2023-07-04
Il salario minimo è un autogol ma Tridico non lo sa
Pasquale Tridico (Imagoeconomica)
L’ex presidente dell’Inps, muto fino a quando era in carica, si sveglia all’improvviso per dire che la misura farebbe incassare allo Stato 1,5 miliardi. In realtà, rischia di impoverire la maggioranza dei lavoratori. Pasquale Tridico ha scoperto come far guadagnare allo Stato 1,5 miliardi: secondo l’ex presidente dell’Inps, sarebbe sufficiente introdurre il salario minimo e ogni anno le casse pubbliche non soltanto incasserebbero più Irpef e più contributi, ma spenderebbero anche meno in sussidi. Insomma, l’uovo di Tridico è così incredibilmente banale da spingerci a chiedere perché nessuno prima dell’intervista alla Stampa del suddetto professore ci avesse pensato. Soprattutto, viene spontaneo interrogarsi sulle ragioni che hanno spinto l’economista dell’Università di Roma Tre a non proporre anni fa questa straordinaria soluzione ai problemi nazionali. Fino all’altro ieri, Tridico era a capo del più grande ente previdenziale d’Europa, nel senso che non era un semplice docente e nemmeno un passante. Nel periodo che va dal 2019 a oggi ha ricoperto un incarico di enorme rilevanza ed era considerato l’esperto in materia di lavoro del Movimento 5 stelle. Nel primo governo Conte infatti, fu a un passo dalla nomina a ministro e solo all’ultimo Luigino Di Maio gli soffiò la poltrona. E dunque, anche senza essere stato nominato alla guida di un dicastero economico, da presidente di un ente che ogni mese pagava quasi 18 milioni di prestazioni pensionistiche, poteva dire la sua su come risolvere il problema dei salari e pure quello dei conti dello Stato. E invece no, il professore ha tenuto tutto per sé, decidendo di vuotare il sacco solo ora che non conta più niente. Adesso parla di una misura necessaria, che darebbe impulso al bilancio dello Stato, ma anche alle categorie più bistrattate, a cominciare dalle donne per finire ai giovani, senza però dimenticare i migranti, i quali «non sarebbero più ricattabili, né costretti ad accettare ogni sopruso». E già che si è convinto a spararle grosse (forse in vista di una sua possibile candidatura alle prossime elezioni europee, che gli eviterebbero di dover tornare all’insegnamento e, ça va sans dire, a uscire di scena), Tridico arriva addirittura a spiegare che l’aumento degli occupati registrato negli ultimi mesi non è dovuto ai tagli al reddito di cittadinanza, come qualcuno sostiene, ma a «un effetto ottico e statistico». Sì, ha detto proprio così, come se coloro che hanno osservato i numeri delle ultime rilevazioni Istat siano affetti da uno strabismo o incapaci di leggere correttamente le cifre. Ma forse sarebbe ora che il professore inforcasse gli occhiali per scorrere la memoria che l’Adapt, associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del lavoro e sulle relazioni industriali, ha presentato due settimane fa alla Camera, durante un’audizione della commissione Lavoro. Il gruppo di esperti guidati da Michele Tiraboschi, cioè dall’erede del pensiero di Marco Biagi, ha spiegato senza giri di parole non solo che il salario minimo legale che tanto piace a Tridico e compagni «non è di per sé una garanzia di retribuzione minima adeguata», ma che paradossalmente, l’introduzione di una retribuzione oraria fissata per legge «rischia di indebolire il sistema di rappresentanza e la funzione dei contratti collettivi». In altre parole, oltre a non servire per assicurare salari più elevati, c’è pericolo di indebolire le garanzie offerte dai contratti nazionali. Il contrario, dunque, di ciò che si vuole ottenere. Così il lavoro povero continuerebbe a essere tale e chi oggi è tutelato dalla contrattazione collettiva ne vedrebbe annullati gli effetti. Un boomerang, dunque? Più o meno.Soprattutto un gioco che non vale la candela, perché nel tentativo di far aumentare le paghe a una minoranza, c’è la concreta possibilità che l’intervento legislativo le abbassi alla maggioranza. Occorre a questo punto chiarire un concetto: nonostante le cifre sparate a casaccio dalla sinistra (e anche da alcuni giornalisti), il salario minimo riguarda solo poche centinaia di migliaia di lavoratori che oggi hanno retribuzioni orarie più basse rispetto a quelle medie. Infatti, se la soglia che si intende adottare è di 9 euro lordi, come dice la proposta del Movimento 5 stelle, sarà opportuno leggere la nota Adapt che si richiama ai dati Istat, secondo cui in Italia il valore medio della retribuzione lorda per i lavoratori regolari è di 18,2, che diventa di 17,1 euro se si computano anche i lavoratori irregolari. Quanto ai 4 milioni di dipendenti considerati a bassa retribuzione, va chiarito che di questi solo 412.000 sono lavoratori standard (cioè, con contratti di lavoro a tempo determinato e a tempo pieno). Spiegano gli esperti: «Il lavoro povero non è in generale legato a bassi livelli di retribuzione oraria, ma è invece determinato dalla diffusione del lavoro irregolare».Traduco: se si hanno paghe basse non è perché la retribuzione è da fame, ma per via del lavoro nero, del precariato, dei contratti a tempo. Dunque, chi pensa che fissando a 9 euro lordissimi si risolverà il problema dei salari minimi (facendo guadagnare 1,5 miliardi l’anno allo Stato), sta prendendo una cantonata, perché si stabilizzano al ribasso stipendi che, se regolari, sono già più alti. Ma la lezione alla Camera di Michele Tiraboschi e dei suoi, Tridico deve essersela persa.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
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