2023-01-04
        L’Ue dona alla Cina i vaccini pagati da noi
    
 
La Commissione prima si fa imporre contratti (segreti) sulla base dei quali ha acquistato il triplo delle dosi necessarie, poi prova a smaltire le eccedenze offrendole gratis a Pechino. Che non solo rifiuta, ma protesta pure per i tamponi a tappeto ai suoi viaggiatori.«No grazie, facciamo da soli». La risposta cinese è cordiale ma ferma e non nasconde un’irritazione profonda: nella sua ottica autoreferenziale, la potenza mondiale in ascesa non può avere bisogno del vecchio Occidente in declino. Come se un atleta olimpico si facesse aiutare ad attraversare la strada dalla nonna. Secondo un’anticipazione del Financial Times, l’Europa ha offerto gratis milioni di vaccini a Pechino per arginare la nuova ondata di Covid; lo ha confermato il portavoce della Commissione, Tim McPhee, spiegando che la commissaria alla Salute, Stella Kyriakides, «ha contattato la controparte cinese per offrire solidarietà e supporto e questo include competenze sulla salute pubblica così come la donazione di vaccini adattati alle varianti». Mano tesa, mano rifiutata.Pur se alle prese con un’emergenza infettiva da paura, la Cina ha deciso di continuare con i vaccini autarchici Sinovac e Sinopharm. La portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning, ha spiegato che «la Cina ha stabilito le più grandi linee di produzione al mondo di vaccini Covid con una capacità di produzione annuale di oltre 7 miliardi di dosi e una produzione annua di oltre 5,5 miliardi di dosi, che soddisfano le esigenze di garantire che tutte le persone idonee alla vaccinazione abbiano accesso ai vaccini Covid». Sull’affidabilità dei sieri homemade nessun approfondimento. Poi ha concluso: «La situazione pandemica in Cina è prevedibile e sotto controllo. Siamo pronti a lavorare con la comunità internazionale in solidarietà, affrontare la sfida in modo più efficace».Quest’ultima dichiarazione di fatto nega l’ecatombe (il Guardian ha scritto che ci sarebbero 9000 morti al giorno) e lascia trapelare un certo scetticismo nei confronti della tradizionale drammatizzazione europea. Difficile decidere a chi credere, poiché da tre anni a questa parte il governo di Pechino si è distinto per reticenze e depistaggi nei confronti del mondo intero. Di sicuro il generoso passo di Bruxelles non rispondeva solo ad esigenze di cooperazione internazionale ma anche a una necessità più terra-terra, quella di smaltire le imponenti scorte in eccesso (e in scadenza) rimaste nelle stive degli Stati continentali. La vicenda conferma la liceità delle critiche nei confronti della Ue, messa con le spalle al muro da accordi capestro con le aziende farmaceutiche. Accordi che per sua ammissione la commissaria Kyriakides intende «rimodulare al più presto con i produttori». Il tema sarà sul tavolo oggi nel summit previsto a Bruxelles per decidere interventi comuni contro la diffusione di una nuova ondata di Covid in Europa con varianti potenzialmente sconosciute. Dopo la decisione di Italia, Spagna, Francia, Inghilterra (ma anche Stati Uniti, India, Giappone e Israele) di reintrodurre i tamponi per i passeggeri provenienti dalla Cina, Bruxelles ha deciso di uscire dal consueto torpore e di intervenire, preoccupata dal decisionismo degli Stati sovrani ma anche dalla reazione cinese. Sempre Mao Ning ha definito la stretta sanitaria «una restrizione priva di basi scientifiche, con pratiche inaccettabili davanti alle quali la Cina potrebbe prendere contromisure secondo il principio di reciprocità». La replica del ministro degli Esteri Antonio Tajani è lapidaria: «Mi sembrano misure normalissime alle quali si sottopongono anche gli italiani che tornano dalla Cina. Tutto ciò è a tutela della salute e non ha niente di offensivo».Il problema è capire la portata dell’emergenza cinese. Mentre l’Organizzazione mondiale della Sanità continua a ripetere che «la copertura vaccinale in Cina è insufficiente e solo il 40% degli ottantenni ha ricevuto tre dosi», Pechino minimizza, annunciando poche decine di decessi. E lo fa proprio mentre in Occidente arrivano le immagini di Shanghai assediata dal virus; secondo i media su 18 milioni di abitanti il 70% ha contratto il Covid. I medici parlano di «20, 30 volte i contagi di maggio» e alcuni pazienti sarebbero curati sui marciapiedi davanti agli ospedali al collasso (fonte TgCom). Come in un caleidoscopio impazzito, proprio ieri l’Ecdc (European center for disease prevention and control) ha emesso una nota in cui «non si prevede che l’ondata di casi in Cina influirà sulla situazione epidemiologica della Ue. Le varianti cinesi sono già in circolazione in Europa e in quanto tali non rappresentano un pericolo per le difese immunitarie dei cittadini Ue».Stiamo assistendo a una partita a scacchi: contagi a numerazione variabile da una parte, spinte politiche per annacquare le restrizioni dall’altra. A questo proposito la premier francese Elisabeth Borne ha dichiarato: «Penso che sia nostro dovere chiedere i test, anche se Pechino protesta continueremo a farlo». Secondo il Cdc americano (Center for disease control) i tamponi sarebbero però inutili; gli esperti ritengono più efficace «tracciare nuove varianti andando a cercarle nelle acque reflue dei voli internazionali». Gli scarichi degli aerei e degli aeroporti come test antivirus. Originale. Non si sa quanto efficace ma indispone meno i cinesi.
        Leonardo Apache La Russa (Ansa)
    
Nessuna violenza sessuale, ma un rapporto consenziente». È stata archiviata l’indagine a carico di Leonardo Apache La Russa e l’amico Tommaso Gilardoni, entrambi 24enni, accusati di violenza sessuale da una di ventiduenne (ex compagna di scuola di La Russa jr e che si era risvegliata a casa sua).
        Nel riquadro, Howard Thomas Brady (IStock)