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2020-03-19
Trump si dichiara «capo in guerra» e mette in acqua le navi ospedale
Donald Trump (Ansa)
Non si arresta l'emergenza coronavirus a livello internazionale. Il numero complessivo dei contagiati ha superato i 203.500, laddove quello delle vittime è di oltre 8.200. Intanto i vari Paesi si stanno muovendo verso misure sempre più restrittive. Ieri sera, la cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha tenuto un discorso alla nazione. «Dalla seconda guerra mondiale ad oggi non c'è stata nessun'altra sfida nei confronti del nostro Paese nella quale tutto sia dipeso così tanto dalla nostra azione solidale […]. La nostra concezione di normalità di vita pubblica, dello stare insieme nella socialità: tutto questo viene messo alla prova come non mai». «Mi appello a voi», ha aggiunto la cancelliera: «Niente strette di mano, almeno un metro e mezzo di distanza dal prossimo, possibilmente quasi nessun contatto con gli anziani, perché sono quelli più a rischio». Ricordiamo che, nei giorni scorsi, la Germania ha imposto misure piuttosto drastiche, come la chiusura di gran parte degli esercizi commerciali e il blocco delle frontiere.
Gli stessi Stati Uniti hanno annunciato ieri il blocco temporaneo delle frontiere con il Canada per quanto riguarda il «traffico non essenziale», specificando che il commercio sarà salvaguardato. Ma non è tutto. Definendosi un «presidente in guerra», Donald Trump ha invocato, nel corso di una conferenza stampa, il Defense production act: una legge del 1950, che gli permetterebbe di incrementare la produzione di mascherine e materiale sanitario. Il presidente ha inoltre annunciato un congelamento di sfratti e pignoramenti per tutto il mese prossimo, sottolineando seccamente che il coronavirus sia di provenienza cinese. L'inquilino della Casa Bianca ha anche ribadito di voler vietare l'ingresso agli immigrati clandestini attraverso il confine meridionale. Una nave della Marina statunitense è stata poi inviata a New York per sostenere la capacità ospedaliera (saranno due, la Mercy e la Comfort), mentre è stato deciso che i medici americani potranno esercitare attraverso i vari Stati. Sono invece circa 5 milioni le mascherine che il Pentagono ha annunciato di voler mettere a disposizione. Nel frattempo, la Casa Bianca ha chiesto al Congresso ulteriori 48,5 miliardi di dollari per sostenere i costi «imprevisti» che le varie agenzie governative potrebbero riscontrare nell'attività di contrasto al coronavirus. Lo stesso premier canadese, Justin Trudeau, ha annunciato ieri un pacchetto di aiuti economici da 82 miliardi di dollari.
Anche il Regno Unito sta progressivamente optando per misure più ristrettive. Il governo britannico ha comunicato che, da venerdì, le scuole resteranno chiuse: un provvedimento che era già stato adottato da Scozia e Galles. Inoltre, parlando ieri alla Camera dei comuni, Boris Johnson ha preso in considerazione alcune potenziali misure di sostegno a livello sociale: si è per esempio parlato di un reddito minimo universale temporaneo, oltre che di aiuti alle classi lavoratrici. Secondo il Mirror, il premier potrebbe addirittura estendere il periodo di transizione per la Brexit. Al momento, il Regno Unito conta complessivamente quasi 2.000 contagi e 104 vittime. E, in tutto questo, sono iniziati i lavori per raddoppiare la capacità dell'obitorio di Westminster: ampliamenti potrebbero riguardare anche le camere mortuarie dei principali ospedali.
L'Austria ha intanto stanziato circa 38 miliardi di euro per sostenere le imprese e la salvaguardia dei posti di lavoro. Tutto questo, mentre il ministro degli Esteri francese, Jean Yves Le Drian, ha annunciato che la Cina sta inviando in Francia «circa un milione di mascherine»: un primo aereo è arrivato già ieri, mentre un secondo dovrebbe giungere nella giornata di oggi. I casi complessivi di contagio nell'Esagono sono quasi 8.000, a fronte di 175 vittime. Le Figaro riportava ieri che il governo francese sia pronto a dichiarare lo stato d'emergenza sanitaria: elemento che garantirebbe all'esecutivo la facoltà di imporre misure nettamente energiche. Ulteriore stretta, poi, nella penisola iberica. Nel pieno dell'emergenza, tutti i collegamenti aerei e marittimi tra la Spagna continentale e le sue isole sono stati sospesi, mentre i voli tra le stesse isole saranno drasticamente ridotti. In tutto questo, la cena di Stato che avrebbe dovuto tenersi alla Casa Bianca tra i reali di Spagna e Trump è stata rimandata.
