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2018-12-22
Haftar alza il tiro per far fuori (dalla Libia) Erdogan e Fratelli musulmani
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ANSA
Le autorità legate all'Esercito nazionale libico hanno sequestrato martedì una nave da 40 piedi carica di armi (pistole, fucili e anche silenziatori) e munizioni (4,2 milioni di proiettili) appena attraccata al porto di Khoms, fra Tripoli e Misurata. Gli uomini di Haftar puntano il dito contro la Turchia di Recep Tayyip Erdogan: «Cerca di destabilizzare la Libia sostenendo il terrorismo», accusano, sottolineando gli sforzi delle forze della Cirenaica contro il jihadismo grazie anche alla cooperazione con l'Egitto di Abdel Fattah Al Sisi. Attraverso «i suoi agenti sul territorio libico», inoltre, Ankara (il cui ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, è da poco passato per Tripoli) starebbe «prolungando la crisi in corso» nel Paese nordafricano, sostiene Bengasi.
Tra le cose che uniscono Haftar e Sisi c'è la ferma condanna della Fratellanza musulmana che ha nella Turchia, oltre che nel Qatar, il principale sponsor. Basti pensare che l'arrivo e il comportamento da star di Haftar alla Conferenza per la Libia di Palermo a metà novembre hanno provocato le ire di Fuat Oktay, il vice di Erdogan, che aveva lasciato il summit anzitempo. L'esponente del partito Giustizia e costruzione, braccio politico dei Fratelli musulmani in Libia, Abdul Razag Al Aradi, poche ore dopo la chiusura dei lavori in Sicilia aveva accusato l'Italia di «svuotare di contenuti della Conferenza di Palermo». Due le ragioni dietro le parole di Al Aradi: il troppo spazio concesso ad Haftar e l'esclusione di alcune milizie vicine alla Fratellanza. E pochi giorni dopo la Conferenza, la Settima brigata, con il supporto della brigata di Salah Badi, un deputato di Misurata diventato capo milizia e considerato vicinissimo a Erdogan, ha tentato di prendere il controllo dell'aeroporto di Tripoli. Si trattò di un'avanzata che raccontava la rabbia di Ankara dopo il summit di Palermo, conclusasi con un cessate il fuoco raggiunto anche con la mediazione dell'Onu.
Le operazioni turche in Libia non sono cosa nuova. Nel gennaio 2013 le autorità greche trovarono a bordo di una nave diretta nel Paese nordafricano armi turche. Nel dicembre dello stesso anno l'Egitto bloccò quattro container con lo stesso contenuto e la stessa destinazione. Nell'agosto 2014 Haftar ordinò l'attacco contro un'imbarcazione carica di armi e diretta al porto di Derna proveniente sempre dalla Turchia. Nel gennaio 2015 emersero gli sforzi di Turchia e Qatar per armare il gruppo islamista Alba libica attraverso il Sudan, in violazione all'embargo Onu imposto dall'Onu dal 2011. Nel gennaio 2017 Mohammed Al Zahawi, leader del gruppo Ansar Al Sharia vicino ad Al Qaeda, morì in un ospedale turco dopo essere stato curato per le ferite riportate dopo le battaglie a Bengasi.
La presenza e gli interessi della Fratellanza musulmana sono in cima alle priorità del nuovo ambasciatore italiano, Giuseppe Maria Buccino Grimaldi, la cui nomina (un blitz dei ministri Elisabetta Trenta della Difesa ed Enzo Moavero Milanesi degli Esteri contro il collega dell'Interno Matteo Salvini, impegnato in quelle ore in Israele) ha irritato Haftar, che lo reputa troppo morbido nei confronti proprio dell'organizzazione islamista. Inoltre dopo la telefonata Trump-Sarraj di due giorni fa, domani Conte sarà a Tripoli per incontrare Serraj.
