2020-10-08
Trump leva il segreto sui dossier Russiagate. E ora la Clinton trema
Il tweet: «Ho declassificato tutto». L'ex first lady dovrà spiegare gli intrallazzi con gli 007 per celare lo scandalo delle sue mail.Uno spettro si aggira sulla campagna elettorale americana: quello del Russiagate (e di Hillary Clinton). Nelle scorse ore, Donald Trump ha twittato: «Ho autorizzato completamente la declassificazione di tutti i documenti relativi al più grande crimine politico nella storia americana, la bufala russa. Allo stesso modo, lo scandalo email di Hillary Clinton. Nessuna secretazione!». Il presidente, che si è spinto a parlare di tentato colpo di Stato, ha poi aggiunto: «Tutte le informazioni sullo scandalo della bufala russa sono state declassificate da me molto tempo fa. Purtroppo per il nostro Paese le persone hanno agito molto lentamente, soprattutto perché è forse il più grande crimine politico nella storia del nostro Paese. Agite!» Significativamente i tweet di Trump sono arrivati poche ore dopo che il Director of National Intelligence, John Ratcliffe, aveva desecretato alcuni spinosi documenti. Documenti - anticipati la settimana scorsa dallo stesso Ratcliffe in una lettera indirizzata al Senato - che mostrano come nel 2016 la Cia avesse informato Barack Obama e l'Fbi in merito a un rapporto dell'intelligence russa, secondo cui Hillary Clinton avrebbe ordito un piano per mettere in difficoltà Trump nel corso della campagna elettorale di allora: in particolare, l'ex first lady avrebbe cercato di connettere strumentalmente il candidato repubblicano all'hackeraggio russo dei server del Partito democratico americano, con lo scopo di distogliere l'attenzione dallo scandalo delle proprie email. Insomma, se il contenuto di queste carte risultasse vero, significherebbe che gran parte della faccenda Russiagate sia null'altro che una montatura, approntata dalle galassie clintoniane con lo scopo di abbattere un avversario elettorale. Va indubbiamente sottolineato che il rapporto dell'intelligence russa non fosse verificato. E, in tal senso, i democratici sono andati all'attacco, sostenendo che quel materiale risulti «disinformazione russa». Una tesi respinta tuttavia da Ratcliffe già la settimana scorsa. Effettivamente, se ci fosse stata totale certezza che quelle informazioni fossero fasulle, non si capisce per quale ragione la Cia si sarebbe presa la briga di avvertire non solo l'Fbi ma Obama in persona. Non risulta tra l'altro al momento che il Bureau - differentemente da quanto avvenuto con Trump - abbia avviato alcuna indagine sulla campagna dell'ex first lady. Per quale ragione? Lo stesso ex direttore dell'Fbi, James Comey - interpellato la settimana scorsa in Senato su questa comunicazione da parte della Cia - si è trincerato dietro un'improbabile smemoratezza. Del resto, che la Clinton potesse aver dato l'ok a una simile macchinazione è reso plausibile anche dal fatto che fu proprio lei a figurare tra i finanziatori del dossier dell'ex spia britannica Christopher Steele: fascicolo che rappresentò inizialmente l'architrave dell'impianto accusatorio del Russiagate, per poi rivelarsi tuttavia sostanzialmente infondato. È chiaro che il presidente americano voglia accelerare la controffensiva sul Russiagate come arma elettorale: soprattutto in una fase in cui l'inchiesta del procuratore John Durham sembra vagamente sparita dai radar. Nel frattempo, dopo essersi tenuto ieri sera il confronto televisivo tra Mike Pence e Kamala Harris, si è tornati a parlare di dibattiti presidenziali. Joe Biden, nelle scorse ore, ha fatto una parziale marcia indietro, sostenendo che non parteciperà al duello tv previsto per il 15 ottobre, se Trump sarà ancora malato. Un Trump che, dal canto suo, ha invece espresso l'intenzione di voler essere sul palco e che non ha esitato ieri a bollare l'avversario come un «pazzo». Biden intanto prosegue il suo tour elettorale: in questi giorni visiterà Nevada e Arizona. Non si fermano intanto i contagi all'interno della Casa Bianca: a risultare positivo martedì scorso è stato il consigliere del presidente, Stephen Miller. Tutto questo, mentre Anthony Fauci ha dichiarato che l'epidemia al 1600 di Pennsylvania Avenue si sarebbe potuta evitare. Non è invece al momento ben chiara la situazione per quanto riguarda le trattative parlamentari sull'approvazione di un nuovo pacchetto economico per la crisi del coronavirus. In un primo momento, il presidente - che continua a lavorare in isolamento alla Casa Bianca - aveva esortato su Twitter i repubblicani a bloccare i negoziati con i democratici. Successivamente, nella giornata di ieri, ha invece chiesto al Congresso di dare il via a una nuova tornata di assegni da 1.200 dollari per i cittadini americani. Frattanto, sempre ieri, una corte federale ha respinto il tentativo di Trump di bloccare la richiesta, avanzata da un grand jury, per ottenere la sua dichiarazione dei redditi. Nonostante lo schiaffo, i togati hanno comunque garantito al presidente il tempo per un eventuale ricorso alla Corte Suprema.