondi comunitari destinati alla fondazione. In particolare l'ex deputato è accusato di avere assunto un considerevole numero di collaboratori a soli «fini clientelari», come scrive il gip, «per mantenere ed incrementare il proprio bacino elettorale».