Il tutto mentre Enav rafforza la sua presenza in Libia. La società, controllata dal Tesoro e fornitrice in esclusiva i servizi alla navigazione aerea civile nello spazio aereo italiano, ha infatti stipulato un contratto con la Libyan civil aviation authority per l'ammodernamento degli equipaggiamenti della torre di controllo dell'aeroporto internazionale di Tripoli. Il contratto da 2 milioni di euro prevede la fornitura e l'installazione di tre nuove postazioni operative per i controllori del traffico aereo, l'integrazione e messa in esercizio dei sistemi per le comunicazioni, nonché delle infrastrutture per le reti dati e wireless. Inoltre, è prevista un'opzione di 900.000 euro per la fornitura e l'installazione della componentistica meteo. «Per Enav operare in Libia ha un'importanza strategica», ha dichiarato l'amministratore delegato Roberta Neri. «La zona Sud del nostro spazio aereo infatti confina con quello libico che attualmente è soggetto a forti limitazioni ai voli commerciali. A marzo sarà completata la nuova torre di controllo di Mitiga, entro la fine del prossimo anno entrambi gli aeroporti di Tripoli saranno pienamente operativi grazie anche al nostro supporto». Non c'è soltanto quindi l'aspetto geopolitico da tenere d'occhio quando si parla del ruolo della Fratellanza musulmana in Libia ma anche la difesa degli investimenti italiani nel Paese nordafricano in aree a rischio proprio per la presenza di milizie fedeli all'organizzazione islamista e a Erdogan.
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In attesa dell'arrivo del nuovo ambasciatore italiano, Giuseppe Maria Buccino Grimaldi (per lui, che sostituisce Giuseppe Perrone destinato in Iran, si tratta di un ritorno, essendo già stato a capo della missione tra il 2011 e il 2015), la Libia ribolle nonostante gli sforzi dell'inviato Onu Ghassan Salamé in vista del voto in primavera. Fayez Al Serraj, il presidente del governo di Tripoli, fatica a tenere a badare le proteste violente nel Sud del Paese, in particolare nel Fezzan. Il suo rivale Khalifa Haftar, il generale che guida la Cirenaica, ha deciso di rivolgersi al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per chiedere l'apertura «immediata» di un'inchiesta sul sequestro di un carico di armi e munizioni diretto in Libia e proveniente dalla Turchia. E domani Giuseppe Conte vola a Tripoli.Le autorità legate all'Esercito nazionale libico hanno sequestrato martedì una nave da 40 piedi carica di armi (pistole, fucili e anche silenziatori) e munizioni (4,2 milioni di proiettili) appena attraccata al porto di Khoms, fra Tripoli e Misurata. Gli uomini di Haftar puntano il dito contro la Turchia di Recep Tayyip Erdogan: «Cerca di destabilizzare la Libia sostenendo il terrorismo», accusano, sottolineando gli sforzi delle forze della Cirenaica contro il jihadismo grazie anche alla cooperazione con l'Egitto di Abdel Fattah Al Sisi. Attraverso «i suoi agenti sul territorio libico», inoltre, Ankara (il cui ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, è da poco passato per Tripoli) starebbe «prolungando la crisi in corso» nel Paese nordafricano, sostiene Bengasi. Tra le cose che uniscono Haftar e Sisi c'è la ferma condanna della Fratellanza musulmana che ha nella Turchia, oltre che nel Qatar, il principale sponsor. Basti pensare che l'arrivo e il comportamento da star di Haftar alla Conferenza per la Libia di Palermo a metà novembre hanno provocato le ire di Fuat Oktay, il vice di Erdogan, che aveva lasciato il summit anzitempo. L'esponente del partito Giustizia e costruzione, braccio politico dei Fratelli musulmani in Libia, Abdul Razag Al Aradi, poche ore dopo la chiusura dei lavori in Sicilia aveva accusato l'Italia di «svuotare di contenuti della Conferenza di Palermo». Due le ragioni dietro le parole di Al Aradi: il troppo spazio concesso ad