
Il noto tweet del leader Usa sembrava far presagire un'asse Roma-Washington. In realtà, alla Casa Bianca importavano poche cose e subito: dal 5G al caso della spia russa. Ottenute quelle, ci ha messo fuori dai giochi.È bastato un tweet con refuso di Donald Trump per immaginare che, dentro Giuseppi e fuori Matteo, la politica degli Usa svoltasse tutta a favore del nostro Paese. La realtà è invece molto più complessa del racconto che se ne fa ed è bene valutare le uscite del numero uno della Casa Bianca nel contesto temporale adeguato. Trump agisce spesso per portare a casa obiettivi nel breve termine. Così è stato per queste tre settimane di governo. Gli Usa avevano necessità che il nostro governo trasformasse in legge il testo preparato da Giancarlo Giorgetti in modo da blindare i perimetri della cybersecurity, che tradotto significa anche 5G. Pronti, via e durante il primo consiglio dei ministri passa subito il decreto che martedì sera ha concluso il suo iter. Esattamente ciò che la diplomazia americana attendeva. Il testo ha sicuramente dei coni d'ombra e non si comprende esattamente quale sia la filiera dei controlli e a chi spetti prendere decisioni su hardware o software da bannare. Non è facile nemmeno capire come sarà armonizzato con le altre leggi europee (essendo il testo italiano il più apro), sembra invece da dare per scontato che il Dis (dipartimento delle informazioni per la sicurezza) acquisirà più poteri e dunque avrà modo di dialogare direttamente con le intelligence straniere. In questo modo la nuova legge non è di per sé un muro contro Huawei o gli altri produttori cinesi pronti a buttarsi nel 5G, ma è uno strumento gestibile in breve tempo in base alle scelte geopolitiche o agli accordi che si faranno con i Paesi partner e gli altri membri della Nato. Messa sul piatto tale condizione, gli Stati Uniti si sono occupati della presunta spia russa Alexander Korshunov arrestato in Italia mentre l'Fbi si occupava di un ingegnere italiano. Maurizio Bianchi è finito sotto indagine assieme al russo e stando alle indiscrezione avrebbe collaborato con il moscovista sulla piattaforma del vettore Avio. Secondo ipotesi investigative, uno dei possibili motivi dell'esplosione del razzo Vega ricondurrebbe al sabotaggio. Nel mirino non ci sarebbe stato il razzo italiano, ma il carico che stava trasportando: Falcon Eye, il primo satellite spia degli Emirati Arabi. Un apparato potentissimo, venduto dalla Francia per una cifra superiore a mezzo miliardo di euro, che avrebbe permesso ai generali emiratini di individuare qualsiasi oggetto con altissima precisione: i suoi visori ottici possono fotografare un'area di venti chilometri con una definizione di settanta centimetri. Insomma, uno strumento strategico per le crescenti ambizioni militari degli Emirati, che permetterebbe loro di condurre ricognizioni senza limiti e senza confini. Un tale atto di spionaggio sembra implicare un circuito estremamente ampio di collaboratori tanto da far allarmare persino il presidente della Casa Bianca. Sostenere Giuseppi Conte -così l'ha chiamato nel tweet di endorsement - era necessario per avviare subito gli arresti ed evitare che la presunta spia scappasse a Mosca o che venisse estradata. A questo punto, anche la richiesta inerente la sicurezza nazionale sembra essere stata portata a conclusione dal nostro Paese, così a Conte non rimangono altre armi da mettere sul tavolo per ottenere in cambio il vero sostegno degli Usa. Proprio nel momento in cui dovremmo giocarci tutte le carte sulla Libia. Trump è concentrato invece sull'Iran e sullo scacchiere del Golfo e non sembra interessato a mettere piede nel Maghreb e a far risalire le sue forze speciali dal Niger verso il Mediterraneo. L'Italia rischia di rimanere tagliata fuori dalle mosse attorno allo stretto di Hormuz, ora che la politica europea è di nuovo in mano alla diplomazia dem e al tempo stesso è completamente sola nelle scelte di potere in Libia, dove l'Egitto resta il player locale e alla Francia si sta aggiungendo la Germania. Mentre Conte incontrava Emmanuel Macron a Roma, Berlino ha avviato un processo di consultazioni sulla crisi libica con l'obiettivo di organizzare una conferenza internazionale. «Attraverso un costruttivo scambio di idee è stato avviato un processo di consultazioni cui sarà dato seguito nelle prossime settimane», ha detto la vice-portavoce Ulrike Demmer nella consueta conferenza stampa settimanale. «C'è questo obiettivo di una conferenza internazionale, ma c'è bisogno dei più intensi preparativi e su questo lavoriamo», ha detto ancora Demmer ribadendo quanto segnalato da Berlino lunedì scorso. «La Germania ha proposto e varato un meccanismo di consultazione» e ieri c'è stato un «primo incontro a livello di senior official» con «rilevanti partner», ha confermato la portavoce del ministero degli Esteri tedesco, Maria Adebahr. Tra questi non ci risulta sia stata invitata l'Italia. Ecco perché sarà bene che il governo si sbrighi a trovare un linea. Altrimenti, abbandonati dagli americani corriamo il rischio di finire tra le braccia dei francesi. Come affidare un agnello ai lupi.
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