In Irlanda passa una legge che impone di associare alcol e cancro sulle etichette, come per il fumo. La commissione poteva opporsi ma non lo ha fatto entro i termini. Così ha creato un precedente pericoloso in un comparto dove l’Italia primeggia con 6.500 aziende.
In Irlanda passa una legge che impone di associare alcol e cancro sulle etichette, come per il fumo. La commissione poteva opporsi ma non lo ha fatto entro i termini. Così ha creato un precedente pericoloso in un comparto dove l’Italia primeggia con 6.500 aziende. L’abbinamento con la farina di grilli o le cavallette arrosto che l’Europa ci propone come cibi sani e sostenibili quando non sono né l’una né l’altra cosa (chissà se i camerieri servendole chiederanno: coscia o petto?) rischiava di mettere in crisi i sommelier. Così la Commissione europea, con un atteggiamento che fa passare Ponzio Pilato per risoluto decisionista, ha scelto di non scegliere e di far diventare il vino nemico della salute, togliendolo di fatto dal mercato. Anzi, peggio, il vino è accusato di essere altamente cancerogeno e di meritare lo stesso stigma negativo delle sigarette. La faccenda per l’Italia è molto seria: c’è in ballo la nostra principale voce dell’export agroalimentare visto che le stime dicono che nel 2022 abbiamo venduto all’estero bottiglie per 8 miliardi: un record. Ma è ancora più seria perché indica che la Commissione europea ha deciso di mettere fuori mercato gran parte dei prodotti del nostro agroalimentare senza apparire: semplicemente astenendosi. Eppure Usrula Von der Leyen - la presidente della Commissione che insiste sul green deal e ha delegato al suo vice Frans Timmermans il programma agricolo Farm to Fork che vuole mettere al bando la zootecnia, i prodotti tradizionali per far posto ai cibi Frankenstein, abolendo di fatto la produzione agricola europea perché incompatibile con l’ambiente - nel suo recentissimo incontro con Giorgia Meloni aveva giurato di tenere molto agli interessi italiani. Si è visto. Cosa è accaduto? L’Irlanda ha presentato sei mesi fa una sua legge che mette al bando le bevande alcoliche - l’amatissima birra, il whiskey, ma anche e soprattutto il vino - sospettate di far venire il cancro e di provocare gravissime malattie epatiche e cardiovascolari. Per scoraggiarne il consumo vengono applicate etichette dissuasive (come quelle sulle sigarette) e vengono posti dei limiti strettissimi alla somministrazione e alla vendita. A questa legge irlandese si sono opposte l’Italia, la Spagna, la Francia e altre sei nazioni europee. La Commissione doveva pronunciarsi entro sei mesi e non l’ha fatto così dal primo di gennaio in Irlanda se si vuole vendere vino bisogna etichettarlo con questa dicitura: «Il consumo di alcol provoca malattie del fegato» e «alcol e tumori mortali sono direttamente collegati.» La Commissione peraltro non può invocare una sua presunta distrazione perché questa è esattamente la prima bozza del documento che l’Europa aveva redatto con il suo progetto anticancro, quello che voleva mettere al bando anche la promozione di salumi e carni rosse. L’opposizione dell’Italia e di altri paesi ha modificato il documento europeo che non associa più il vino al cancro, come è stato tolto il divieto alla promozione, ma in realtà la Commissione ha scelto la strada del silenzio assenso all’Irlanda per riproporre la sua posizione. La legge irlandese è stata duramente criticata da Leonardo Frescobaldi, presidente dell’Unione italiana vini; da Micaela Pallini, presidente di Fedrevini; da Luca Rigotti di Alleanza Cooperative e da Ettore Prandini, presidente di Coldiretti. Il tema è - come rileva Rigotti - che «con questa azione l’Irlanda è andata a ledere e a mettere in discussione i principi del mercato unico». Ma c’è dell’altro, per dirla con Leonardo Frescobaldi (Uiv): «Il mancato intervento della Commissione europea mette a repentaglio il principio di libera circolazione delle merci in ambito comunitario e segna un precedente estremamente pericoloso in tema di etichettatura di messaggi allarmistici sul consumo di vino. Temiamo che la direzione generale per la Salute voglia adottare nei prossimi mesi questo approccio a livello europeo lasciando nel frattempo libera iniziativa ai singoli paesi». Così si riaffaccia il famoso Nutriscore - l’etichetta a semaforo che premia le patatine e boccia l’extravergine di oliva - sospeso fino a primavera