«Trapianto? La puntura non c’entra». Ma scrivete il contrario

«Trapianto? La puntura non c’entra». Ma scrivete il contrario
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In riferimento all’articolo «Negato il trapianto perché non mi vaccino», pubblicato l’8 luglio dalla testata La Verità a firma di Patrizia Floder Reitter, l’Azienda Ospedale Università di Padova smentisce con forza il contenuto degli stessi articoli, puntualizzando quanto segue. Come rappresentato più volte al paziente da parte del prof Federico Rea, direttore della Chirurgia toracica dell’Azienda, «non vi è alcuna “motivazione ideologica” (come riportato erroneamente nell’articolo) dietro la scelta di non procedere al tempo dei fatti con l’immediato inserimento in lista trapianti del paziente coinvolto nel caso, bensì una scrupolosa analisi da parte di numerosi professionisti medico-clinici e psichiatrici, al fine di valutare con estremo rigore ed etica deontologica l’appropriatezza del trapianto nel caso specifico. Le evidenze hanno messo in luce come l’appropriatezza del trapianto, non potesse indicare il paziente fra i soggetti da inserire nella lista trapianti; lista composta in Italia da oltre 350 pazienti all’anno, dei quali meno di 150 vede soddisfatta la possibilità di completare il trapianto, per una palese mancanza di organi e donatori sufficienti a fabbisogno. La scelta della commissione valutatrice ha inteso quindi tutelare il dovere di garantire che gli scarsi organi a disposizione possano trovare i riceventi che per caratteristiche di urgenza e di esito previsto possano evitare la dispersione di risorse così preziose». La mancata adesione alla vaccinazione Covid-19 da parte del paziente, come pure l’iniziale pretesa di ricevere un organo solo da donatore non vaccinato, poca o nessuna attinenza hanno quindi con le scelte correttamente effettuate dal prof Rea e dai medici valutatori, che hanno preso in considerazione fattori ben più ampi, fra i quali non secondaria la decisione del paziente di non dare seguito alle terapie farmacologiche indicate. Non servirebbe specificarlo, ma al fine di fugare ogni possibile dubbio o illazione su pretesi rifiuti di operare o trapiantare persone non vaccinate contro il Covid-19 l’Azienda tiene a comunicare invece che sono stati correntemente trapiantati questi pazienti non vaccinati: 4 pazienti con trapianto di rene, 3 pazienti con trapianto di polmone (intervento similare a quello preteso dal paziente oggetto degli articoli, 1 trapianto di fegato, 1 trapianto di cuore.

La direzione ospedaliera

Come mai, allora, la vostra lettera di rifiuto del trapianto di polmone, indirizzata al medico curante, dice l’esatto contrario? Scrivete di «tratti paranoici legati all’argomentazione della vaccinazione anti Covid-19», insistete solo sulla questione della mancata copertura vaccinale del signor Tollardo. A «fattori ben più ampi», che avreste valutato per ritenerlo «non idoneo», e che era doveroso spiegare, non c’è alcun cenno.

Patrizia Floder Reitter

Borghi: «Tassare le banche? Sostenibile e utile. Pur con i conti a posto l’Ue non ci premierà»
Claudio Borghi (Ansa)
Il senatore della Lega: «Legge di bilancio da modificare in Aula, servono più denari per la sicurezza. E bisogna uscire dal Mes».

«Due punti in più di Irap sulle banche? È un prelievo sostenibilissimo e utile a creare risorse da destinare alla sicurezza. Le pensioni? È passato inosservato un emendamento che diminuisce di un mese l’età pensionabile invece di aumentarla. La rottamazione? Alla fine, anche gli alleati si sono accodati». Claudio Borghi, capogruppo della Lega in commissione Bilancio del Senato e relatore alla legge di bilancio, sciorina a raffica gli emendamenti di «bandiera» del suo partito con una premessa: «Indicano una intenzione politica che va, poi, approfondita». E aggiunge: «Certo, la manovra avrebbe potuto essere più sfidante ma il premier Giorgia Meloni non ha fatto mistero di volerci presentare nella Ue come i primi della classe, come coloro che anticipano il traguardo di un deficit sotto il 3% del Pil. Io, però, temo che alla fine non ci daranno alcun premio, anche perché, ad esempio, la Bce ha già premiato la Francia che ha un deficit superiore al nostro. Quindi, attenti a non farsi illusioni».

