2025-01-24
Donald vagheggia un’inchiesta su Biden. Sullo ius soli parte il duello con i giudici
Secondo il tycoon sarà il Congresso a decidere se indagare sul suo predecessore. Arrestati altri 460 immigrati irregolari.Donald Trump ha sparato a palle incatenate contro le grazie presidenziali che Joe Biden ha conferito ai suoi famigliari, oltre che ad alcuni funzionari e deputati antitrumpisti. «Questo tizio andava in giro a graziare tutti. E sapete, la cosa buffa, forse triste, è che non si è graziato da solo», ha detto il presidente, riferendosi al predecessore durante un’intervista rilasciata a Fox News. «Joe Biden ha dei pessimi consiglieri. Qualcuno ha consigliato a Biden di concedere la grazia a tutti tranne che a sé stesso», ha aggiunto. Si tratta di affermazioni che una parte della stampa americana ha interpretato come una velata minaccia nei confronti dell’ex inquilino della Casa Bianca. In altre parole, Trump, che ha comunque precisato che «sarà il Congresso a decidere», non sembrerebbe escludere l’ipotesi di far mettere sotto indagine il predecessore.Ora, bisognerà vedere se il nuovo presidente si muoverà realmente in questo senso o se si sia trattato di una battuta. È chiaro che, se facesse mettere sotto inchiesta Biden, si tratterebbe di una mossa controversa e istituzionalmente non auspicabile, soprattutto in un’ottica di pacificazione nazionale. Tuttavia, negli ultimi due anni, su queste colonne abbiamo spesso sottolineato che la strumentalizzazione della Giustizia, portata avanti dal Partito democratico, avrebbe finito con lo scoperchiare un vaso di Pandora. Il procuratore generale nominato da Biden, Merrick Garland, nominò il procuratore speciale che avrebbe indagato (e poi incriminato) Trump appena tre giorni dopo che quest’ultimo si era ricandidato alla presidenza. Si trattava, tra l’altro, di novembre 2022: molto tempo prima, cioè, che Biden annunciasse il ritiro dalla campagna elettorale per la riconferma alla Casa Bianca.Tutto questo, senza trascurare che, nonostante avesse sempre promesso il contrario, lo stesso Biden ha alla fine graziato suo figlio Hunter, che era stato condannato per possesso illecito d’arma da fuoco e per reati fiscali: una mossa, questa, che irritò addirittura alcuni esponenti dem. Non solo. L’allora presidente democratico ha usato il perdono anche per «scudare» in extremis alcuni dei suoi famigliari su cui pesavano fondati sospetti di attività non esattamente cristalline, oltre a rapporti economici opachi con aziende cinesi: si pensi soprattutto al fratello James. Senza poi trascurare che un’indagine della Camera aveva mostrato come Biden, da vicepresidente, avesse tenuto dei comportamenti sospettabili di traffico d’influenze. Insomma, la politicizzazione della Giustizia non è mai auspicabile. Ma è stata l’amministrazione Biden a creare dei precedenti pericolosi su questo fronte.Lo stesso ex senior advisor di Barack Obama, David Axelrod, ha ammesso che, con le sue grazie ai famigliari, il presidente uscente ha fatto un «regalo» al successore, creando un contesto che ha reso più facile a Trump conferire il perdono presidenziale a coloro che parteciparono all’irruzione in Campidoglio. Tra l’altro, lo Speaker della Camera, Mike Johnson, ha lasciato intendere che potrebbe essere avviata un’indagine parlamentare sulle grazie di Biden. Accadde già nel 2001, quando il Congresso indagò sul perdono concesso in extremis da Bill Clinton al miliardario Marc Rich: si voleva infatti capire se quel provvedimento fosse un “ringraziamento” per dei finanziamenti elettorali. Inoltre attenzione: il dipartimento di Giustizia di Biden mise nel mirino alcuni gruppi considerati sgraditi, come gli attivisti pro life. Uno di loro, Mark Houck, fu addirittura arrestato con grande spiegamento di mezzi da parte dell’Fbi nel 2022, per poi venire assolto durante il processo tenutosi l’anno successivo. Ebbene, ieri è emerso che il nuovo presidente avrebbe intenzione di concedere la grazia a vari attivisti pro life attualmente in carcere. Nel frattempo, Trump sta proseguendo con la linea dura sull’immigrazione irregolare. Secondo Fox News, tra il 21 e il 22 gennaio, l’Immigration and customs enforcement ha effettuato oltre 460 arresti di clandestini con precedenti penali per aggressione sessuale, furto e rapina. In particolare, i Paesi di provenienza interessati sono Afghanistan, Angola, Bolivia, Brasile, Colombia, Repubblica Dominicana, Ecuador, El Salvador, Guatemala, Honduras, Messico, Nicaragua, Senegal e Venezuela. Gli arresti hanno inoltre avuto prevalentemente luogo in Illinois, Utah, California, Minnesota, New York, Florida e Maryland. A Boston sono stati infine arrestati alcuni membri della pericolosa gang Ms-13. Intanto però, un giudice federale di Seattle ha bloccato temporaneamente l'ordine esecutivo di Trump per abolire lo ius soli, definedolo «incostituzionale». In tutto questo, il presidente americano sta prendendo in considerazione l’ipotesi di schierare altri 10.000 soldati alla frontiera. Trump ha anche firmato un decreto che prescrive ai dipartimenti di Giustizia, Stato e Sicurezza interna di «intraprendere tutte le azioni necessarie per respingere, rimpatriare e rimuovere immediatamente gli immigrati clandestini attraverso il confine meridionale degli Stati Uniti». La nuova amministrazione americana ha inoltre interrotto il funzionamento di Cbp One: l’app che veniva utilizzata dai migranti per prenotare appuntamenti ai varchi d’ingresso della frontiera. Insomma, è chiaro che Trump vuole usare i primi giorni di presidenza per lanciare un messaggio chiaro e incrementare la deterrenza al confine.