2018-06-27
«Troppo tardi per salvare questa sinistra»
Parla il professor Luca Ricolfi: «I democratici dovevano accorgersi prima che i problemi degli italiani non sono i diritti umani e i diritti civili. Se cambiassero rotta adesso, nessuno gli crederebbe». La diagnosi del sociologo torinese non lascia speranza: «Ormai è un fatto di classe».Una sinistra senza popolo, quindi senza voti. La tesi del professor Luca Ricolfi si è avverata, siamo davanti al baratro. Nella stagione di Matteo Salvini e Luigi Di Maio, il Pd langue senza idee, senza parole nuove, senza leader. E la fotografia del sociologo, docente di Analisi dei dati all'Università di Torino e direttore scientifico della Fondazione David Hume, è come spesso accade la più lucida e corrosiva. Professor Ricolfi, questa ennesima tornata elettorale del 2018 ha come risultato la tesi del suo ultimo libro, Sinistra e popolo. Una profezia?«In un certo senso sì, ma è dal 2000 che denuncio che la sinistra non è più di sinistra».Dove continua a sbagliare il Pd, che ha perso anche santuari come Pisa e Siena?«Il Pd sbaglia sui due punti fondamentali, ossia sulla questione della sicurezza e su quella dell'eguaglianza: sottovaluta entrambe. Ma sbaglia anche in ciò con cui le sostituisce: puntare quasi tutte le carte su diritti umani e civili significa trasformare il Pd in una specie di partito radicale, libertario e individualista. Però ormai la frittata è fatta. Doveva correggere prima la rotta, non ora che il vento soffia nelle vele populiste. Se domani cambiassero del tutto linea, nessuno crederebbe loro».È più dannoso un segretario che non si dimette mai (Matteo Renzi) o un partito Ztl che rappresenta l'alta borghesia dei centri storici?«La seconda che ha detto: il partito Ztl è più dannoso del segretario. Le colpe di Renzi sono sopravvalutate: se il problema del Pd fosse Renzi, una valanga di voti sarebbe piovuta su Liberi e uguali».Un Pd così in difficoltà avrebbe potuto rimanere un «partito rifugio» (parole sue) contro la strana alleanza M5s-Lega. Perché non è così?«Perché la gente è stufa di chiacchiere, e detesta i racconti trionfalistici. Chi vota i populisti non lo fa in base a una scelta di fondo, o a convinzioni ferme. Semplicemente pensa: Renzi è un bullo chiacchierone e inconcludente, vediamo se questi qui riescono a combinare qualcosa. Tenete presente che, qualsiasi indicatore serio si prenda (Pil, occupazione, disoccupazione, povertà), siamo agli ultimissimi posti in Europa, e su molti indicatori le cose sono peggiorate con Renzi e Gentiloni. Per cui chi si sente ripetere fino alla noia “siamo stati bravi, abbiamo portato la barca in salvo, con noi le cose vanno meglio", tutt'al più pensa ai barconi dei migranti, non certo alla barca-Italia».C'è un altro partito che soffre in silenzio nel centrodestra: Forza Italia. È un declino passeggero o un tramonto?«Tramonto, direi. A meno di un cambio completo di persone, idee, organizzazione, che però è del tutto improbabile: i vecchi tendono a conservare sé stessi, e Forza Italia è un partito culturalmente vecchio, senza guizzi e senza ricambio. Vi sembra possibile che sia ancora Maurizio Gasparri a dire la sua frasetta preconfezionata ogni giorno nei tg di Stato?».Cosa pensa di questa prima fase governativa di Matteo Salvini e Luigi Di Maio? La grinta piace agli italiani? Dalle risposte nell'urna si direbbe di sì.«Penso quel che pensano le persone normali: sull'immigrazione almeno questi ci provano a cambiare le regole, stiamo a vedere se ottengono qualcosa. Sull'economia resto della mia idea: o ridimensionano molto il programma, o ci portano al disastro. Teniamo presente che lo spread è 120 punti sopra il livello ante-elezioni, e che altrettanti punti sono destinati ad aggiungersi quando finirà il quantitative easing. Ma i politici italiani fanno il solito errore: credono che il problema sia Bruxelles, mentre il problema sono i mercati. Quando lo spread tornerà vicino a 400 punti base sarà del tutto inutile ottenere più flessibilità sui conti pubblici». Wolfgang Munchau, condirettore del Financial Times, mai tenero con noi, ha scritto che finalmente l'Italia non ha paura e l'Europa dovrà tenerne conto. Sensazione reale o passeggera?«Sensazione reale, speriamo non passeggera». L'Europa, soprattutto quella di Emmanuel Macron, è molto infastidita dal nuovo governo italiano. Perché? «Un po' è un fatto di classe. L'Europa di Bruxelles è fatta di persone istruite, estremamente educate, diplomatiche (talora anche un po' ipocrite), che reagiscono a Salvini come nei salotti si reagisce se entra un barbone, o come i nobili dell'Ottocento reagivano ai borghesi. Macron è un esemplare perfetto di questa specie di élite. Poi naturalmente ci sono i conflitti di interessi reali fra Francia e Italia, che i media italiani si ostinano a non vedere. Su questo una delle poche voci coraggiose è stata quella di Roberto Napoletano, che con Il cigno nero ha provato a spiegare un po' di cose sul nazionalismo francese».La sinistra vincente sembra rimasta solo nelle redazioni, da dove partono anatemi nei confronti degli italiani ignoranti. È una strategia o un ridotto della Valtellina?«Solo nelle redazioni? Non direi, la sinistra è ancora egemone nel mondo della cultura, dell'arte, dello spettacolo, in una parte della magistratura, nel terzo settore, e ovunque controlla il potere locale. La non-sinistra, invece, è ancora in difficoltà, perché non possiede un contro-racconto dell'Italia. È questa la forza della sinistra: finché la non-sinistra sarà impersonata da figure come Salvini, Di Maio o Berlusconi, la sinistra purosangue continuerà ad esercitare un'influenza rilevante, se non a dettar legge come in passato». Quali caratteristiche dovrà avere la sinistra del futuro per tornare a convincere il popolo e vincere le elezioni?«La sinistra italiana è così impermeabile agli input esterni che non credo proprio possa tornare a vincere cambiando sé stessa. Tendo a pensare che, se tornerà a vincere, sarà soprattutto perché gli italiani sono volubili: se neanche questi due (Salvini e Di Maio) funzionano, e Forza Italia dovesse restare appisolata come oggi, prima o poi riproveremo quelli di prima».