2023-12-12
Tutti assolti gli ex vertici di Mps. Alla fine la banca è affondata da sola
Alessandro Profumo e Fabrizio Viola (Ansa)
Ribaltata in appello la sentenza per falso in bilancio su Alessandro Profumo e Fabrizio Viola. D’altronde era già stato scagionato il «piromane» Giuseppe Mussari, non si poteva condannare i «pompieri». Via rischio multe, godono Tesoro e Luigi Lovaglio.Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, ex vertici del Monte dei Paschi e Paolo Salvadori, allora presidente del collegio sindacale, sono stati assolti in appello a Milano, assieme alla banca, nel processo per falso in bilancio e aggiotaggio sul filone delle indagini che riguarda la contabilizzazione dei derivati Santorini e Alexandria. È stata dunque ribaltata la sentenza di primo grado che nel 2020 aveva condannato i primi due a 6 anni, il terzo a 3 anni e mezzo di reclusione e Monte Paschi a 800.000 euro di sanzione pecuniaria. La decisione dei giudici arriva dopo la conferma della Cassazione delle assoluzioni di tutti gli imputati nel procedimento «madre» sul caso dell’istituto di credito. La Corte ha assolto gli imputati con la formula «perché il fatto non sussiste». Sono stati respinti anche i risarcimenti nei confronti delle oltre 2.000 parti civili. Al centro del processo, per cui ora sono stati tutti assolti, c’è la presunta «erronea» e «persistente» contabilizzazione nei conti della banca senese di Alexandria e Santorini (che erano stati sottoscritti con Deutsche Bank e Nomura dalla precedente gestione, quando presidente dell’istituto era Giuseppe Mussari) come operazioni di pronti contro termine sui titoli di stato, e quindi a saldi aperti, e non come derivati, e quindi a saldi chiusi. Contabilizzazione avvenuta nel 2012, 2013 e 2014 e nella prima semestrale del 2015, quando Viola e Profumo erano ai vertici, e che avrebbe avuto, secondo l’accusa, lo scopo di coprire le perdite di Rocca Salimbeni dopo l’acquisizione di Antonveneta. Le operazioni di finanza strutturata chiamate Alexandria e Santorini, Chianti Classico e Fresh erano al centro del procedimento principale - da cui sono poi nati gli altri - che si è concluso con una assoluzione definitiva. «Sono emozionato, dopo otto anni di sofferenza, ma ho sempre avuto fiducia nella giustizia e sono molto contento anche per la banca, perché si chiude questa penosa vicenda», ha commentato Profumo. «Resta la profonda amarezza di essere stato condannato in primo grado per reati che la sentenza di appello ha dichiarato essere inesistenti. Purtroppo, questa amarezza mi accompagnerà per il resto della vita nella consapevolezza che i danni soprattutto reputazionali subiti non me li restituirà nessun tribunale», ha dichiarato Viola.Il risanamento del Monte è stato minato anche dalla pesante eredità del passato in termini di contenziosi legali che sin qui ha contribuito a spaventare possibili cavalieri bianchi sul mercato. La sentenza di ieri è dunque un bel regalo anche per l’ad del Monte, Luigi Lovaglio. Che ha chiuso i primi nove mesi dell’anno con un utile netto di 929 milioni (rispetto al rosso di 334 milioni dello stesso periodo del 2022). In seguito alla sentenza di assoluzione pronunciata dalla Corte di Cassazione nei confronti degli ex vertici Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, il petitum complessivo era già sceso a fine settembre a 2,9 miliardi da 4,1 miliardi di fine giugno. Nella nota sui conti, la banca ha spiegato di aver dimezzato del 50% il rischio specifico legato all’esito di quel procedimento da 1,6 miliardi a 800 milioni. Peraltro, dall’11 ottobre scorso (giorno in cui è stata emessa in Cassazione la sentenza di assoluzione di Mussari e Vigni), tutte le pretese stragiudiziali, notificate alla banca successivamente al 29 aprile 2018, sono da considerarsi prescritte. L’assoluzione dell’ex tandem Profumo-Viola avrà un ulteriore impatto positivo sul conto economico: secondo gli analisti di Mediobanca, «può innescare la riclassificazione di un massimo di 2,9 miliardi di euro di petitum» legato alle informazioni finanziarie date da Siena al mercato. «Ora il prossimo catalizzatore è rappresentato dai risultati del quarto trimestre 2023, quando sarà annunciato il rilascio delle riserve», che può oscillare tra un minimo di 200 milioni e un massimo di 550 milioni, nel caso in cui oltre a un miliardo di euro di richieste giudiziarie dovessero essere riclassificati anche 1,9 miliardi di reclami extragiudiziali. Per gli esperti di Intermonte «d’ora in avanti Mps può generare organicamente 200 punti base di Cet1 all’anno che dà un’impressionante spinta alla prospettiva di fusioni o acquisizioni». Con la banca «in una forma migliore per trovare un partner, ci chiediamo perché il governo dovrebbe vendere», hanno aggiunto i broker. Intanto in Borsa il titolo Mps ha chiuso la seduta con un rialzo del 2,9% a 3,3 euro. Lo scorso 20 novembre il Tesoro ha collocato il 25% dell’istituto presso circa 150 investitori istituzionali, con un incasso di circa 920 milioni. Attualmente lo Stato possiede ancora il 39% della banca. Il verdetto di ieri e quello su Mussari e Vigni non possono però mutare la verità storica: tra dissesti e tentativi di risanamento - costato fior di miliardi a azionisti e contribuenti - il Monte dei Paschi di Siena tiene la ribalta da oltre sedici anni, a partire da quell’acquisto di Antonveneta nel 2007 che ha fatto anche emergere il lato oscuro dei grovigli armoniosi tra finanza e politica (non solo locale) e con il quale si fa coincidere l’inizio della crisi della banca più antica del mondo. Crisi che, secondo la giustizia, non ha colpevoli.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)