
Il «Mega» raduno dei Patrioti di Madrid tende la mano ad Afd. Vox le augura la vittoria. Salvini invoca «meno Ue, più libertà» Poi sferza i centristi: «Dovete scegliere tra Soros e Musk». Replica piccata dei Popolari: «Siete contro i cittadini del continente».«Meno Europa più libertà»: un Matteo Salvini in gran forma tiene banco alla convention dei Patrioti per l’Europa di Madrid, e sintetizza con estrema efficacia lo spirito del movimento «Mega», che sta per Make Europe Great Again, sigla coniata da Elon Musk per dare l’idea immediata della connessione tra il nuovo corso trumpiano e i movimenti di destra del Vecchio continente. Una convention che vede la presenza di 14 partiti politici in rappresentanza di 13 nazioni. Partiti di governo, partiti di massa, che a ogni elezione crescono. «Vogliono distruggere l’Europa», è l’accusa ripetuta dai politici e dai commentatori di sinistra, come se non fosse stata la stessa sinistra (con l’appoggio del Ppe) a trasformare la Commissione europea in una gigantesca fabbrica di bugie, follie (il fanatismo turbo green e le politiche di accoglienza indiscriminata), affari opachi (i lobbisti che spadroneggiano a Bruxelles), ricatti politici (ricordate le pressioni all’Italia per la ratifica del Mes), inefficienze e sprechi. A Madrid i protagonisti, insieme a Salvini, sono il premier ungherese Viktor Orbán, la francese Marine Le Pen, l’olandese Geert Wilders, l’ex primo ministro ceco Andrej Babis, il leader spagnolo di Vox, Santiago Abascal, e i capi degli altri partiti che aderiscono al gruppo dei Patrioti: l’estone Martin Helme, la greca Afroditi Latinopoulou, il polacco Krzysztof Bosak, il portoghese André Ventura e il ceco Petr Macinka. Non ci sono ma è come se ci fossero i tedeschi di Alternative für Deutschland: il dato politico che emerge dalla convention è che il muro di demagogia che li ha tenuti fuori dall’«arco costituzionale» europeo è ormai crollato. Afd viene segnalato nei sondaggi in vista delle imminenti elezioni politiche in Germania intorno al 20%, al secondo posto dietro la Cdu-Csu del probabile cancelliere Friedrich Merz e davanti a ciò che resta della Spd di Olaf Scholz. Lo stesso Merz due settimane fa ha sdoganato Afd votando insieme al partito guidato da Alice Weidel una mozione al Bundestag sul contrasto all’immigrazione. «La libertà di rappresentazione politica», dice chiaramente dal palco Abascal, «oggi è minacciata senza nessun pudore da sinistri commissari, da tutte le parti. Lo stiamo vedendo in Germania contro Alice Weidel, alla quale auguriamo la vittoria alle prossime elezioni». «Noi sosteniamo le forze patriottiche», sottolinea Salvini, «in Germania, in Francia, ovunque». Il vicepremier azzanna il Ppe: «È tempo che i popolari abbandonino ovunque le alleanze con i socialisti: è tempo», tuona Salvini, «che scelgano dove stare. Devono scegliere se stare con il passato di Soros o il futuro di Elon Musk». Una bella legnata, più che giustificata dall’ambiguità che continua a caratterizzare le politiche del Ppe, fulgido esempio di un partito che pur di stare al governo ovunque è capace di allearsi con chiunque. Colpisce nel segno, Salvini, come dimostra la replica stizzita fatta trapelare dal partito di Ursula von der Leyen: «Il Partito popolare europeo», fanno sapere all’Ansa fonti del Ppe, «sostiene le politiche che mirano a migliorare il benessere dei cittadini europei e non quelle che vanno contro di esso, come quelle del signor Salvini o di Elon Musk». Ma arriva il contrattacco: «Milioni di posti di lavoro persi», sottolineano fonti dei Patrioti, «in cambio di milioni di clandestini entrati in Europa: ecco i brillanti risultati che le scelte sbagliate di Bruxelles, scelte caldeggiate e finanziate da Soros e compagni, hanno proposto in questi anni. Mentre il Ppe continua a malgovernare con socialisti e sinistre, i popoli europei scelgono sempre di più il cambiamento fondato su lavoro, sicurezza e libertà». Il Ppe in Italia è rappresentato da Forza Italia: «Con tutto il rispetto», sostiene il capogruppo di Fi alla Camera Paolo Barelli, «noi siamo eredi di tradizioni culturali e politiche