Haftar e l'esclusione di alcune milizie vicine alla Fratellanza. E pochi giorni dopo la Conferenza, la Settima brigata, con il supporto della brigata di Salah Badi, un deputato di Misurata diventato capo milizia e considerato vicinissimo a Erdogan, ha tentato di prendere il controllo dell'aeroporto di Tripoli. Si trattò di un'avanzata che raccontava la rabbia di Ankara dopo il summit di Palermo, conclusasi con un cessate il fuoco raggiunto anche con la mediazione dell'Onu. Le operazioni turche in Libia non sono cosa nuova. Nel gennaio 2013 le autorità greche trovarono a bordo di una nave diretta nel Paese nordafricano armi turche. Nel dicembre dello stesso anno l'Egitto bloccò quattro container con lo stesso contenuto e la stessa destinazione. Nell'agosto 2014 Haftar ordinò l'attacco contro un'imbarcazione carica di armi e diretta al porto di Derna proveniente sempre dalla Turchia. Nel gennaio 2015 emersero gli sforzi di Turchia e Qatar per armare il gruppo islamista Alba libica attraverso il Sudan, in violazione all'embargo Onu imposto dall'Onu dal 2011. Nel gennaio 2017 Mohammed Al Zahawi, leader del gruppo Ansar Al Sharia vicino ad Al Qaeda, morì in un ospedale turco dopo essere stato curato per le ferite riportate dopo le battaglie a Bengasi.La presenza e gli interessi della Fratellanza musulmana sono in cima alle priorità del nuovo ambasciatore italiano, Giuseppe Maria Buccino Grimaldi, la cui nomina (un blitz dei ministri Elisabetta Trenta della Difesa ed Enzo Moavero Milanesi degli Esteri contro il collega dell'Interno Matteo Salvini, impegnato in quelle ore in Israele) ha irritato Haftar, che lo reputa troppo morbido nei confronti proprio dell'organizzazione islamista. Inoltre dopo la telefonata Trump-Sarraj di due giorni fa, domani Conte sarà a Tripoli per incontrare Serraj. Il tutto mentre Enav rafforza la sua presenza in Libia. La società, controllata dal Tesoro e fornitrice in esclusiva i servizi alla navigazione aerea civile nello spazio aereo italiano, ha infatti stipulato un contratto con la Libyan civil aviation authority per l'ammodernamento degli equipaggiamenti della torre di controllo dell'aeroporto internazionale di Tripoli. Il contratto da 2 milioni di euro prevede la fornitura e l'installazione di tre nuove postazioni operative per i controllori del traffico aereo, l'integrazione e messa in esercizio dei sistemi per le comunicazioni, nonché delle infrastrutture per le reti dati e wireless. Inoltre, è prevista un'opzione di 900.000 euro per la fornitura e l'installazione della componentistica meteo. «Per Enav operare in Libia ha un'importanza strategica», ha dichiarato l'amministratore delegato Roberta Neri. «La zona Sud del nostro spazio aereo infatti confina con quello libico che attualmente è soggetto a forti limitazioni ai voli commerciali. A marzo sarà completata la nuova torre di controllo di Mitiga, entro la fine del prossimo anno entrambi gli aeroporti di Tripoli saranno pienamente operativi grazie anche al nostro supporto». Non c'è soltanto quindi l'aspetto geopolitico da tenere d'occhio quando si parla del ruolo della Fratellanza musulmana in Libia ma anche la difesa degli investimenti italiani nel Paese nordafricano in aree a rischio proprio per la presenza di milizie fedeli all'organizzazione islamista e a Erdogan. media3.giphy.com
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina
Il tema di quest’anno, Angeli e Demoni, ha guidato il percorso visivo e narrativo dell’evento. Il manifesto ufficiale, firmato dal torinese Antonio Lapone, omaggia la Torino magica ed esoterica e il fumetto franco-belga. Nel visual, una cosplayer attraversa il confine tra luce e oscurità, tra bene e male, tra simboli antichi e cultura pop moderna, sfogliando un fumetto da cui si sprigiona luce bianca: un ponte tra tradizione e innovazione, tra arte e narrazione.