Il Brasile, dal canto suo, ha annunciato una chiusura parziale delle frontiere con il Venezuela per le prossime due settimane, mentre il Cile ha decretato lo stato d'emergenza per 90 giorni. La Nigeria ha intanto fatto sapere che, dal 20 marzo, bloccherà l'ingresso a persone provenienti da 13 Paesi. Si tratta di: Cina, Italia, Iran, Corea del Sud, Spagna, Giappone, Francia, Germania, Stati Uniti, Norvegia, Regno Unito, Paesi Bassi e Svizzera. Tutto questo, mentre gli Emirati Arabi hanno vietato ai propri cittadini di recarsi all'estero. Cuba ha frattanto annunciato la sua prima vittima per coronavirus: si tratterebbe di un sessantunenne italiano.
L’Europa di Darwin non ci salverà
Son rimasto turbato dal cinismo del premier britannico, Boris Johnson, che ha detto ai suoi cittadini «abituatevi a perdere i vostri cari». Ben lo ha commentato Philippe Daverio scrivendo di essere felice di non essere un anglicano upper class, ma un banale cattolico afflitto da pietas. Ricordandogli che l'Italia fu fondata da Enea che, fuggendo da Troia, prese sulle spalle il vecchio padre Anchise, non solo il figlioletto Ascanio (si pensi alla scultura del Bernini). Ricordo, a memoria, che Francesco Alberoni molti anni fa descrisse l'origine di questo cinismo anglosassone (e la sua differenza dalla cultura europea continentale) facendolo risalire a due filosofi preilluministi del XVII secolo, Hobbes e Locke, che pretendevano che lo Stato si occupasse solo di garantire interessi pratici, pace e proprietà, non valori morali. Poi all'economista Adam Smith (XVIII secolo) che sentenziò che la ricchezza si produce perseguendo fini egoistici. Seguì agli inizi del XIX secolo l'influenza del reverendo Malthus, preoccupato solo della crescita della popolazione. Infine Darwin che, ispirato da Malthus, spiegò il principio di selezione naturale, principio che, se non erro, sembra aver ben convinto l'attuale premier britannico Boris Johnson (facendo infuriare non poco gli anziani lord della corona britannica). Mi fermo qui, ignorando il grande neopositivista Bertrand Russell, che completerebbe peraltro questa evoluzione culturale. Ma perché questo mio excursus?
Perché, non solo in Gran Bretagna, ma anche nell'Europa continentale si sta evidenziando un rischio (o una tentazione, per ora) di contrastante pragmatismo all'interno dei Paesi europei per fronteggiare il coronavirus. Un pragmatismo dai tre volti: uno che definiremo laico, uno protestante e uno cattolico. Questi tre pragmatismi sono frutto di tre differenti culture morali che hanno in questi decenni concorso a rendere difficile l'integrazione europea, molto più degli aspetti economici. Persino un grande padre dell'Europa (e probabilmente il maggior oppositore del sovranismo), Jean Monnet, lamentò nei suoi ultimi anni (morì nel 1978) che l'assenza di una cultura europea non sarebbe stata compensata da forzature solo economiche (la moneta unica) e che se fosse potuto tornare indietro, prima dell'economia, avrebbe pensato a formare una cultura europea. Le conseguenze di queste differenze culturali-morali si sono evidenziate soprattutto nei momenti di crisi economica dopo la creazione dell'euro, per esempio nel 2008 e nel 2011, ma il rischio maggiore potrebbe evidenziarsi oggi grazie al coronavirus, dove tre visioni a rischio di incompatibilità potrebbero provocare la tentazione di atteggiamenti contrastanti nella gestione dell'emergenza virus.