Fico oggi sbraita contro la sanatoria. Però l’ha usata per la villa al Circeo
Roberto Fico (Ansa)
Dopo il gozzo «scortato», l’ex presidente della Camera inciampa nel box divenuto casa.

Nella campagna elettorale campana c’è un personaggio che, senza volerlo, sembra vivere in una sorta di commedia politica degli equivoci. È Roberto Fico, l’ex presidente della Camera, candidato governatore. Storico volto «anticasta» che si muoveva in autobus mentre Montecitorio lo aspettava, dopo essere stato beccato con il gozzo ormeggiato a Nisida, oggi scaglia anatemi contro i condoni edilizi, accusando il centrodestra di voler «ingannare i cittadini». «Serve garantire il diritto alla casa, non fare condoni», ha scritto Fico sui social, accusando il centrodestra di «disperazione elettorale». Ma mentre tuona contro le sanatorie, il suo passato «amministrativo» ci racconta una storia molto meno lineare: una casa di famiglia (dove è comproprietario con la sorella Gabriella) è stata regolarizzata proprio grazie a una sanatoria chiusa nel 2017, un anno prima di diventare presidente della Camera.

«Il condono ripara i flop del centrosinistra»
Edmondo Cirielli e Antonio Tajani (Ansa)
L’emendamento alla manovra di Fdi mira a riattivare la regolarizzazione del 2003. Così si metterebbe mano a situazioni rimaste sospese soprattutto in Campania: all’epoca, il governatore dem Bassolino non recepì la legge. E migliaia di famiglie finirono beffate.

Nella giornata di venerdì, la manovra di bilancio 2026 è stata travolta da un’ondata di emendamenti, circa 5.700, con 1.600 presentati dalla stessa maggioranza. Tra le modifiche che hanno attirato maggiore attenzione spicca quella di Fratelli d’Italia per riaprire i termini del condono edilizio del 2003.

I senatori di Fdi Matteo Gelmetti e Domenico Matera hanno proposto di riattivare, non creare ex novo, la sanatoria introdotta durante il governo Berlusconi nel 2003. Obiettivo: sanare situazioni rimaste sospese, in particolare in Campania, dove la Regione, all’epoca guidata da Antonio Bassolino (centrosinistra), decise di non recepire la norma nazionale. Così migliaia di famiglie, pur avendo versato gli oneri, sono rimaste escluse. Fdi chiarisce che si tratta di «una misura di giustizia» per cittadini rimasti intrappolati da errori amministrativi, non di un nuovo condono. L’emendamento è tra i 400 «segnalati», quindi con buone probabilità di essere discusso in commissione Bilancio.

Merz abbatte il prezzo dell’energia per legge
Friedrich Merz (Ansa)
Con l’ok di Ursula, il governo tedesco approva un massiccio intervento sul settore elettrico che prevede una tariffa industriale bloccata a 50 euro al Megawattora per tre anni, a partire dal prossimo gennaio. Antonio Gozzi (Federacciai): «Si spiazza la concorrenza».

Ci risiamo. La Germania decide di giocare da sola e sussidia la propria industria energivora, mettendo in difficoltà gli altri Paesi dell’Unione. Sempre pronta a invocare l’unità di intenti quando le fa comodo, ora Berlino fa da sé e fissa un prezzo politico dell’elettricità, distorcendo la concorrenza e mettendo in difficoltà i partner che non possono permettersi sussidi. Avvantaggiata sarà l’industria energivora tedesca (acciaio, chimica, vetro, automobile).

Il governo tedesco ha approvato giovedì sera un massiccio intervento sul mercato elettrico che prevede un prezzo industriale fissato a 50 euro a Megawattora per tre anni, a partire dal prossimo gennaio, accompagnato da un nuovo programma di centrali «a capacità controllabile», cioè centrali a gas mascherate da neutralità tecnologica, da realizzare entro il 2031. Il sistema convivrebbe con l’attuale attuale meccanismo di compensazione dei prezzi dell’energia, già in vigore, come ha confermato il ministro delle finanze Lars Klingbeil. La misura dovrebbe costare attorno ai 10 miliardi di euro, anche se il governo parla di 3-5 miliardi finanziati dal Fondo per il clima e la trasformazione. Vi sono già proteste da parte delle piccole e medie imprese tedesche, che non godranno del vantaggio.

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