2022-08-05
Tutte le strade portano a Mourinho. La Roma ritrova i pezzi da novanta
Ieri sera è sbarcato nella capitale Wijnaldum, che con il Liverpool di Klopp ha fatto incetta di trofei. Prima di lui il pluriscudettato Dybala e Matic. C’è pure una pista Belotti: lo Special One sa ancora attrarre i campioni. Tra le letture che infarciscono l’armamentario del buon bagnante sotto l’ombrellone, si sta diffondendo la moda dei manualetti psicomotivazionali. Sono libretti smilzi, per lo più pleonastici, spesso scritti coi piedi, la cui fortuna editoriale nasce sotto l’influenza della mentalità anglosassone dilagante, e in generale spiegano - bontà loro! - come raggiungere il successo nella vita in pochi piccoli step (guai a chiamarli passi), laddove il successo coincida, manco a dirlo, col fare soldi a palate attraverso intuizioni brillanti. Sul primo passo da compiere di solito tutti sono d’accordo: abbandonare la comfort zone, cioè la zona in cui ci si sente protetti, riparati, osando con progetti innovativi. C’è un allenatore nel mondo che potrebbe far scuola agli autori di quegli scritti, ma con maggior contenuto, suffragando i consigli con risvolti pratici: è lo Special One Jose Mourinho, dapprima abile pioniere, oggi furbissimo arruffapopoli, gestore oculato di spogliatoi e artiere di mentalità vincenti. Mourinho ha dapprima violato la sua zona di conforto innovando il calcio con successi clamorosi e tabelle d’allenamento inedite, dalla Champions col Porto al Triplete con l’Inter. Poi, quando ha capito che l’anagrafe non giocava più dalla sua parte, si è costruito una fortezza psicologica inespugnabile, cercando terreno nelle squadre sì blasonate ma non più di primissima fascia. Luoghi dove essere ancora re indiscusso, gestendo i risultati, fissando nuovi record, mettendo a frutto la sua esperienza pluridecennale. L’anno scorso, quando con la Roma ha conquistato la Conference League, la città si era tinta di giallorosso e i romani parevano in estasi mistica: un trofeo continentale - ma non certo paragonabile a una Champions - conquistato con merito era diventato il collante di una tifoseria caldissima e bisognosa di coppe in bacheca, e aveva garantito al tecnico portoghese la sua continuativa fama di taumaturgo. Scandita, come da prassi, da una comunicazione furba, sia nei confronti della stampa, sia verso i suoi giocatori. Quest’anno poi, Mourinho ha ottenuto a maggior ragione il suo scopo. «Dopo la Conference League, occorre una formazione capace di lottare per i primi quattro posti in Serie A», aveva pressapoco dichiarato alla fine della scorsa stagione. E la proprietà americana targata Friedkin, per mano dello scafato direttore sportivo Tiago Pinto, lo sta accontentando punto per punto, confezionando colpi interessanti, quasi tutti a parametro zero. Esce Henrikh Mkhitaryan, destinazione Inter, e arriva a presidiare l’esterno d’attacco Nemanja Matic, serbo del Manchester United, trentaquattrenne esperto, duttile, fisicamente ancora molto potente. Poi giunge la prima vera ciliegina. La Roma ingaggia, dimostrando doti manageriali strategiche, Paulo Dybala, una delle perle del calciomercato estivo. Ventottenne ex Juventus dal piede di fata e dal talentaccio che ancora potrebbe scrivere la storia del pallone, l’argentino è collocabile sia dietro le punte, come un trequartista puro, sia come secondo d’attacco, in supporto del primo centravanti. La piazza romana, con lui, ha iniziato a sognare davvero. Non finisce così. A centrocampo la forza persuasiva di Mourinho ha convinto Georgino Wijnaldum - ex Psg e soprattutto campione di tutto col Liverpool di Jürgen Klopp - in verità escluso dal progetto dei francesi, in pratica centrocampista capace di inventare idee e di aggiungere qualità alla manovra, garantendo un’alternanza proficua con Lorenzo Pellegrini o, perché no, se arretrato con Brian Cristante. Ieri sera l’olandesino è stato accolto a Ciampino da un’autentica folla adorante. Pare poi che sia in dirittura d’arrivo il corteggiamento al «Gallo» Belotti, centravanti svincolato dal Torino, solido, in grado di garantire gol in doppia cifra e costituire un’alternativa robusta a Tammy Abraham, rivelazione dello scorso campionato e punta dalle sicure doti offensive. Se venisse confermato Nicolò Zaniolo, sulle cui prestazioni aleggia l’attenzione spasmodica di Antonio Conte e del suo Tottenham, considerato il ritorno di Leonardo Spinazzola dopo un lungo infortunio, i lupacchiotti - spendendo poco - hanno allestito una rosa competitiva per i primi quattro posti, bagnando il naso a Napoli, Lazio, Atalanta. Mica male, considerato che quest’anno i giallorossi saranno impegnati in Europa League, non in Champions. Significa che Mourinho ha convinto campioni esperti ad abbassare per un’annata le pretese sui palcoscenici internazionali, promettendo un campionato di sicura elevazione in un progetto coerente. Un altro dato emerge per puntellare la tesi del portoghese stratega navigato: Wijnaldum, in carriera, ha centrato una Premier League, una Ligue 1, una Champions, Dybala ben cinque campionati italiani, Matic tre Premier League, Belotti è stato campione d’Europa con gli azzurri di Mancini. Sono tutti uomini già abituati a giocare per vincere, un dettaglio niente affatto trascurabile. Il tecnico sa di non rappresentare più il calcio innovativo di una volta, oggi appannaggio dei Klopp di turno, ma sa ancora leggere come pochi altri le partite nella settimana che le precede, motivando i suoi ragazzi, facendo leva sulle tecniche di seduzione di piazze storiche, affamate, in cerca di un capo ardito a sufficienza da premere il pulsante delle giuste suggestioni, allungandosi la carriera e rimpinguandosi ego e portafoglio.
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