2022-05-14
Ue a farfalle sull’embargo al petrolio russo
Viktor Orban e Ursula von der Leyen (Ansa)
Slitta ancora a lunedì il varo del sesto pacchetto di sanzioni a Mosca. L’Ungheria guida i riottosi e Kiev attacca: «Brutto spettacolo». L’Eni intanto si prepara a pagare l’oro azzurro dello zar in rubli. Mentre sul gas liquefatto si rischia la corsa all’approvvigionamento.Tu chiamale, se vuoi, sanzioni: l’Europa non trova la quadra sull’embargo al petrolio russo, e così il varo del sesto pacchetto di misure contro la Russia slitta ancora. Ieri sono tornati a riunirsi gli ambasciatori dei 27 Stati presso l’Ue, ma non ci sono stati passi in avanti: della questione discuteranno lunedì prossimo i ministri degli Esteri. Ungheria, Slovacchia, Austria, Repubblica Ceca e Germania, a quanto apprende la Verità da fonti diplomatiche, non hanno nessuna intenzione di mettere in ginocchio le proprie economie. In particolare, l’Ungheria, guidata da Viktor Orbán, è intransigente. C’è stato chi ha proposto di varare il pacchetto in due fasi, rimandando la decisione sul petrolio e varando subito le misure contro la Sberbank, le singole personalità come il patriarca Kirill, quelle sull’export di prodotti chimici, ma non c’è intesa neanche su questo. La ragione dello stallo è semplice: l’embargo al petrolio russo (per non parlare del gas) è una sanzione che penalizza più chi la decide che chi la subisce. Un cortocircuito che non può generare altro che caos. L’Ucraina, da parte sua, continua a esercitare pressing: «Le sanzioni senza l’embargo al petrolio russo», dice il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, che lunedì è atteso al Consiglio dei ministri degli Esteri europei, «sarebbero una rottura dell’unità dell’Ue. Se questo pacchetto viene adottato senza un embargo petrolifero», aggiunge Kuleba, «credo che il presidente Vladimir Putin possa festeggiare perché sarà il primo caso in cui l’unità dell’Ue sarà rotta a causa della posizione di un Paese, l’Ungheria. Troppo denaro finisce nelle casse della Russia a causa delle esportazioni di gas e petrolio. Stiamo aspettando che finisca lo spettacolo dell’Ue sull’embargo al greggio», aggiunge Kuleba, «sul come si debba arrivare a un accordo con Budapest non ci esprimiamo, è compito dell’Europa». Un’altra ipotesi è procedere con sanzioni bilaterali: in sostanza, ciascuno Stato dovrebbe applicare autonomamente l’embargo al petrolio di Mosca. Intanto, secondo la Reuters, che riporta quanto rivelato da diverse fonti al corrente della situazione, il gruppo energetico italiano Eni inizierà la prossima settimana l’iter di apertura di un conto in rubli per pagare il gas russo, a meno che non gli venga comunicato che ciò violerebbe le sanzioni. Lo scorso marzo, Putin ha dichiarato che la Russia avrebbe chiesto ai Paesi da lui definiti «ostili» di pagare il carburante in rubli, in risposta alle pesanti sanzioni occidentali imposte dopo l’invasione dell’Ucraina. Gli importatori di gas europei hanno trascorso settimane a cercare chiarimenti dai loro governi e da Bruxelles, temendo che il pagamento in rubli possa contravvenire alle sanzioni, mentre il rifiuto di farlo potrebbe innescare gravi interruzioni delle forniture. Mercoledì scorso è stato lo stesso premier, Mario Draghi, a dichiarare che alcuni importatori europei stanno già procedendo con il piano di pagamento in rubli, aggiungendo che in assenza di indicazioni chiare da parte della Commissione questo tipo di operazioni fa parte di una «zona grigia». L’Eni ha una scadenza di pagamento con la Gazprom società statale russa, intorno al 20 maggio e si sta preparando ad aprire un conto in rubli presso Gazpromban. «L’Eni», spiega una fonte alla Reuters, « si sta prendendo ancora un po’ di tempo per valutare gli sviluppi, ma dovrà avviare le procedure per l’apertura di un conto in rubli la prossima settimana o rischia di trovarsi in una situazione di violazione del contratto». Secondo il nuovo sistema di pagamento, gli acquirenti sono obbligati a depositare euro o dollari su un conto della banca privata russa Gazprombank che converte il contante in rubli, deposita le somme su un altro conto di proprietà dell’acquirente straniero e trasferisce il pagamento in valuta russa a Gazprom. La Russia ha tagliato le forniture di gas alla Bulgaria e alla Polonia alla fine di aprile, dopo che queste si erano rifiutate di pagare in rubli. Sempre a proposito di gas, come ben sappiamo a sostituire quello russo, che arriva in Europa attraverso tubazioni, dovrebbe essere il Lng, il gas liquefatto, fornito per lo più dagli Usa. C’è però un problema: «A rendere potenzialmente ancora più tesa la condizione dell’offerta di Lng», spiega alla Verità Gianclaudio Torlizzi, Fondatore di T-Commodity, «ci sono diversi fattori. Il basso livello delle scorte in Giappone e Sud Corea sceso sotto la media degli ultimi quattro anni, aprirà a una corsa all’approvvigionamento sui mercati internazionali. Inoltre Mosca, in seguito alle sanzioni, ha deciso di interrompere i rapporti con Gazprom trading di Londra, che è stata praticamente espropriata, e che è il luogo dove vengono gestiti i flussi di gas liquefatto. Per di più», aggiunge Torlizzi, «a breve la Cina riprenderà la presenza sui mercati dopo la crisi legata al Covid. Si porrà un problema serio per l’Europa, che dovrà stoccare gas liquefatto che scarseggerà e verrà venduto a prezzi più alti». Infine, le voci sul possibile stop alle forniture di gas russo alla Finlandia vengono smentite e definite «un’altra bufala dei media» dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.