2021-11-03
Tutte le giravolte di una tessera da sciamani
All'inizio scadeva dopo sei mesi poi portati (non si sa perché) a nove. Per la validità occorreva attendere 14 giorni, ora è immediata. E che si fa con i vaccini che offrono coperture diverse? Le contraddizioni del certificato lo confermano: non ha una base scientifica.Confesso: dal giorno in cui la sentii dire che con il simbolo del coronavirus si sarebbe fatta un ciondolo da appendere al collo, in ricordo di come una semplice influenza fosse stata scambiata per una epidemia, ho smesso di considerare Maria Rita Gismondo, direttore di microbiologia clinica e virologia del Sacco di Milano, una persona da seguire e da leggere. A indurmi a rivalutarne un po' il profilo è stata la sua denuncia di un concorso universitario apparentemente truccato, di cui - secondo le accuse della Procura di Milano – si sarebbe reso protagonista Massimo Galli, altro virologo da salotto tv. Tuttavia, più di ogni altra cosa, mi hanno colpito alcune sue considerazioni rispetto al green pass, certificato che secondo lei, ma anche secondo un altro esperto di Covid come il professor Andrea Crisanti, non avrebbe fondatezza scientifica.La professoressa che ha appeso la propria credibilità al ciondolo d'oro sotto forma di virus (ma riconosco che non è la sola a essersi giocata anni di studi per una comparsata e una dichiarazione tv), nei giorni scorsi ha messo in fila alcune contraddizioni. Fino al maggio 2021, il passaporto vaccinale aveva secondo legge una validità di sei mesi dal giorno in cui fosse stato rilasciato. Poi però, non si sa per quale ragione, la data di scadenza è stata posticipata a nove mesi senza che nessuno spiegasse perché. Un po' come se, dopo avervi riempito la testa con la necessità di controllare la data impressa sul vasetto di yoghurt, allo scopo di scoprire quando il latte coagulato ricco di bacilli non sia più commestibile, all'improvviso vi dicessero che anziché consumarlo entro un mese lo potete tenere in dispensa per altri due. O scade o non scade, tertium non datur. Ma non è finita. Dopo averci raccontato che la copertura vaccinale si ottiene quindici giorni dopo la seconda dose e per questo è necessario attendere due settimane prima di poter ottenere il lasciapassare verde che consente l'accesso ai luoghi al chiuso, dal ministero della Salute (retto da un uomo che si dovrebbe dimettere solo per la scarsa credibilità del cognome: Speranza) siamo stati informati che il lasciapassare si poteva scaricare anche dopo la prima dose, ma solo nel caso si fosse in attesa della seconda. Al che la domanda sorge spontanea: ma il green pass attesta che si è esenti da virus o si tratta di un certificato di buona condotta, che testimonia solo di non essere renitenti al vaccino, e - come sostengono alcuni - disertori davanti all'ago della siringa? In effetti, il quesito è legittimo, perché se la copertura vaccinale si ottiene solo dopo due dosi (escludiamo per ora il siero monodose per ragioni di convenienza), non si capisce come il green pass possa valere allo stesso modo per chi è a metà strada e anche per chi la strada di sottoporsi all'immunizzazione l'ha percorsa fino in fondo. Ammesso e non concesso che una persona completamente vaccinata sia esente da virus e protetta al 90%, perché in un ristorante dovrebbe sedersi al fianco di un'altra che ha una copertura vaccinale pari alla metà? L'incongruenza è evidente, ma non è la sola: le norme che regolano l'emissione del passaporto verde (tralascio i buchi del sistema, che hanno consentito ad alcuni di scaricarsi green pass intestati ad Adolf Hitler o che hanno fatto rivivere alcune certificazioni scadute) sono prive di fondamento scientifico. Ne è prova il fatto che il vaccino monodose Johnson & Johnson dà diritto a un lasciapassare valido nove mesi, mentre Astrazeneca gode di tre mesi in più. Per chi si è ammalato di coronavirus, il permesso green si riduce a sei mesi, mentre chi non si è vaccinato può al massimo permettersi una libertà (così è stato definito il green pass dal presidente del Consiglio) di sole 48 ore, in caso di tampone negativo. Queste erano le norme fino a maggio, ma poi, con l'estensione del green pass anche sui luoghi di lavoro e non solo per i locali pubblici, qualche cosa è cambiato, perché il certificato che dà via libera a lavoro e ristorante si può ottenere subito, senza aspettare i 15 giorni. Ma a chi si è ammalato di Covid e ha deciso di vaccinarsi, la stessa libertà di ottenere il green pass non è consentita e sarà costretto ad aspettare i canonici 14 giorni. Quali sono le basi scientifiche di queste mutevoli decisioni, si chiede la professoressa con il Covid al collo? Nessuna. Infatti, non c'è esperto che sia in grado di spiegare perché si adottino delle misure anziché altre. Non solo: non c'è politico, ma nemmeno professore, che sia in grado di rispondere a quest'altra domanda: perché se il vaccino perde efficacia dopo 3-4 mesi, il lasciapassare vale per 12? Un ultimo quesito: perché se muore di Covid un carabiniere di 59 anni che non si era vaccinato la notizia finisce tra le più importanti della giornata e se muore, anche lui di Covid, un professore di 62 anni, che oltre a essere completamente vaccinato era più famoso del primo, finisce a pagina 35?
Jose Mourinho (Getty Images)