perché nel segreto delle stanze di Bruxelles (dove lavorano le lobby, come ha dimostrato il Qatargate, e quelle della nutrizione non sono seconde a nessuno) hanno elaborato un documento sulla «sicurezza alimentare» dove si sostiene che per ragioni economiche sempre meno persone hanno accesso al cibo sano e dunque bisogna affidarsi a «fattori biofisici e ambientali; ricerca, innovazione e tecnologia; economia e mercato; prestazioni della filiera alimentare». Tradotto: bisogna lasciare campo libero alle multinazionali e farla finita con i cibi tradizionali. Di questo passo l’Italia rischia moltissimo visto che trae dall’agroalimentare oltre 60 miliardi export. Il campione è proprio il vino, che ha ampiamente superato la crisi post pandemica e che ha fatto il record di 8 miliardi d’esportazione nel 2022 con il mercato americano che rappresenta un quarto del nostro fatturato, ma con una buona tenuta anche in Gran Bretagna nonostante la Brexit. È chiaro che la manovra irlandese mette a rischio quei mercati da cui dipende la sopravvivenza di oltre 6.500 imprese che danno lavoro direttamente a 1,4 milioni di addetti. Su questo la Coldiretti chiama l’Italia a una battaglia serrata a Bruxelles. Anche perché il futuro per le cantine è molto complicato. I costi raddoppiati - dal vetro, ai cartoni, all’energia- le difficoltà di trasporto rischiano di erodere la nostra presenza sui mercati terzi (siamo i primi produttori di vino al mondo e i secondi dopo i francesi per fatturato estero) a maggior ragione se si creano barriere protezionistiche come quelle irlandesi con l’assenso dell’Europa. Che stavolta ha preso grilli per fiaschi.
Angelina Jolie a Kherson (foto dai social)
La star di Hollywood visita Kherson ma il bodyguard viene spedito al fronte, fino al contrordine finale. Mosca: «Decine di soldati nemici si sono arresi a Pokrovsk».
Che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, trovi escamotage per mobilitare i cittadini ucraini è risaputo, ma il tentativo di costringere la guardia del corpo di una star hollywoodiana ad arruolarsi sembra la trama di un film. Invece è successo al bodyguard di Angelina Jolie: l’attrice, nota per il suo impegno nel contesto umanitario internazionale, si trovava a Kherson in una delle sue missioni.
I guai del Paese accentuati da anni di Psoe al governo portano consensi ai conservatori.
A proposito di «ubriacatura socialista» dopo l’elezione a sindaco di New York di Zohran Mamdani e di «trionfo» della Generazione Z (il nuovo primo cittadino avrebbe parlato «a Millennial e giovani»), è singolare la smentita di tanto idillio a sinistra che arriva dalle pagine di un quotidiano filo governativo come El País.
Oggi alle 16 si terrà a Roma l’evento Sicurezza, Difesa, Infrastrutture intelligenti, organizzato dalla Verità. Tra gli ospiti, Roberto Cingolani, ad di Leonardo, e Marco Troncone, ad di Aeroporti di Roma. Si parlerà di innovazione industriale, sicurezza contro rischi ibridi, tra cui cyber e climatici, con interventi di Pietro Caminiti di Terna e Nicola Lanzetta di Enel. Seguiranno il panel con Nunzia Ciardi (Agenzia cybersicurezza nazionale), e l’intervista al ministro della Difesa Guido Crosetto (foto Ansa). Presenterà Manuela Moreno, giornalista Mediaset, mentre il direttore della Verità, Maurizio Belpietro, condurrà le interviste. L’evento sarà disponibile sul sito e i canali social del quotidiano.
Cartelli antisionisti affissi fuori dallo stadio dell'Aston Villa prima del match contro il Maccabi Tel Aviv (Ansa)
Dai cartelli antisionisti di Birmingham ai bimbi in gita nelle moschee: i musulmani spadroneggiano in Europa. Chi ha favorito l’immigrazione selvaggia, oggi raccoglie i frutti elettorali. Distruggendo le nostre radici cristiane.
Uno spettro si aggira per il mondo: lo spettro dell’islamo-socialismo. Da New York a Birmingham, dalle periferie francesi alle piazze italiane, cresce ovunque la sinistra di Allah, l’asse fra gli imam dei salotti buoni e quelli delle moschee, avanti popolo del Corano, bandiera di Maometto la trionferà. Il segno più evidente di questa avanzata inarrestabile è la vittoria del socialista musulmano Zohran Mamdani nella città delle Torri Gemelle: qui, dove ventiquattro anni fa partì la lotta contro la minaccia islamica, ora si celebra il passo, forse definitivo, verso la resa dell’Occidente. E la sinistra mondiale, ovviamente, festeggia garrula.





