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In un video tutte le contraddizioni del caso Ramy

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In un video tutte le contraddizioni del caso Ramy

La trasmissione Dritto e Rovescio, nella puntata andata in onda ieri in prima serata su Retequattro, ha pubblicato nuovi documenti sul caso Ramy che evidenziano delle discrepanze tra quanto dichiarato nel corso dell’interrogatorio da Fares Bouzidi - il ventiduenne che guidava lo scooter inseguito dai carabinieri la notte in cui è morto Ramy - e l’esito della perizia cinematica della Procura, che attribuirebbe proprio a lui la responsabilità dell’incidente e della conseguente morte di Ramy.

Nel servizio mandato in onda nel programma condotto da Paolo Del Debbio, vengono messe a confronto le dichiarazioni di Fres con gli esiti della perizia.

Fares, ripercorrendo quanto è accaduto la notte del 24 novembre scorso a Milano, dà delle versioni contrastanti, rispetto all’esito della perizia, in merito sia all’uso di sostanze stupefacenti e di alcol sia alla velocità a cui andava quella notte. Inoltre, alcune incongruenze sembrano riguardare anche la dinamica dell’inseguimento e l’uso del casco. Nel corso della puntata è andato in onda anche un servizio con l’audio originale dell’interrogatorio di Fares Bouzidi.

Caso Ramy, l'audio inedito dell'interrogatorio di Fares - Dritto e rovescio Video | Mediaset Infinity

Caso Ramy, l'audio inedito dell'interrogatorio di Fares - Dritto e rovescio Video | Mediaset Infinitymediasetinfinity.mediaset.it


"Ecco perchè scappavo dai Carabinieri".

Edicola Verità | la rassegna stampa del 19 dicembre

Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 19 dicembre con Flaminia Camilletti

Il Dna sulle unghie di Chiara non è di Stasi
Alberto Stasi (Ansa)
Ieri l’udienza dell’incidente probatorio: al centro, il materiale ritenuto compatibile con quello di Sempio o dei suoi familiari in linea paterna, ma non con il fidanzato della vittima. Il quale, a sorpresa, si è presentato in aula, scatenando l’ira dei Poggi e di Venditti.

La presenza del Dna di Alberto Stasi sulle unghie di Chiara Poggi era rimasta sospesa come una minaccia perenne. Non era una certezza, ma un’ombra. Un residuo tecnico buono per tenere aperta ogni porta o per alimentare il dubbio.

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Vogliono tapparci la bocca
Getty Images
Sanzionata una copertina di «Panorama» che criticava gli operatori delle Ong. L’obiettivo della querela era impedirci di raccontare come agiscono. Nessuno s’indigna per la libertà di informazione a rischio?

In Italia non si può dire che chi non rispetta la legge è un pirata. Un giudice del tribunale di Milano ha infatti deciso che definirlo tale, anche se il mancato rispetto di un divieto non è frutto di un errore ma di una deliberata e consapevole scelta, è diffamazione. Così ha condannato me e Panorama a risarcire con 80.000 euro sette Ong. Tutto nasce da una copertina del settimanale di cui sono direttore. Fausto Biloslavo un anno fa ha scritto una brillante inchiesta per raccontare come agiscono le navi delle organizzazioni non governative che presidiano il Mediterraneo in cerca di migranti. La loro, raccontava, è un’azione coordinata per far pressione sugli Stati e consentire lo sbarco di decine di migliaia di persone. «Con documenti riservati», recitava il sommario, «Panorama ricostruisce la strategia degli arrivi via mare al di fuori delle leggi e nel silenzio disinteressato delle autorità europee». Titolo: «I nuovi pirati». Alcune Ong, tra le quali Emergency, Open Arms, Sea Wach e Sos Mediterranée (nomi che abbiamo imparato a conoscere perché da tempo fanno la spola dalle sponde africane a quelle italiane), si sono sentite diffamate. Pirati a chi? Non hanno contestato una sola riga dell’articolo pubblicato, né hanno sostenuto che le rivelazioni di Biloslavo fossero false: hanno querelato il titolo di copertina, dove per altro nessuna delle Ong che si sono rivolte al giudice era citata. Nonostante nel corso degli anni alcuni dei loro rappresentanti abbiano rilasciato una serie di dichiarazioni in cui manifestavano l’intenzione di non rispettare la legge italiana in forza di un superiore interesse da loro stessi stabilito, le Ong rifiutano di essere definite pirati, ritenendo il sostantivo una lesione della loro reputazione.

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La Ue accelera sulle espulsioni facili
Giorgia Meloni (Ansa)
Accordo tra Parlamento europeo e Consiglio d’Europa per limitare le impugnazioni da parte dei giudici. Il premier riunisce altri 15 leader e i vertici della Commissione.

L’Unione europea inizia a fare sul serio nella lotta all’immigrazione clandestina con motivazione economica, puntualmente travestita da motivi politici. Su spinta dell’Italia, ieri il Parlamento e il Consiglio d’Europa hanno trovato l’accordo politico preliminare sugli aggiornamenti della legge sull’asilo del 2024, in modo da limitare le impugnazioni dei decreti di espulsione da parte dei giudici, sulla base di valutazioni variabili della democraticità di questo o quel Paese terzo.

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