ben più solide di quel che rappresentano Musk (al quale va la mia ammirazione) e Soros. Portiamo nel cuore il presidente Silvio Berlusconi, modernizzatore e liberale, illuminato d’eccezione dei nostri tempi». L’ammirazione per Musk messa tra parentesi nel comunicato di Barelli suscita tenerezza, ma del resto Fi deve barcamenarsi tra l’alleanza con la Lega e Fdi in Italia e quella con verdi e socialisti in Europa, quindi meglio tenersi buoni tutti, o almeno provarci. A proposito dei socialisti, Salvini attacca il cancelliere tedesco Olaf Scholz: «Quel genio di Scholz, invece di salvare le fabbriche che chiudono», attacca il leader della Lega, «ha chiesto di voler mandare le truppe Nato in Groenlandia: spero che gli elettori tedeschi premino Scholz e gli diano un biglietto di sola andata in Groenlandia, povera Groenlandia. Trump ci ha dimostrato», argomenta Salvini, «che un nuovo mondo è possibile: non è l’Ue che legittima gli Stati ma sono gli Stati che legittimano l’Europa. Il burka non è Europa, il gender e il terrore islamico non sono Europa». «Il nostro amico Trump, il tornado Trump», sottolinea dal palco Orbán, «ha cambiato il mondo in appena un paio di settimane. Un’era è finita. Ieri per alcuni eravamo il passato, una follia, ora siamo il futuro. I burocrati di Bruxelles hanno distrutto l’Europa. Per colpa di Bruxelles diamo il nostro denaro all’Ucraina, a una guerra senza speranza. Per colpa di Bruxelles l’economia europea sta affondando, per colpa di Bruxelles l’Europa è invasa da migranti illegali. George Soros aveva annunciato: un milione di migranti deve essere autorizzato a entrare in Europa ogni anno. E voilà: negli ultimi nove anni», sottolinea Orbán, «nove milioni di migranti sono arrivati in Europa».
Donald Trump (Ansa)
Luci e ombre nel primo anniversario della rielezione alla Casa Bianca: promosso in Medio Oriente, rimandato sull’Ucraina. Borsa ai massimi ma «sopravvalutata». L’inflazione cresce e la Fed mantiene i tassi alti. Stallo record sulla legge di bilancio.
Gli elettori della Virginia chiamati a scegliere il nuovo governatore si sono espressi: «Trump you are fired! (sei licenziato, ndr). In uno stato però tendenzialmente blu, che nel 2024 aveva scelto Kamala Harris. E confermando il trend, ha optato per la democratica Spanberger. Sebbene il governatore uscente fosse repubblicano. Colpa dello shutdown a detta di molti. Cosa sia lo vedremo alla fine. E comunque negli ultimi 20 anni i democratici alla guida della Virginia sono stati scelti cinque volte su sette. Ma al netto delle elezioni in Virginia, e dando per scontato che la città di New York e lo Stato del New Jersey votassero democratico (per intendersi sono un po’ come Bologna e la Toscana per il Pd), a un anno esatto dalla sua rielezione alla Casa Bianca qual è il bilancio della seconda presidenza Trump?
Buchi nella sicurezza, errori di pianificazione e forse una o più talpe interne. Questi i fattori che hanno sfruttato i ladri che hanno colpito al Louvre di Parigi. Ma dove sono i gioielli e chi sono i responsabili?
Elly Schlein (Ansa)
Nicola Fratoianni lo chiama per nome, Elly Schlein vi vede una «speranza», Stefano Patuanelli rilancia la patrimoniale.
Brutte notizie per Gaetano Manfredi, Silvia Salis, Ernesto Maria Ruffini e tutti gli altri aspiranti (o presunti tali) federatori del centrosinistra: il campo largo italiano ha trovato il suo nuovo leader. Si chiama Zohran Mamdani, ha 34 anni, è il nuovo sindaco di New York, che del resto si trova sullo stesso parallelo di Napoli. La sua vittoria ha mandato in solluchero i leader (o sedicenti tali) della sinistra italiana, che vedono nel successo di Mamdani, non si riesce bene a capire per quale motivo, «una scintilla di speranza» (Alessandro Alfieri, senatore Pd). Ora, possiamo capire che l’odio (si può dire odio?) della sinistra italiana per Donald Trump giustifichi il piacere di vedere sconfitto il tycoon, ma a leggere le dichiarazioni di ieri sembra che il giovane neo sindaco di New York le elezioni le abbia vinte in Italia.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 6 novembre con Carlo Cambi






