2018-07-07
Tweet, firme e piazze vuote. Che stress la giornata dell’intellettuale impegnato
Per gli engagé nostrani il governo è un incubo: troppi appelli anti razzisti cui aderire e gay pride da seguire. Ne va della salute. C'è chi dice che i migranti siano vittime di questo governo. C'è chi si dispera per la sorte dei rom e degli altri gitani. C'è chi sostiene che i danneggiati siano gli omosessuali. Tutti si sbagliano di grosso. Se c'è una minoranza davvero discriminata da questo esecutivo è quella composta dagli intellettuali di sinistra. Oddio, non solo gli intellettuali. Meglio parlare, più genericamente, di «impegnati», i famigerati engagé. Da quando Giuseppe Conte, Matteo Salvini, Luigi Di Maio e compagnia sono al governo, i poveri impegnati non hanno più requie. Sono sottoposti a un tour de force allucinante: ogni giorno un appello da firmare, un tweet da condividere, una marcia a cui partecipare, un pranzo a cui non si può mancare. Ogni mattina, in Italia un sinistrorso si alza e sa che dovrà riempire intere taniche d'indignazione.Oggi, per dire, il vero impegnato deve assolutamente indossare una maglietta rossa, onde aderire all'appello lanciato da don Luigi Ciotti, battagliero sacerdote fondatore di Libera. Perché il rosso? Lo spiega Repubblica: «Rosso come le magliette di molti bambini annegati o arrivati in condizioni disperate sulle nostre coste, o come quelle delle mamme che si vogliono rendere riconoscibili». Rosso per «fermare l'emorragia di umanità».Ce li immaginiamo, poverini, tutti intenti a rovistare nell'armadio in cerca dello straccetto scarlatto da esibire sui social. E chi non ce l'ha? Beh, che corra a comparare almeno una polo! Sulla strada verso la boutique, l'impegnato non può dimenticarsi di acquistare una copia di Rolling Stone, con la copertina arcobaleno, perché «chi tace è complice». Certo, a complicare la faccenda c'è il fatto che il direttore della rivista, Massimo Coppola, è stato sbertucciato praticamente ovunque per aver estorto a Enrico Mentana (e non solo a lui, a quanto pare) alcune frasi «militanti». Che fare, dunque? Comprare o non comprare? Per altro, la redazione di Rolling Stone fa sapere che «il nostro non è un appello, non ci sono firmatari. Ci sono solo pensieri». Già: è il pensiero che conta. Solo che così l'impegnato me lo mandate in crisi, non sa più se deve firmare o no, twittare o no, indignarsi o no. Già questo basta per generare lo psicodramma. Ma se aggiungete le battaglie da condurre sulla Rete, vi renderete conto che il combattente democratico rischia veramente il collasso. Non sia mai, infatti, che possa trascorrere una giornata senza seguire tutti gli hashtag più di tendenza. Ovviamente, il nostro impegnato deve ribadire - già di primo mattino, con il cornetto ancora sospeso tra il cappuccio e le labbra - che lui non ama il ministro dell'Interno (#iononstoconsalvini). Subito dopo, però, deve riservare un pensiero ai migranti e twittare a raffica #portiaperti e #apriteiporti. Se pensate che sia una cosa facile, vi sbagliate di grosso. Come minimo, prima bisogna visitare tutti i profili delle varie Ong, onde verificare che non abbiano pubblicato qualche insulto a Salvini o a Toninelli che bisogna subito retwittare. Inoltre, bisogna evitare che la causa dell'accoglienza non distolga da altre rilevantissime battaglie. Ad esempio quelle a favore di Roberto Saviano. Anche in questo caso, urge scrivere sui social #Savianononsitocca. Ma è decisamente più consigliato organizzare un flash mob o una manifestazione per gridare che la scorta è un diritto umano dell'autore di Gomorra. Tuttavia, anche riguardo le manifestazioni sorge un problema. Ogni giorno ne organizzano una diversa, seguirle tutte è un lavoro. Soprattutto, le mettono sempre di sabato: non vi sembra scorretto? Anche il militante ha diritto a un po' di svago, no? Due settimane fa, a Milano, c'era il pranzo pro migranti organizzato da Pierfrancesco Majorino. Sabato scorso, sempre a Milano, c'era il Gay pride (a cui non si poteva mancare, dato che l'attuale esecutivo è evidentemente omofobo). Oggi c'è da andare in giro con la maglietta rossa di nuovo per i migranti. Volendo, la settimana prossima ci sarebbe da andare a Ventimiglia, anche lì a sfilare per le frontiere aperte. Dopo tutto, anche l'Anpi ha aderito. In effetti, l'Anpi aveva appoggiato pure il Gay pride di Roma, dunque anche lì bisognava andarci, o comunque serviva almeno un commento su Facebook.Solo che, a forza di parlare di migranti, si rischia di pensare solo a quello. E proprio non è accettabile. Il progressista che si rispetti, infatti, deve anche scrivere a tutti i leghisti presenti online di «tirare fuori i 49 milioni», #legaladrona. Ah, e già che c'è, può pure aggiungere #iostoconmattarella, che è un po' datato ma non guasta mai. Ecco, vedete? Siamo già alla fine del pezzo e non abbiamo ancora avuto tempo di citare, nell'ordine: Virginia Raggi che vuole fare chiudere la Casa delle donne; i censimenti dei rom che sono roba da nazisti; l'altra marcia pro migranti organizzata a Firenze da Dario Nardella; l'appello di Michela Murgia per avere più commentatrici donne sulle prime pagine dei giornali. Senza contare che il #Metoo non è ancora finito, e che c'è da condividere l'articolo fondamentale di Repubblica, «Cane ringhia ai neri sulla spiaggia di Alassio, i bagnanti applaudono. Signora si dissocia, la insultano».No, davvero, facciamo qualcosa per aiutare i poveri impegnati italiani. Non hanno più un momento libero, non hanno tempo nemmeno per respirare. E mi dicono che taluni, nel cuore della notte, si svegliano in un lago di sudore gridando a squarciagola: «Piersanti! Si chiamava Piersanti!».
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?
Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)