2022-01-30
Tra gli (ex) alleati è cominciata già la faida
Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi, Matteo Salvini (Ansa)
La leader di Fdi: «Il centrodestra è finito». Dal partito tuonano: «Finché resta il Capitano, col Carroccio abbiamo chiuso». Ultimo smacco alla coalizione: Carlo Nordio fa il pieno di voti. Sotto accusa pure gli azzurri, incontrollabili. È tornato il pentapartito, ma senza Dc.Sul Colle sventola balena bianca: il modo in cui si è arrivati al bis di Sergio Mattarella, la conferma a Palazzo Chigi di Mario Draghi e le contemporanee dichiarazioni di Enrico Letta e Roberto Speranza sulla necessità di cambiare la legge elettorale, perché «l’attuale», dice il segretario del Pd, «credo sia la più brutta che ci sia mai stata», sono i tre famosi indizi che costituiscono la prova: l’Italia viaggia spedita verso un ritorno al sistema proporzionale, quindi alla prima Repubblica. Con alcune differenze tutt’altro che trascurabili: a fare da baricentro al sistema non c’è più un partito di massa come la Democrazia cristiana, pur rappresentata al vertice delle istituzioni da Mattarella, ma un uomo solo al comando (e pure un po’ ammaccato dalla mancata ascesa al Quirinale), ovvero Mario Draghi, collante indispensabile di una maggioranza, quella che va dalla Lega a Leu, che per mesi abbiamo dipinto come fragilissima, e che invece si è dimostrata talmente granitica da prevalere su qualsiasi altro tentativo di costruire, intorno all’elezione del capo dello Stato, un quadro politico diverso. È naufragato, tanto per cominciare, il bipolarismo, al quale ha dato il colpo di grazia Matteo Salvini, scegliendo la strada della riconferma di Mattarella e spaccando, forse irrimediabilmente, il centrodestra, già seriamente lesionato dall’affossamento della candidatura Casellati da parte di Forza Italia e Coraggio Italia, magma centrista e proporzionalista che fa asse con Matteo Renzi. È naufragata in fretta anche l’alleanza «antisistema», che Salvini sembrava voler riesumare proponendo al Colle Elisabetta Belloni in accordo con il M5s e la stessa Meloni. Niente da fare: in questo caso è intervenuto il più democristiano di tutti i leader politici in campo, Luigi Di Maio, che in perfetta sintonia con Renzi si è incaricato di affossare la Belloni in tempo reale, pur di assestare l’ennesimo colpo sotto la cintura al suo acerrimo avversario Giuseppe Conte e sbugiardando platealmente pure il fondatore Beppe Grillo, che twittava, frettolosamente, il benvenuto alla Belloni. La Farnesina logora chi non ce l’ha, è il motto di Giggino Di Maio, che forse ha ottenuto il risultato di fregare ancora una volta Giuseppi, ma che ha fallito la sua missione principale, spedire Draghi al Quirinale. Impallinato il bipolarismo, affondato l’asse populista, è risorto il pentapartito: Lega, Pd, M5s, Forza Italia e insalatona centrista si sono accucciati ai piedi di Mattarella, non prima di essere andati a cospargersi i ciuffetti di cenere ai piedi di Draghi, dopo averlo sostanzialmente trattato come il male assoluto per otto lunghi e deliranti giorni. Nonno Mario alla fine non è riuscito a scalare il Quirinale ma resta, come dicevamo, l’unico perno del pentapartito del terzo millennio, un uomo che si fece Dc: e il Pci? Non farà piacere a Giorgia Meloni, dal punto di vista storico e culturale, l’accostamento, ma il ruolo di grande partito di massa condannato a restare all’opposizione sembra riservato a Fratelli d’Italia. Crescerà ancora nei consensi, Fratelli d’Italia, che a differenza del Partito comunista italiano, però, non può contare su una architettura paraistituzionale solidissima, con ramificazioni profonde nella magistratura, nelle università, nei media. «Tenteranno di cambiare la legge elettorale in senso proporzionale», dice la Meloni, «sappiano che noi non siamo d’accordo». Dice no al proporzionale anche Salvini, ma le giravolte di questi giorni hanno l’effetto di depotenziare ogni sua affermazione, considerati i mille cambi di direzione dell’uomo delle felpe, tutt’altro che felpato, bersagliato dagli insulti dei suoi quasi ex alleati di Fdi. «SalviniSchettino del centrodestra!», twitta impietoso Edmondo Cirielli, deputato di primissimo piano di Fratelli d’Italia, questore della Camera, tanto per far capire il clima che si respira in casa sovranista, altro termine destinato a finire in archivio, quantomeno per motivi scaramantici. «Salvini propone di andare tutti a pregare Mattarella di fare un altro mandato da presidente della Repubblica. Non voglio crederci», twitta ieri mattina la Meloni, per poi articolare diffusamente la sua durissima requisitoria contro Lega e Fi. «Il centrodestra parlamentare non esiste più», azzanna la Meloni, «bisogna rifondarlo daccapo per rispetto delle persone che vogliono cambiare e Fdi si assume questa responsabilità. Io lavoro per dare rappresentanza a quelle decine di milioni di persone che votano centrodestra. Nell’ultima riunione del centrodestra che abbiamo fatto, l’unica cosa su cui eravamo tutti d’accordo era il no alla riconferma di Mattarella». La Meloni incassa anche un ottimo risultato dalla votazione di ieri sera: il suo candidato, Carlo Nordio, ottiene 90 voti, 27 in più dei 63 grandi elettori su cui poteva contare. Segno che negli altri partiti di centrodestra in molti hanno condiviso la linea di Fdi e non quella dei loro leader. «Giorgia ci ha detto che finché ci sarà uno come lui, con la Lega abbiamo chiuso. Basta», rivela alla Verità un autorevole esponente di Fratelli d’Italia, che nemmeno pronuncia il nome di Salvini. Parole dure, ha detto proprio così? «Sì, in più occasioni. Siamo increduli e amareggiati da un tale livello di slealtà. Appena ieri (l’altro ieri, ndr) Salvini ci aveva detto che non avrebbe mai accettato Mattarella, l’uomo del Pd, l’uomo che ha penalizzato in ogni modo il centrodestra. Con questo atto», aggiunge la nostra fonte, «ha rotto una storia di 25 anni. Forza Italia? Tajani e la Ronzulli vanno a rimorchio di Salvini, ora vedremo che succede da quelle parti». Da quelle parti, ovvero dalle parti di Arcore, è arrivata una conferma: anche da un letto di ospedale, l’unico in grado di salvare il salvabile, dando l’ok a Mattarella dopo il flop Casellati, è stato Silvio Berlusconi, che è riuscito pure a stoppare Draghi. Il resto della truppa azzurra è magma incontrollabile, con i parlamentari che in questi giorni di tempesta si sono aggrappati alla scialuppa dei ministri, in particolare di Mara Carfagna e Mariastella Gelmini.
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco
Ecco #DimmiLaVerità del 18 settembre 2025. Il nostro Carlo Cambi ci rivela tutti i dettagli delle imminenti Regionali nelle Marche.