2020-05-16
Tutta la serie A contro Spadafora: «Regole da rifare»
Vincenzo Spadafora (Ansa)
Le società sanno che è impossibile concludere il campionato con le attuali norme. Assemblea in Figc: «Servono integrazioni».Diciamocela tutta: se il diavolo è nei dettagli, la disputa sulla ripresa del campionato di calcio di Serie A olezza di zolfo. L'incendio potrebbe anche non divampare, dipenderà dall'abilità degli attori in campo nel foderar di tessuto ignifugo le proprie intenzioni. A oggi, la ripartenza delle partite per il 13 giugno è certa, certissima, anzi, probabile. E si registra un'ipotesi ancora più tragica di uno stop definitivo alla stagione: riprendere la stagione, ma non completarla, fermandosi in itinere. C'è chi dice che qualcuno, nei palazzi romani della politica, si sfregherebbe le mani di fronte all'eventualità, perché il braccio di ferro tra ministero dello Sport da una parte, e rappresentanti del pallone dall'altra, è una delle cartine di tornasole su cui si puntella la solidità dell'esecutivo. Dipende se si troverà la «quadra» - per parafrasare il linguaggio bossiano dei tempi che furono - sui correttivi da applicare al protocollo del comitato tecnico scientifico, che ha dato sì il via libera alla ripresa degli allenamenti collettivi per le squadre professionistiche il 18 maggio, ma vincolandoli a restrizioni tali da rendere un blocco durante il percorso sventura concreta. Ieri è avvenuto il vertice tra Lega di Serie A, Figc, il presidente della Fmsi Maurizio Casasco e Gianni Nanni, rappresentante dei medici sociali della massima competizione calcistica nazionale. «Ci siamo incontrati in un clima di fattiva collaborazione», fanno sapere in una nota. «Sono stati analizzati i punti del protocollo difficilmente attuabili e sono state elaborate alcune integrazioni atte a risolvere problematiche oggettive. Vi è stata una generale condivisione delle proposte finali, formulate per garantire una ripresa in piena sicurezza degli allenamenti di gruppo che verranno tempestivamente sottoposte al ministro per le Politiche giovanili e lo Sport, al ministro della Salute e al Cts».Il nodo si avviluppa intorno a tre architravi. La prima riguarda la responsabilità dei medici delle squadre, sui quali grava il peso di ogni valutazione sulla salute dei singoli atleti, trasformandoli ad honorem in virologi. Poi c'è l'ipotesi di un caso di positività al coronavirus tra i giocatori di una squadra. In quel caso, il protocollo prevederebbe l'isolamento del calciatore positivo e dei suoi compagni con due tamponi a 24 ore di distanza l'uno dall'altro. Se qualcun altro risultasse positivo al Covid-19, il ritiro dell'intero gruppo sarebbe prolungato in un clima di quarantena per altri 14 giorni dalla data del test. Una contromisura ben diversa rispetto a quanto stabilito, per esempio, nella Bundesliga tedesca, dove l'isolamento sarebbe riservato soltanto agli individui risultati positivi. Non scordando il nodo generale del ritiro: giocatori e staff di ogni società sportiva rimarrebbero comunque isolati per due settimane dalla ripresa degli allenamenti collettivi.Le compagini di Serie A giocano di sponda, alla melina del ministero rispondono con il catenaccio, nella speranza di modificare i punti cruciali del protocollo per godere di maggior sicurezza sull'effettivo completamento del calendario di partite. Ballano gli oltre 200 milioni di euro dei diritti televisivi mancanti, bruscolini dai quali dipende la sopravvivenza di buona parte del movimento calcistico nostrano e di numerosi sport minori. Le perplessità sulle attuali decisioni arrivano da Inter, Udinese, Napoli, Cagliari, Verona, Brescia, Atalanta, Sassuolo, Fiorentina, Sampdoria, Genoa. Anche dal Milan, pur con qualche distinguo formale. La società friulana di proprietà di Giampaolo Pozzo sottolinea: «L'Udinese Calcio ha reso pubblica la lettera inviata al ministro Spadafora e ai vertici del Coni e della Figc, confermando la volontà di Gianpaolo Pozzo e della società, già sottolineata in più circostanze, di tornare a giocare non appena possibile, rispettando le necessarie condizioni di sicurezza e sollecitando un provvedimento normativo ad hoc che manlevi i medici sociali e i dirigenti dalle gravose responsabilità civili e penali derivanti dagli attuali protocolli e norme». Pure il sindacato dei calciatori, presieduto da Damiano Tommasi, ha detto la sua in una nota ufficiale: «Le perplessità condivise riguardano soprattutto le tempistiche della ripresa della stagione. L'ipotesi del ritiro per la creazione del “gruppo squadra" è stata valutata e condivisa fin dall'inizio, ma in assenza di date certe per la ripresa del campionato appare prematura ogni valutazione sulle tempistiche di svolgimento dello stesso. Inoltre, le modalità di gestione delle eventuali positività di un membro, così come definite dal nuovo protocollo, non sembrano idonee a garantire la conclusione del campionato; esiste il concreto rischio di doversi fermare non appena si potrà tornare in campo, vanificando gli sforzi profusi. L'esigenza sentita da tutti noi è quella di avere chiarezza sui futuri protocolli concretamente attuabili nelle settimane successive alla prima fase di ritiro, soprattutto con riguardo alle modalità di svolgimento delle partite di campionato; la consapevolezza dei passi da compiere per tornare in campo ci aiuterebbe a condividere un percorso, senza malintesi e rischi inutili». Leggendo tra le righe: bene ricominciare in totale sicurezza, malissimo ricominciare per un paio di partite e poi bloccarsi. Mentre risuonano le parole del presidente del Coni Giovanni Malagò: «Al 99% la Serie A riparte il 13 giugno. Ma non è detto arrivi alla fine».
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