I magistrati annunciavano di avere richiesto l’archiviazione integrale per le posizioni del notaio Urs Robert von Gruenigen, Lapo e Ginevra Elkann; mentre per John e per il commercialista Gianluca Ferrero l’archiviazione parziale per il delitto di dichiarazione infedele. Quindi la Procura faceva sapere di avere espresso parere favorevole alla richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova presentata da John Elkann e alla richiesta di patteggiamento presentata da Ferrero.
Nel medesimo comunicato gli inquirenti dichiaravano «accertati redditi non dichiarati per circa 2,485 miliardi di euro nonché una massa ereditaria non sottoposta a tassazione per un valore pari a circa 1 miliardo».
I magistrati spiegavano anche che era stato possibile «ricostruire come fittizia la residenza svizzera di Marella Caracciolo» e che i pareri favorevoli alla definizione del procedimento penale erano «conseguenti» al versamento nelle casse dell’Erario di 183 milioni di euro da parte degli indagati, somma che estingueva «integralmente il debito tributario, comprensivo di sanzioni cd interessi».
Ma la ricostruzione della Procura non ha convinto il gip Antonio Borretta che ha ordinato l’imputazione coatta per John e Ferrero.
I pm, come detto, avevano ritenuto di riqualificare l’iniziale ipotesi di «dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici» prevista dall’articolo 3 del decreto legislativo 74/2000 (pena da 1 anno e 6 mesi a 6 anni) nella più lieve ipotesi (articolo 4 dello stesso decreto) che incrimina la dichiarazione infedele (pena prevista da 1 a 3 anni).
Nella loro richiesta i pm avevano così spiegato i motivi della loro decisione: «Gli artifici e raggiri posti in essere da Gianluca Ferrero e John Elkann, in concorso con la defunta Marella Caracciolo, volti alla costruzione ed al “presidio” della falsa residenza estera, appaiono in via primaria finalizzati al mancato versamento dell’imposta di successione e, quindi, alla commissione della truffa ai danni dello Stato». La prova? Il memorandum rinvenuto in una cantina dello studio Ferrero, dove si leggeva: «Nel caso di decesso della Signora C dovremo dimostrare che il suo ultimo domicilio era in Svizzera. Ciò sarà rilevante essenzialmente per la determinazione di due competenze (oltre alla questione riguardo all’imposta di successione)…».
Per la Procura «tale aspetto» consentiva di «ritenere le dichiarazioni sostanzialmente “necessitate” e, quindi, connotate non tanto da autonoma “fraudolenza”, ma da mera infedeltà».
Anche perché, essendo riferite alle annualità 2018 e al 2019, «risultano, di fatto, coeve rispetto alla commissione del delitto» di truffa e per questo, secondo la Procura, a maggiore ragione, andrebbero considerate «atti connessi all’omessa presentazione della dichiarazione di successione e necessari al fine di supportare tale condotta criminosa».
Ma la clemenza dei pm non era motivata solo da questo ipotetico «assorbimento», ma anche dal «ravvedimento operoso» di John Elkann, che ha estinto «il debito tributario […] mediante versamenti per complessivi 182.695.833,53 euro».
Per la Procura, inoltre, la dichiarazione in cui si attestava falsamente la residenza svizzera di Marella avrebbe avuto come obiettivo non solo il mancato pagamento della tassa di successione, ma anche il riconoscimento della validità del patto successorio che, di fatto, escludeva dall’asse ereditario Margherita. Insomma l’evasione fiscale non sarebbe stato altro che un positivo effetto collaterale.
Il gip, nella sua ordinanza, ha stroncato questa interpretazione favorevole al principale indagato: «Non può essere condivisa, in particolare, e in primo luogo, la riqualificazione giuridica dei fatti […] sulla base del presupposto che le condotte fraudolente erano direzionate “in via primaria” al mancato versamento dell’imposta sulla successione e quindi alla realizzazione della truffa. Infatti il dolo specifico di evasione non è escluso» quando chi commette il reato «abbia perseguito oltre all’obiettivo primario […] anche un diverso fine» ha scritto Borretta. Una «finalità parallela» già riconosciuta dalla Cassazione.
