2018-12-07
Trump arresta la figlia di Mr Huawei. In Italia l’azienda è in lizza per il 5G
Su input Usa, il Canada incarcera Meng Wenzhou, la direttrice finanziaria del colosso telefonico di Pechino per i rapporti con l'Iran. Dietro c'è la guerra per il dominio tecnologico. Luigi Di Maio pensa a un ruolo leader in Italia per i cinesi. «Se avete qualcosa di veramente importante da dire scrivetelo a mano». È la citazione di Donald Trump riportata nell'incipit di una lunga analisi pubblicata da Limes a firma di Alessandro Aresu. L'articolo spiega la geopolitica della protezione dal punto di vista dell'intenet delle cose e della necessità da parte dell'homeland security di allargare i confini della nazione a internet e agli stessi hardware che lo veicolano. Il futuro dell'internet delle cose (la rete che consentirà lo sviluppo virtuale delle città e delle case di miliardi di abitanti della terra) passa inevitabilmente attraverso l'infrastruttura del 5G. Chi si pone come leader della quinta generazione della banda larga? Ovviamente la cinese Huawey. Donald Trump non vuole permettere il travaso di dati e informazioni. Non vuole che società cinesi diventino leader in un territorio che fino a oggi è di dominio americano. Basti pensare ad Apple e Google. Ecco perché - parafrasando di nuovo Limes - «Gli Stati Uniti si attrezzano per vincere la guerra fredda della tecnologia». E lo fanno con la modalità che tanto piace a Trump: il machete politico. Le autorità canadesi ieri hanno arrestato a Vancouver il direttore finanziario di Huawei, Meng Wenzhou, nonché figlia del fondatore, che ora rischia l'estradizione di Usa, dove è in corso un'indagine per accertare se il colosso cinese abbia violato le sanzioni all'Iran. Il metodo non è nuovo. Gli usa hanno bastonato più volte banche straniere per motivi simili. Non solo legati a Teheran ma anche altre nazioni sotto embargo. La francese Soc Gen è stata multata dalle autorità di sorveglianza di Wall Street per aver operato transazioni con Kartoum in dollari. All'epoca è bastato l'uso della banconota verde per estendere la giurisprudenza Usa anche a un territorio che nulla avrebbe a spartire. Figuriamoci a quali livelli può arrivare la Casa Bianca se decide di blindare i propri confini cibernetici e il proprio dominio tecnologico. Fino alle manette. Tant'è che ieri la Cina ha chiesto al Canada il rilascio di Meng Wenzhou. «Siamo convinti e fiduciosi che le autorità canadesi e statunitensi raggiungeranno senza dubbio una conclusione corretta e imparziale. Huawei rispetta tutte le leggi dei Paesi in cui opera, incluse quelle in materia di controllo delle esportazioni», si legge in una nota dell'azienda che a oggi fattura 92 miliardi di dollari e offre lavoro a 180.000 persone. Soprattutto fornisce soluzioni utilizzate da 45 dei primi 50 operatori telefonici e sono impiegate in oltre 170 nazioni, circa un terzo della popolazione mondiale. Se si aggiunge la volontà di diventare fornitore di 5 G si comprende facilmente la potenza di fuoco della Cina. Attraverso la rete passano i dati e vengono tracciate abitudini e consumi. Viene definita tutta la vita degli utenti e pure i segreti dei singoli governi. Per accelerare nella conquista di nuovi mercati la strategia di Huawey è quella di fare dumping sulle antenne e azzerare la concorrenza fornendo agli interessati antenne a rezzi iperconcorrenziali. Il colosso può permetterselo perché sa che fa un investimento con altri ritorni che sono principalmente geopolitici. La stessa cosa può verificarsi in Italia, dove con circa 850 dipendenti, divisi fra le sedi di Milano e Roma, ha un fatturato di 1,5 miliardi, 50% realizzato nel segmento consumer (i dispositivi digitali) e il resto suddiviso fra enterprise e carrier. Per questo motivo il vice premier Luigi Maio, in ciò sostenuto dal sottosegretario Michele Geraci si è recato in Cina per approfondire il dialogo con Huawey. Di Maio starebbe pensando a un ruolo primario per i cinesi nel 5G. Un modo, dopo aver scorporato la rete di Tim, per trovare un partner per la componente pubblica in grado di sostituirsi all'ex monopolista. Cosa penserà Donald Trump di tale progetto? Forse non ne è a conoscenza, ma se lo fosse il nostro Paese correrebbe il rischio di rimanere schiacciato tra due grosse pietre come un vaso di fine ceramica. Se gli anni Duemila sono stati caratterizzati dalla guerra per il dominio delle autostrade energetiche, adesso è il turno delle reti telefoniche. Ma la violenza è la stessa.