Fumettisti e illustratori sono stati il cuore pulsante dell’Oval: oltre 40 autori, tra cui il cinese Liang Azha e Lorenzo Pastrovicchio della scuderia Disney, hanno accolto il pubblico tra sketch e disegni personalizzati, conferenze e presentazioni. Primo Nero, fenomeno virale del web con oltre 400.000 follower, ha presentato il suo debutto editoriale con L’Inkredibile Primo Nero Show, mentre Sbam! e altre case editrici hanno ospitato esposizioni, reading e performance di autori come Giorgio Sommacal, Claudio Taurisano e Vince Ricotta, che ha anche suonato dal vivo.
Il cosplay ha confermato la sua centralità: più di 120 partecipanti si sono sfidati nella tappa italiana del Nordic Cosplay Championship, con Carlo Visintini vincitore e qualificato per la finale in Svezia. Parallelamente, il propmaking ha permesso di scoprire il lavoro artigianale dietro armi, elmi e oggetti scenici, rivelando la complessità della costruzione dei personaggi.
La musica ha attraversato generazioni e stili. La Battle of the Bands ha offerto uno spazio alle band emergenti, mentre le icone delle sigle tv, Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, hanno trasformato l’Oval in un grande palco popolare, richiamando migliaia di fan. Non è mancato il K-pop, con workshop, esibizioni e karaoke coreano, che ha coinvolto i più giovani in una dimensione interattiva e partecipativa. La manifestazione ha integrato anche dimensioni educative e culturali. Il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino ha esplorato il ruolo della matematica nei fumetti, mostrando come concetti scientifici possano dialogare con la narrazione visiva. Lo chef Carlo Mele, alias Ojisan, ha illustrato la relazione tra cibo e animazione giapponese, trasformando piatti iconici degli anime in esperienze reali. Il pubblico ha potuto immergersi nella magia del Villaggio di Natale, quest’anno allestito nella Casa del Grinch, tra laboratori creativi, truccabimbi e la Christmas Elf Dance, mentre l’area games e l’area videogames hanno offerto tornei, postazioni libere e spazi dedicati a giochi indipendenti, modellismo e miniature, garantendo una partecipazione attiva e immersiva a tutte le età.
Con 28.000 visitatori in due giorni, Xmas Comics & Games conferma la propria crescita come festival della cultura pop, capace di unire creatività, spettacolo e narrazione, senza dimenticare la componente sociale e educativa. Tra fumetti, cosplay, musica e gioco, Torino è diventata il punto d’incontro per chi vuole vivere in prima persona il racconto pop contemporaneo, dove ogni linguaggio si intreccia e dialoga con gli altri, trasformando la fiera in una grande esperienza culturale condivisa.
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i,Hamza Abdi Barre (Getty Images)
La Somalia è intrappolata in una spirale di instabilità sempre più profonda: un’insurrezione jihadista in crescita, un apparato di sicurezza inefficiente, una leadership politica divisa e la competizione tra potenze vicine che alimenta rivalità interne. Il controllo effettivo del governo federale si riduce ormai alla capitale e a poche località satelliti, una sorta di isola amministrativa circondata da gruppi armati e clan in competizione. L’esercito nazionale, logorato, frammentato e privo di una catena di comando solida, non è in grado di garantire la sicurezza nemmeno sulle principali rotte commerciali che costeggiano il Paese. In queste condizioni, il collasso dell’autorità centrale e la caduta di Mogadiscio nelle mani di gruppi ostili rappresentano scenari sempre meno remoti, con ripercussioni dirette sulla navigazione internazionale e sulla sicurezza regionale.
La pirateria somala, un tempo contenuta da pattugliamenti congiunti e operazioni navali multilaterali, è oggi alimentata anche dal radicamento di milizie jihadiste che controllano vaste aree dell’entroterra. Questi gruppi, dopo anni di scontri contro il governo federale e di brevi avanzate respinte con l’aiuto delle forze speciali straniere, hanno recuperato terreno e consolidato le proprie basi logistiche proprio lungo i corridoi costieri. Da qui hanno intensificato sequestri, assalti e sabotaggi, colpendo infrastrutture critiche e perfino centri governativi di intelligence. L’attacco del 2025 contro una sede dei servizi somali, che portò alla liberazione di decine di detenuti, diede il segnale dell’audacia crescente di questi movimenti.
