2019-03-31
Un altro sberleffo di Sfera Ebbasta, il trapper che campa di vittimismo
Nell'ultimo singolo, Mademoiselle, il cantante replica a chi lo accusa di incitare gli adolescenti alla droga e aver esibito un lutto posticcio dopo i fatti di Corinaldo. Fingendosi un perseguitato, alimenta il suo successo.«Ti do il benvenuto in Italia, / il Paese di chi non ci mette mai la faccia. / Se tuo figlio spaccia è colpa di Sfera Ebbasta, / non di tutto quello che gli manca». Il trapper di Sesto San Giovanni, Gionata Boschetti, affida la sua difesa d'ufficio all'ultimo singolo, Mademoiselle, pubblicato alla mezzanotte del 12 marzo scorso. E ritorna a fare lo sbruffone. Meno di quattro mesi fa, la strage nella discoteca Lanterna azzurra di Corinaldo: schiacciati dalla folla che da ore aspettava l'inizio del suo concerto ed era precipitata nel panico per un getto di spray al peperoncino, morirono cinque minorenni e una madre di 39 anni, che aveva accompagnato la figlia di 11 ad ascoltare l'esibizione del trapper. Sfera Ebbasta, dunque, ricomincia a fare finta che i suoi inni alla droga e all'amore libero (per usare un grosso, grosso eufemismo, perché in realtà lui canta il sesso ridotto a bestialità), siano il prodotto finale di colpe degli altri. Della scuola? Delle famiglie? Della società? Per carità, tutti coimputati nel processo culturale a quest'epoca corrotta, in cui i giovani (non tutti, ma pur sempre troppi) si divertono a legare una ragazzina a un palo, a coprirle la bocca con lo scotch e a scriverle frasi oscene sul viso. Riprendendo tutto con i cellulari, ovviamente. Ma se mamme, papà e insegnanti non sono più capaci di educare, è sicuro che lui, grazie alla diseducazione, ha costruito un business grazie alla diseducazione. Arrivando persino a ostentare strafottenza, con i corpi di Corinaldo ancora caldi, al netto delle poche, quasi di maniera, manifestazioni di contrizione.Che questa sia la cifra del suo personaggio, lo dimostra l'atteggiamento oltraggioso nei confronti dei parenti delle vittime della discoteca Lanterna azzurra. La madre di Daniele Pongetti, 16 anni, ucciso dalla folla che scappava dal locale dove doveva svolgersi l'esibizione del trapper, gli aveva rinfacciato di avere «6 morti sulla coscienza». Al duro j'accuse, Sfera Ebbasta aveva risposto, più o meno indirettamente, con un lapidario «devo andare più veloce di chi mi odia». A corredo, sulle sue pagine social, le classiche foto con i vestiti griffati e i gestacci. Già, perché Boschetti, che nelle sue canzoni celebra le sue doti di sciupafemmine incurante di leggi e divieti, è in realtà un campione di vittimismo. Sempre pronto a lamentarsi perché tutti lo criticano, tutti lo odiano, tutti lo attaccano. Duro fuori, friabile dentro. Come tanti dei ragazzi che lo osannano e ai quali, questo è indiscutibile, a casa o a scuola manca qualcosa. Mancano non tanto i valori, quanto gli esempi. Perché i principi sono tutti buoni a proclamarli, però poi serve che le idee camminino sulle gambe di qualcuno da guardare e imitare. E invece le nuove generazioni guardano un sedicente artista, coperto di tatuaggi, che li investe con fiumi di parole in poetica stilnovista: «Nella tomba mi voglio portare soldi ed erba / ma prima di andarci voglio uscire dalla merda / spiegarti come'è che vivo, non credo che serva / hai presente un grammo? Pensa ad una serra». E ancora: «Quanto sei porca / dopo una vodka / sono una merda, ragiono col cazzo / oggi ti prendo, domani ti lascio». Meno male che siamo nell'era del Me too, dei tg che denunciano un «femminicidio» al giorno, del Parlamento che litiga per approvare subito una legge contro il revenge porn, delle attiviste che protestano contro i «medievali» al Congresso di Verona, perché secondo loro vorrebbero segregare la donna. Il trapper di Sesto è invece un modernissimo estensore della filosofia della donna oggetto, trascinata a letto da ubriaca e poi scaricata. Sedotta e abbandonata, sempre per usare un enorme eufemismo. A proposito di tatuaggi. Qualche giorno dopo la tragedia di Corinaldo, Sfera Ebbasta se n'era fatto un altro. Sul viso, sei stelle vuote che rappresentavano le giovani vittime della discoteca. Sui social network, il cantante s'era detto «stravolto». Ma dopo poche settimane, il lutto era già esaurito. A Natale, aveva pubblicato una foto a petto nudo, con il cappello di Santa Klaus, sfoderando il suo iconico dito medio per gli auguri «a te e famiglia». Alla vigilia di Capodanno, invece, il trapper si congedava trionfalmente su Instagram dal suo 2018: «Tagga un artista che ha spaccato più di me». Come se in quella maledetta notte marchigiana non fosse successo niente. Ora, Sfera Ebbasta ripropone al pubblico il suo raffinatissimo pensiero e, come al solito, attinge all'inestinguibile mania di persecuzione che fa da tanto la sua fortuna. «Qua tutti puntano il dito, uh, mademoiselle, / perché fumo, perché bevo, perché spendo 'sto cash./ E anche chi ti sorrideva adesso non è tuo friend, / perché vuole ciò che hai, tenerlo tutto per sé», canta nel nuovo pezzo. Eh sì. Tutti puntano il dito su di lui, poverino. Tutti credono che ai figli non faccia proprio bene farsi martellare da uno che decanta le virtù del fumo, dell'alcol e il denaro come unica ragione di vita. Il paradosso, tuttavia, è che deplorando i suoi testi e la sua volgarità, alla fine si alimenta questo successo basato sull'accerchiamento: lui si vende al pubblico come un perseguitato politico, si spaccia da eroe, vittima dei bigotti, facendo leva sul fisiologico senso di ribellione degli adolescenti. Be', adesso basta, caro Sfera Ebbasta.