Ma il gip non smette di bacchettare gli inquirenti e il presidente di Stellantis: «Nel caso di specie, anche a voler ammettere che l’obiettivo primario perseguito dagli indagati John Philip Elkann e Gianluca Ferrero fosse quello di non versare l’imposta sulla successione di Marella Caracciolo, è indubbio che essi conoscessero e condividessero, godendone, anche i conseguenti, ingenti, benefici fiscali derivanti dalla fraudolenta “esterovestizione” della residenza» di Marella, «attuata mediante artifizi e raggiri e poi “presidiata” nel tempo, e dalla conseguente presentazione di dichiarazioni dei redditi privi di elementi attivi che invece avrebbero dovuto essere indicati». Per Borretta «si trattava non di cifre di importo trascurabile, bensì di cifre ampiamente superiori alla soglia di 30.000 euro indicata nella norma incriminatrice e al 5% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati nelle dichiarazioni».
L’esterovestizione avrebbe prodotto, sottolinea il giudice, «fra le altre cose, una consistente evasione dell’imposta sul reddito prodotto dalla predetta». «Anzi», per Borretta, «il risultato immediato e certo delle predette condotte, è stato proprio il risparmio di spesa derivante dell’evasione delle imposte, realizzato per plurime annualità, essendo incerta la data di decesso» della donna e, in più, «John Elkann aveva un interesse evidente a realizzare detta operazione, indirettamente accrescitiva del patrimonio […], essendo diretto ed unico erede (unitamente ai suoi fratelli) della nonna».
Per questo il giudice ha respinto la richiesta di archiviazione e ha ordinato ai pm «la formulazione dell’imputazione, apparendo la condotta tenuta dagli indagati penalmente rilevante».
Ha pure aggiunto che «non risultano necessarie ulteriori indagini da compiere, essendo allo stato degli atti possibile formulare una ragionevole previsione di condanna dei predetti per il reato di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 74/2000».
Infine, il gip, nel suo provvedimento, disinnesca in partenza le prevedibili obiezioni degli avvocati: «In conclusione, per completezza, deve rammentarsi che non è abnorme, né in alcun modo impugnabile, il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari, nel rigettare la richiesta di archiviazione, ordini al pubblico ministero di formulare l’imputazione nei confronti dell’indagato per il medesimo fatto, diversamente qualificando il titolo di reato rispetto a quello individuato dal pubblico ministero». il quale, però, convinto della propria tesi, potrebbe chiedere il proscioglimento degli imputati già in occasione della prossima udienza preliminare
Borretta ha, invece, disposto l’archiviazione completa nei confronti di Ginevra, Lapo e von Gruenigen.
Nel frattempo un altro gip, Giovanna De Maria, ha convocato una nuova udienza per l’11 febbraio per studiare la memoria presentata dai legali di John Elkann e fare degli approfondimenti sulla messa alla prova.
Lo stesso giudice ha anche rinviato al 21 gennaio l’udienza dedicata alla proposta di patteggiamento di una pena pecuniaria di circa 73.000 euro presentata dal commercialista Ferrero. Gli avvocati degli indagati hanno annunciato che depositeranno «ricorso per Cassazione» contro la decisione di Borretta, «eccependone l’abnormità». E hanno commentato: «Pur esprimendo la nostra soddisfazione per le archiviazioni disposte dal gip, la sua decisione di imporre al pm di formulare l’imputazione per John Elkann è difficile da comprendere, perché in contrasto con le richieste dei pubblici ministeri, che erano solide e ben argomentate per tutti i nostri assistiti». La conclusione dei legali è perentoria: «Ribadiamo la nostra ferma convinzione che le accuse mosse a John Elkann siano prive di qualsiasi fondamento e riaffermiamo la forte convinzione che egli abbia sempre agito correttamente e nel pieno rispetto della legge. La scelta di John Elkann di aderire a un accordo non implica alcuna ammissione di responsabilità ed è stata infatti ispirata solo dalla volontà di chiudere rapidamente una vicenda personale molto dolorosa».