Cercherò in due righe di spiegare sinteticamente, con rischio di semplificare troppo, i problemi conseguenti ai tre pragmatismi. C'è un pragmatismo laico, apparentemente formato anche lui sulle dottrine anglosassoni malthusiano-darwiniane, che non vede certo nell'essere umano una scintilla del divino, diciamo che vede nell'uomo sostanzialmente l'evoluzione di un bacillo e come tale lo interpreta. C'è poi un pragmatismo di origine protestante, che separando fede e opere, sembra esser meno attento alla valutazione preventiva di cosa è bene o male nelle azioni umane, il che comporta conseguenze per la creatura umana stessa. Riferendoci al tema coronavirus, questi due pragmatismi possono essere tradotti nel privilegiare gli aspetti, diciamo, economici, cioè la libertà di movimento (verso l'isolamento), proponendo spiegazioni sulla impossibilità di cure del contagio per tutti, con conseguente necessità di sacrificare vecchi e malati. Indirettamente ne conseguirebbero effetti economici sui costi dell'invecchiamento della popolazione.
All'opposto c'è un (teorico) pragmatismo cattolico, fondato sul valore unico e sacro dell'individuo, che invece propone restrizioni per contenere il contagio e salvare più persone possibile (anche sacrificando l'economia). Questo pragmatismo rifiuta la selezione naturale come dottrina economico, politica e soprattutto morale. Detto pragmatismo cattolico si fonda su un «realismo spirituale» (che si oppone al realismo un po' cinico, visto sopra), che cioè è la fede che fa i miracoli. Non saprei dire quanto questi intenti siano facilmente sostenibili in questo momento, data l'emergenza sanitaria, ma certo ora tutti, qui da noi, ci stanno provando «eroicamente». Ma non saprei neppure assicurare il lettore di quanto questo realismo spirituale sia condiviso interamente dalla autorità morale. Comunque se questi diversi pragmatismi non si concilieranno, metà Europa farà scelte contrastanti con l'altra metà . Il risultato sarà un disastro nella lotta al virus, un disastro nei risultati economici, un disastro politico con la fine definitiva del progetto europeo. Ma sarebbe anche un disastro nelle conseguenze morali, perché si accentuerebbe una sfiducia verso l'autorità morale che non ha saputo intervenire. Infine sarebbe un disastro per l'intera civiltà, che ha rifiutato le radici cristiane, ma ne ha beneficiato oltremodo finora.
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Il presidente Usa chiede al Congresso altri 48,5 miliardi, vieta l'ingresso ai clandestini e autorizza i medici a esercitare in ogni Stato. Appello di Angela Merkel ai tedeschi, ma niente blocco. Londra prepara nuovi obitori.Davanti all'epidemia, l'Inghilterra ha sfoderato il suo cinismo, laico e protestante Una sfida per il pragmatismo cattolico, che scommette sulla sacralità della persona.Lo speciale contiene due articoliNon si arresta l'emergenza coronavirus a livello internazionale. Il numero complessivo dei contagiati ha superato i 203.500, laddove quello delle vittime è di oltre 8.200. Intanto i vari Paesi si stanno muovendo verso misure sempre più restrittive. Ieri sera, la cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha tenuto un discorso alla nazione. «Dalla seconda guerra mondiale ad oggi non c'è stata nessun'altra sfida nei confronti del nostro Paese nella quale tutto sia dipeso così tanto dalla nostra azione solidale […]. La nostra concezione di normalità di vita pubblica, dello stare insieme nella socialità: tutto questo viene messo alla prova come non mai». «Mi appello a voi», ha aggiunto la cancelliera: «Niente strette di mano, almeno un metro e mezzo di distanza dal prossimo, possibilmente quasi nessun contatto con gli anziani, perché sono quelli più a rischio». Ricordiamo che, nei giorni scorsi, la Germania ha imposto misure piuttosto drastiche, come la chiusura di gran parte degli esercizi commerciali e il blocco delle frontiere.Gli stessi Stati Uniti hanno annunciato ieri il blocco temporaneo delle frontiere con il Canada per quanto riguarda il «traffico non essenziale», specificando che il commercio sarà salvaguardato. Ma non è tutto. Definendosi un «presidente in guerra», Donald Trump ha invocato, nel corso di una conferenza stampa, il Defense production act: