
Grazie all'emendamento «ad carrieram», Claudio Maria Galoppi va in Senato con Maria Elisabetta Alberti Casellati. E Maria Rosaria San Giorgio viene promossa in Cassazione.I resoconti stenografici della Camera dei deputati non risolvono il giallo dell'emendamento ad personam approvato nel 2017 in modo rocambolesco dalla maggioranza che sosteneva il governo a guida Pd di Paolo Gentiloni. Gli atti parlamentari non svelano chi abbia spinto la norma che secondo il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi sarebbe stata pensata da tre consiglieri uscenti del Csm: Claudio Maria Galoppi, attuale consigliere giuridico del presidente del Senato, Luca Palamara, pm al momento sospeso dalle funzioni e dallo stipendio, e Massimo Forciniti, presidente di sezione del tribunale di Crotone. L'emendamento, lo ricordiamo, consentiva ai consiglieri uscenti del Csm di concorrere subito, senza la moratoria di un anno come prevedeva la vecchia legge, per posti direttivi e semidirettivi o per incarichi fuori ruolo.A un certo punto l'emendamento firmato dal deputato del gruppo Ap-Ncd, Paolo Tancredi, finisce su un binario morto, per poi rientrare nella legge di stabilità ed essere approvato con l'intero pacchetto da un voto di fiducia.Nel resoconto dei lavori della commissione Bilancio del 17 dicembre 2017 si legge che «Francesco Boccia, presidente e relatore […] dispone l'accantonamento degli emendamenti Tancredi 42-ter.1 e 42-ter.9, in attesa di un approfondimento istruttorio». Non sappiamo quale sia stato questo supplemento d'indagine, ma lo stesso Tancredi è in quel momento convinto che la sua proposta non sia ammissibile, non riguardando aspetti economici propri della legge di bilancio. Inoltre c'è il parere negativo del Guardasigilli, Andrea Orlando.Nonostante questo, il 20 dicembre «la commissione con distinte votazioni approva» anche il «Tancredi 42-ter.1». L'allora viceministro dell'Economia Enrico Morando, relatore per il governo della legge di bilancio, non ricorda «il fatto specifico», ma commenta: «Questo è un emendamento che non ha rilievo economico, ma esclusivamente ordinamentale. Una norma del genere o ha il parere favorevole del ministero competente o non viene approvata. Troverei veramente curioso che nella riunione di maggioranza chi c'era per il ministero della Giustizia abbia detto: “Siamo contrari", e poi la maggioranza l'abbia approvato. Sarebbe la prima volta che sento una cosa del genere in 15 anni di leggi di bilancio». Eppure sembra che sia andata proprio così, e che il cavillo sia scampato miracolosamente alla mannaia dei relatori. Dopo l'approvazione, nella magistratura si accende il dibattito.Nel gennaio 2018 il coordinamento delle toghe progressiste di Area denuncia che di tale riforma «non si sentiva il bisogno», trattandosi di «un intervento legislativo gravemente censurabile tanto nel metodo quanto nel merito […] che danneggia l'autorevolezza delle scelte consiliari e fa male alla magistratura». Una linea per cui viene chiesto agli ex consiglieri del gruppo di non approfittare della norma. E in effetti a sfruttare la possibilità sono stati due magistrati delle correnti di Unicost (la stessa di Palamara e Forciniti) e di Magistratura indipendente.Il primo è Galoppi. Il 17 ottobre 2018 ha appena lasciato lo scranno di consigliere e il nuovo plenum del Csm delibera la conferma del suo collocamento fuori ruolo quale consigliere degli affari giuridici e istituzionali anche internazionali del presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, un incarico che prevede «ove necessario» anche «lo svolgimento delle funzioni vicarie di direttore e coordinatore nel gabinetto del presidente del Senato». Il relatore della pratica, Michele Ciambellini di Unicost, informa i colleghi che la terza commissione, da lui presieduta, ha dato parere positivo all'unanimità e che la nomina è stata firmata dalla Casellati il 27 settembre.Ciambellini dichiara anche che «sul punto il 10 ottobre ultimo scorso il ministro (Alfonso Bonafede, ndr) ha indirizzato una nota di concerto».Durante il plenum Sebastiano Ardita di Autonomia & indipendenza è l'unico ad astenersi (il capogruppo della sua corrente, Pier Camillo Davigo, è malato), «per le polemiche che c'erano state in esito alla approvazione della legge». Lo stesso Ardita su una mailing list boccia senza appello l'emendamento Tancredi: «Una norma di legge - contenuta in un comma quasi invisibile all'interno della legge di stabilità, e perciò sottratta a qualunque dibattito - che prevedeva un evidente privilegio per gli ex consiglieri. Tanto bastava per farci ritenere che non fosse opportuno dar seguito a una disposizione che nuoce alla credibilità del governo autonomo».Nel marzo successivo, sempre all'unanimità, la quinta commissione propone come presidente di sezione della Cassazione un'altra consigliera del precedente Csm, Maria Rosaria San Giorgio, la quale ha lasciato il suo posto da appena sei mesi. Quando viene candidata, Palamara scrive a Forciniti: «Te saluta la San Giorgio. È riuscita a mettercelo nel culo». Forciniti prova a essere positivo: «Solo casualità… hanno fatto subito Cassazione. E poi se all'unanimità hanno votato ex consigliere, vuol dire che non ci sarà alcun impedimento per il mancato decorso dell'anno». Ma dopo ci ripensa: «Noi facciamo le riunioni e lei raccoglie».Il 22 maggio 2019 è il giorno del voto al plenum. Il relatore della pratica della San Giorgio è il rappresentante di Area, Mario Suriano, che parla di «uno scrutinio abbastanza impegnativo dato il numero l'alto livello dei partecipanti». Davigo si astiene, dichiarandosi «molto critico sia sulla norma che ha modificato la possibilità per i componenti del consiglio di andare in posti diversi da quelli provenienza, sia soprattutto per le modalità con cui quella norma venne approvata e con le sconcertanti dichiarazioni del proponente che disse l'ho proposta perché ero convinto che non sarebbe stata approvata». Pure Ardita non dà il suo voto alla San Giorgio, «con le stesse motivazioni» del collega. Un terzo consigliere, Filippo Donati, ritiene un altro candidato più meritevole. Tutti gli altri votano a favore della donna. Anche in questo caso Palamara e Forciniti fanno le loro considerazioni. «Ma Davigo aveva votato in commissione per lei!», commenta incredulo Palamara. Che evidenzia anche un'altra presunta contraddizione: «Area l'ha proposta! Sì, ma poi oggi ha detto che non è d'accordo su norma che consente di non aspettare un anno per ex consiglieri». Quando si dice la coerenza.
2025-10-19
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