2023-05-20
Il tris di finali spalanca all’Italia uno scenario da padrona d’Europa
Inter, Roma e Fiorentina si giocano i trofei continentali: se José Mourinho vince col Siviglia e manca i primi quattro posti in A, avremo cinque team in Champions. E se la Viola trionfa a Praga (ma perde con Simone Inzaghi) otto in vari tornei. Quel diavolaccio di Andrea G. Pinketts, scrittore noir che ha raccontato Milano e i suoi bassifondi con penna spassosa, aveva identificato il morbo di chi, nella vita, gioca il ruolo di vittima sacrificale: Il vizio del’agnello, lo chiamava. Una postura psicologica di chi si sente vittima, ma quando i giochi appaiono fatti, rifila la zampata letale, trasformandosi da preda in predatore. L’Italietta calcistica vive una sindrome analoga. Relegata alla periferia dell’impero dopo averlo dominato per anni, incapace di qualificarsi ai Mondiali con la nazionale, torna a ruggire nelle coppe europee. Azzeccando un filotto che non si ricordava da un bel pezzo. Inter in finale di Champions, Roma in finale di Europa League - e se gli juventini non avessero buttato alle ortiche la partita contro un Siviglia abbordabile, avremmo commentato una disfida tutta italiana - Fiorentina in finale nella Conference League, che sarà pure la Cenerentola delle coppe, ma in bacheca farebbe bella figura e riempirebbe d’orgoglio l’italoamericano Rocco Commisso, patron del club. Si tratta della quinta volta nella storia che la Serie A porta tre squadre agli ultimi atti dei tornei continentali. Su tre match, la possibilità di vincerne almeno uno è concreta. L’Inter, che a Istanbul se la vedrà contro il Manchester City di Pep Guardiola, ha dalla sua la leggerezza del condannato al patibolo. Il carico di responsabilità è tutto sugli inglesi, i nerazzurri possono scendere in campo senza pressione, consci, nonostante una rosa inferiore ai citizens, di non aver proprio nulla da perdere. È stata fino a oggi la forza di Simone inzaghi. Oltraggiato dai suoi tifosi per un campionato con parecchie zone d’ombra, specie dopo aver perso contro le squadre di bassa classifica, l’ex laziale ha puntellato la sua peculiarità: è un allenatore da partita secca, da coppa, non da campionato. Dopotutto i tecnici vincenti si dividono in due categorie: i maratoneti e i velocisti. Alla schiatta dei primi appartengono i Fabio Capello, gli Antonio Conte, i Max Allegri. Uomini capaci di gestire la pressione sul lungo periodo e di inanellare scudetti. I secondi invece sono più vicini alla mentalità di Carletto Ancelotti, Arrigo Sacchi, Jürgen Klopp. Non sempre numeri uno nei tornei nazionali, però implacabili nelle sfide da vincere subito. L’Inter ha superato un Milan deludente dimostrando maggior qualità complessiva. Se Inzaghi si gira verso la propria panchina, può far entrare alla bisogna Brozovic, Lukaku, in generale rimpiazzi all’altezza di chi è già in campo, se Stefano Pioli fa lo stesso, può solo contemplare la desolazione di una campagna acquisti che lui stesso ha sconfessato non facendo mai toccar palla agli Adli, ai Pobega, ai Vrancx, aggiungendo la stagione fallimentare di De Ketelaere e Origi quando sono stati chiamati in causa. I milanisti possono comunque sorridere. Uno scudetto e una semifinale di Champions in due anni sono un bottino che ricorda i giorni gloriosi, ma gli interisti hanno davanti a sé un’occasione d’oro. Il City ha strapazzato il Real Madrid 4-0, prendere un’imbarcata analoga non sarebbe disonorevole. Ma le squadre di Guardiola conoscono un solo modo di giocare e se per caso, nei primi minuti della finale, Haaland e soci, poco avvezzi a questo genere di partite, dovessero subire un gol dai nerazzurri, la gara sarebbe tutta da scrivere. Discorso a parte merita la Roma di José Mourinho. Lo special one è davvero tale. Controverso per umore istrionico e tattiche pragmatiche, sta facendo sognare Trigoria. L’anno scorso ha centrato la Conference, quest’anno ha disputato un’Europa League perfetta, con piglio camaleontico, schierando formazioni sempre diverse a seconda degli avversari da battere, diventando catenacciaro all’occorrenza, e portando a casa la pagnotta. La società non gli ha garantito una rosa formidabile, lui è riuscito con pochi danari a scritturare Matic e Dybala, fidati e veterani, e contro il Siviglia può entrare nella storia giallorossa. In Conference League, la Fiorentina di Vincenzo Italiano ha espresso un calcio sbarazzino, divertendosi. Ha piegato il Basilea dominando la gara di giovedì, in finale se la vedrà con il West Ham dell’ex rossonero Lucas Paquetà, squadra di Premier League sulla carta più attrezzata, nella pratica non irresistibile. La viola può gustarsi un bicchiere già mezzo pieno, considerando che è pure in finale di Coppa Italia. E l’Italia può leccarsi i baffi di fronte all’ipotesi di portare in Europa l’anno prossimo ben otto squadre. Cinque potrebbero approdare in Champions in caso di vittoria della Roma nella finale di Europa League (e contemporaneo piazzamento fuori dalle prime quattro in campionato). Mou e i suoi si andrebbero ad aggiungere alle quattro qualificate dal campionato. Le italiane nelle coppe diventerebbero otto nel caso in cui la Fiorentina conquistasse la Conference League senza vincere la finale di Coppa Italia contro l’Inter. In questo caso volerebbero in Europa le prime sette della classifica di Serie A più la viola, che accederebbe ai gironi dell’Europa League. In attesa di capire quali saranno le penalizzazioni per la Juventus.
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