una legge del 1950, che gli permetterebbe di incrementare la produzione di mascherine e materiale sanitario. Il presidente ha inoltre annunciato un congelamento di sfratti e pignoramenti per tutto il mese prossimo, sottolineando seccamente che il coronavirus sia di provenienza cinese. L'inquilino della Casa Bianca ha anche ribadito di voler vietare l'ingresso agli immigrati clandestini attraverso il confine meridionale. Una nave della Marina statunitense è stata poi inviata a New York per sostenere la capacità ospedaliera (saranno due, la Mercy e la Comfort), mentre è stato deciso che i medici americani potranno esercitare attraverso i vari Stati. Sono invece circa 5 milioni le mascherine che il Pentagono ha annunciato di voler mettere a disposizione. Nel frattempo, la Casa Bianca ha chiesto al Congresso ulteriori 48,5 miliardi di dollari per sostenere i costi «imprevisti» che le varie agenzie governative potrebbero riscontrare nell'attività di contrasto al coronavirus. Lo stesso premier canadese, Justin Trudeau, ha annunciato ieri un pacchetto di aiuti economici da 82 miliardi di dollari.Anche il Regno Unito sta progressivamente optando per misure più ristrettive. Il governo britannico ha comunicato che, da venerdì, le scuole resteranno chiuse: un provvedimento che era già stato adottato da Scozia e Galles. Inoltre, parlando ieri alla Camera dei comuni, Boris Johnson ha preso in considerazione alcune potenziali misure di sostegno a livello sociale: si è per esempio parlato di un reddito minimo universale temporaneo, oltre che di aiuti alle classi lavoratrici. Secondo il Mirror, il premier potrebbe addirittura estendere il periodo di transizione per la Brexit. Al momento, il Regno Unito conta complessivamente quasi 2.000 contagi e 104 vittime. E, in tutto questo, sono iniziati i lavori per raddoppiare la capacità dell'obitorio di Westminster: ampliamenti potrebbero riguardare anche le camere mortuarie dei principali ospedali. L'Austria ha intanto stanziato circa 38 miliardi di euro per sostenere le imprese e la salvaguardia dei posti di lavoro. Tutto questo, mentre il ministro degli Esteri francese, Jean Yves Le Drian, ha annunciato che la Cina sta inviando in Francia «circa un milione di mascherine»: un primo aereo è arrivato già ieri, mentre un secondo dovrebbe giungere nella giornata di oggi. I casi complessivi di contagio nell'Esagono sono quasi 8.000, a fronte di 175 vittime. Le Figaro riportava ieri che il governo francese sia pronto a dichiarare lo stato d'emergenza sanitaria: elemento che garantirebbe all'esecutivo la facoltà di imporre misure nettamente energiche. Ulteriore stretta, poi, nella penisola iberica. Nel pieno dell'emergenza, tutti i collegamenti aerei e marittimi tra la Spagna continentale e le sue isole sono stati sospesi, mentre i voli tra le stesse isole saranno drasticamente ridotti. In tutto questo, la cena di Stato che avrebbe dovuto tenersi alla Casa Bianca tra i reali di Spagna e Trump è stata rimandata.Il Brasile, dal canto suo, ha annunciato una chiusura parziale delle frontiere con il Venezuela per le prossime due settimane, mentre il Cile ha decretato lo stato d'emergenza per 90 giorni. La Nigeria ha intanto fatto sapere che, dal 20 marzo, bloccherà l'ingresso a persone provenienti da 13 Paesi. Si tratta di: Cina, Italia, Iran, Corea del Sud, Spagna, Giappone, Francia, Germania, Stati Uniti, Norvegia, Regno Unito, Paesi Bassi e Svizzera. Tutto questo, mentre gli Emirati Arabi hanno vietato ai propri cittadini di recarsi all'estero. 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Ricordandogli che l'Italia fu fondata da Enea che, fuggendo da Troia, prese sulle spalle il vecchio padre Anchise, non solo il figlioletto Ascanio (si pensi alla scultura del Bernini). Ricordo, a memoria, che Francesco Alberoni molti anni fa descrisse l'origine di questo cinismo anglosassone (e la sua differenza dalla cultura europea continentale) facendolo risalire a due filosofi preilluministi del XVII secolo, Hobbes e Locke, che pretendevano che lo Stato si occupasse solo di garantire interessi pratici, pace e proprietà, non valori morali. Poi all'economista Adam Smith (XVIII secolo) che sentenziò che la ricchezza si produce perseguendo fini egoistici. Seguì agli inizi