Le debolezze dell’apparato statale restano uno dei fattori decisivi. Nonostante due decenni di aiuti, investimenti e programmi di addestramento militare, le forze somale non riescono a condurre operazioni continuative contro reti criminali e gruppi jihadisti. Il consumo interno di risorse, la corruzione diffusa, i legami di fedeltà clanici e la dipendenza dall’Agenzia dell’Unione africana per il supporto alla sicurezza hanno sgretolato ogni tentativo di riforma. Nel frattempo, l’interferenza politica nella gestione della missione internazionale ha sfiancato i donatori, ridotto il coordinamento e lasciato presagire un imminente disimpegno. A questo si aggiungono le tensioni istituzionali: modifiche costituzionali controverse, una mappa federale contestata e tentativi percepiti come manovre per prolungare la permanenza al potere della leadership attuale hanno spaccato la classe politica e paralizzato qualsiasi risposta comune alla minaccia emergente. Mentre i vertici si dividono, le bande armate osservano, consolidano il controllo del territorio e preparano nuovi colpi contro la navigazione e le città costiere. Sul piano internazionale cresce il numero di governi che, temendo un collasso definitivo del sistema federale, sondano discretamente la possibilità di una trattativa con i gruppi armati. Ma l’ipotesi di una Mogadiscio conquistata da milizie che già controllano ampie aree della costa solleva timori concreti: un ritorno alla pirateria sistemica, attacchi oltre confine e una spirale di conflitti locali che coinvolgerebbe l’intero Corno d’Africa.
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Il presidente eletto del Cile José Antonio Kast e sua moglie Maria Pia Adriasola (Ansa)
Un elemento significativo di queste elezioni presidenziali è stata l’elevata affluenza alle urne, che si è rivelata in aumento del 38% rispetto al 2021. Quelle di ieri sono infatti state le prime elezioni tenute dopo che, nel 2022, è stato introdotto il voto obbligatorio. La vittoria di Kast ha fatto da contraltare alla crisi della sinistra cilena. Il presidente uscente, Gabriel Boric, aveva vinto quattro anni fa, facendo leva soprattutto sull’impopolarità dell’amministrazione di centrodestra, guidata da Sebastián Piñera. Tuttavia, a partire dal 2023, gli indici di gradimento di Boric sono iniziati a crollare. E questo ha danneggiato senza dubbio la Jara, che è stata ministro del Lavoro fino allo scorso aprile. Certo, Kast si accinge a governare a fronte di un Congresso diviso: il che potrebbe rappresentare un problema per alcune delle sue proposte più incisive. Resta tuttavia il fatto che la sua vittoria ha avuto dei numeri assai significativi.
«La vittoria di Kast in Cile segue una serie di elezioni in America Latina che negli ultimi anni hanno spostato la regione verso destra, tra cui quelle in Argentina, Ecuador, Costa Rica ed El Salvador», ha riferito la Bbc. Lo spostamento a destra dell’America Latina è una buona notizia per la Casa Bianca. Ricordiamo che, alcuni giorni fa, Washington a pubblicato la sua nuova strategia di sicurezza nazionale: un documento alla cui base si registra il rilancio della Dottrina Monroe. Per Trump, l’obiettivo, da questo punto di vista, è duplice. Innanzitutto, punta a contrastare il fenomeno dell’immigrazione irregolare. In secondo luogo, mira ad arginare l’influenza geopolitica della Cina sull’Emisfero occidentale. Vale a tal proposito la pena di ricordare che Boric, negli ultimi anni, ha notevolmente avvicinato Santiago a Pechino. Una linea che, di certo, a Washington non è stata apprezzata.
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