2019-06-12
Trump ricomincia a martellare l’euro: «È troppo basso, la Fed muova i tassi»
Il presidente americano attacca ancora una volta il surplus commerciale tedesco. Mossa in vista delle elezioni del 2020.Qual è al giorno d'oggi il nemico numero uno della moneta unica? Se provando a rispondere a questa domanda vi venisse in mente la faccia di Claudio Borghi, deputato leghista inventore dei minibot, oppure di Alberto Bagnai, presidente della commissione Bilancio del Senato e autore de Il tramonto dell'euro, vi sbagliereste di grosso.L'avversario principale della valuta continentale si trova oltreoceano, e risponde al nome di Donald Trump. Quando in Europa era appena passata l'ora di pranzo il presidente americano, infatti, ha aperto Twitter e ha fatto partire i suoi strali. Rilanciando un articolo pubblicato da Bloomberg sull'esplosione del turismo in Europa, Trump ha infatti così commentato: «Questo accade perché l'euro e le altre monete sono svalutate rispetto al dollaro, è ciò crea un grosso svantaggio agli Stati Uniti». Nel pezzo citato dal presidente americano viene illustrato il fenomeno dell'overtourism, che si verifica quando una località vede aumentare vertiginosamente la propria densità turistica. Caso simbolo è quello relativo alla cittadina croata di Dubrovnik, divenuta famosa per essere stata scelta per alcune scene della serie tv di Il trono di spade, e che ha registrato un incremento dei visitatori del 53% solo nei primi tre mesi del 2019. Uno studio realizzato dal Parlamento europeo nel 2018 evidenzia che buona parte delle 105 località interessata da questo fenomeno si trova in Europa: si va da Venezia a Dublino, ma non mancano mete più insolite come Rodi, Bucarest, Tallin (capitale dell'Estonia) e Sintra, in Portogallo. Ovviamente, per chi arriva da fuori la forza della valuta gioca un ruolo chiave. Da questo punto di vista è difficile dare torto al presidente americano: solo negli ultimi 12 mesi la moneta americana si è apprezzata del 4%. Sembra una cifra risibile, ma per i turisti significa comunque avere in tasca 40 euro in più ogni 1.000 euro. Se prendiamo in esame un arco temporale più lungo, la differenza è ancora più sensibile. Da quando nel 2008 l'euro ha raggiunto il suo massimo, sfiorando 1,6 nei confronti del dollaro, è iniziata una lenta ma costante discesa. Ormai da almeno quattro anni e mezzo l'euro staziona stabilmente sotto quota 1,2. Una parabola che ha permesso al Vecchio continente di avvantaggiarsi in maniera competitiva nei confronti delle realtà presenti sull'altra sponda dell'Atlantico.Naturalmente la questione non riguarda esclusivamente il campo turistico. L'attacco del presidente è rivolto all'industria tedesca e al suo contributo determinante nell'esplosione del surplus commerciale della Germania. La bilancia dei pagamenti di Berlino è in crescita fin dall'introduzione dell'euro, e ha ingranato un ritmo vertiginoso negli anni successivi alla crisi, tanto che il surplus ha superato l'8% in rapporto al Pil nazionale.D'altronde non è la prima volta che l'amministrazione Trump attacca la Germania e la moneta unica. Nel 2017, dunque pochi mesi dopo l'ascesa alla Casa Bianca, dalle pagine del Financial Times il consigliere nazionale del Commercio a Washington, Peter Navarro, puntava il dito contro i tedeschi, colpevoli di sfruttare una moneta unica «ampiamente svalutata». Nella stessa occasione, Navarro definiva l'euro «un implicito marco tedesco». La reazione non si fece attendere e da Berlino la cancelliera Angela Merkel ribatté spiegando che il suo Paese aveva «sempre chiesto alla Banca centrale europea di portare avanti una politica indipendente, come faceva la Bundesbank prima che l'euro esistesse».Dopo poco più di due anni, dunque, torna lo spettro di una guerra delle valute. Nello scacchiere geopolitico la questione si inquadra nell'ambito dei rapporti commerciali sempre più tesi con il resto del mondo. Tuttavia, la sparata di Trump ha inevitabili ripercussioni anche sui rispettivi fronti interni, americano ed europeo. La seconda parte del tweet è un atto di accusa nei confronti della Fed («I tassi di interesse sono troppo alti»), accusata di «non aver la minima idea» delle azioni che ha deciso di attuare, e rientra nel muro contro muro che il presidente ha stabilito di mettere in atto nei confronti della Banca centrale degli Stati Uniti. Senza dubbio, tutto è accelerato dalla campagna elettorale ormai alle porte (si vota nell'autunno del 2020) e dal fantasma di una recessione che Trump non può proprio permettersi se vuole essere rieletto. Ma il j'accuse nei confronti dell'euro arriva anche in un momento difficile per la moneta unica, complici anche i minibot ormai finiti al centro del dibattito internazionale. L'impressione è che, di questo passo, si vada a grandi falcate verso quelli che Mario Draghi a proposito della distruzione dell'Eurozona suole chiamare «territori sconosciuti». Se ciò rappresenterà un bene o un male, sarà la storia a dircelo.