del XIX secolo l'influenza del reverendo Malthus, preoccupato solo della crescita della popolazione. Infine Darwin che, ispirato da Malthus, spiegò il principio di selezione naturale, principio che, se non erro, sembra aver ben convinto l'attuale premier britannico Boris Johnson (facendo infuriare non poco gli anziani lord della corona britannica). Mi fermo qui, ignorando il grande neopositivista Bertrand Russell, che completerebbe peraltro questa evoluzione culturale. Ma perché questo mio excursus? Perché, non solo in Gran Bretagna, ma anche nell'Europa continentale si sta evidenziando un rischio (o una tentazione, per ora) di contrastante pragmatismo all'interno dei Paesi europei per fronteggiare il coronavirus. Un pragmatismo dai tre volti: uno che definiremo laico, uno protestante e uno cattolico. Questi tre pragmatismi sono frutto di tre differenti culture morali che hanno in questi decenni concorso a rendere difficile l'integrazione europea, molto più degli aspetti economici. Persino un grande padre dell'Europa (e probabilmente il maggior oppositore del sovranismo), Jean Monnet, lamentò nei suoi ultimi anni (morì nel 1978) che l'assenza di una cultura europea non sarebbe stata compensata da forzature solo economiche (la moneta unica) e che se fosse potuto tornare indietro, prima dell'economia, avrebbe pensato a formare una cultura europea. Le conseguenze di queste differenze culturali-morali si sono evidenziate soprattutto nei momenti di crisi economica dopo la creazione dell'euro, per esempio nel 2008 e nel 2011, ma il rischio maggiore potrebbe evidenziarsi oggi grazie al coronavirus, dove tre visioni a rischio di incompatibilità potrebbero provocare la tentazione di atteggiamenti contrastanti nella gestione dell'emergenza virus. Cercherò in due righe di spiegare sinteticamente, con rischio di semplificare troppo, i problemi conseguenti ai tre pragmatismi. C'è un pragmatismo laico, apparentemente formato anche lui sulle dottrine anglosassoni malthusiano-darwiniane, che non vede certo nell'essere umano una scintilla del divino, diciamo che vede nell'uomo sostanzialmente l'evoluzione di un bacillo e come tale lo interpreta. C'è poi un pragmatismo di origine protestante, che separando fede e opere, sembra esser meno attento alla valutazione preventiva di cosa è bene o male nelle azioni umane, il che comporta conseguenze per la creatura umana stessa. Riferendoci al tema coronavirus, questi due pragmatismi possono essere tradotti nel privilegiare gli aspetti, diciamo, economici, cioè la libertà di movimento (verso l'isolamento), proponendo spiegazioni sulla impossibilità di cure del contagio per tutti, con conseguente necessità di sacrificare vecchi e malati. Indirettamente ne conseguirebbero effetti economici sui costi dell'invecchiamento della popolazione. All'opposto c'è un (teorico) pragmatismo cattolico, fondato sul valore unico e sacro dell'individuo, che invece propone restrizioni per contenere il contagio e salvare più persone possibile (anche sacrificando l'economia). Questo pragmatismo rifiuta la selezione naturale come dottrina economico, politica e soprattutto morale. Detto pragmatismo cattolico si fonda su un «realismo spirituale» (che si oppone al realismo un po' cinico, visto sopra), che cioè è la fede che fa i miracoli. Non saprei dire quanto questi intenti siano facilmente sostenibili in questo momento, data l'emergenza sanitaria, ma certo ora tutti, qui da noi, ci stanno provando «eroicamente». Ma non saprei neppure assicurare il lettore di quanto questo realismo spirituale sia condiviso interamente dalla autorità morale. Comunque se questi diversi pragmatismi non si concilieranno, metà Europa farà scelte contrastanti con l'altra metà . Il risultato sarà un disastro nella lotta al virus, un disastro nei risultati economici, un disastro politico con la fine definitiva del progetto europeo. Ma sarebbe anche un disastro nelle conseguenze morali, perché si accentuerebbe una sfiducia verso l'autorità morale che non ha saputo intervenire. Infine sarebbe un disastro per l'intera civiltà, che ha rifiutato le radici cristiane, ma ne ha beneficiato oltremodo finora.
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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