2022-12-14
Torna a salire la tensione in Nagorno-Karabakh
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La regione è sottoposta da lunedì a un blocco da parte di manifestanti azeri, che dicono di protestare per questioni minerarie. Crescono intanto le preoccupazioni della comunità internazionale. Torna a salire la tensione in Nagorno-Karabakh. Secondo quanto riferito da un comunicato del Ministero degli Affari Esteri della Repubblica d’Armenia, “la mattina del 12 dicembre 2022, un gruppo di persone dalla Repubblica dell'Azerbaigian, presentandosi come attivisti ambientalisti, hanno montato delle tende vicino Shushi, bloccando il movimento normale e senza ostacoli nel Corridoio di Lachin, creato dalla dichiarazione trilaterale firmata dal Primo Ministro della Repubblica d'Armenia, dal Presidente della Repubblica dell'Azerbaigian, dal Presidente della Federazione Russa il 9 novembre 2020, al fine di garantire il collegamento tra il Nagorno-Karabakh e l'Armenia”. “I preparativi propagandistici per la chiusura del Corridoio di Lachin sono iniziati mesi fa ed è ovvio che questa provocazione sia stata organizzata dagli organi statali dell'Azerbaigian, con l'obiettivo di isolare il Nagorno-Karabakh dalla Repubblica di Armenia e quindi dal mondo esterno”, prosegue la nota. «A seguito di questa operazione», si legge ancora, «i residenti del Nagorno-Karabakh sono stati privati del diritto alla libera circolazione, il Nagorno-Karabakh sta affrontando l'imminente minaccia di una crisi alimentare e umanitaria». «Richiamiamo l'urgente attenzione dell'intera comunità internazionale, compreso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la Copresidenza del Gruppo di Minsk dell'Osce e gli Stati membri, che le azioni dell'Azerbaigian possono portare a un disastro umanitario su larga scala. Sottolineiamo la necessità di avviare o riavviare i meccanismi internazionali per garantire i diritti e la sicurezza degli armeni del Nagorno-Karabakh e a tal fine avvieremo le consultazioni con i partner internazionali nel prossimo futuro», conclude il comunicato. Eurasianet ha affermato che i funzionari armeni hanno parlato di una «politica genocida» da parte di Baku. Secondo quanto riportato da Radio Free Europe, «i manifestanti affermano di richiamare l'attenzione su ciò che l'Azerbaigian definisce l'estrazione mineraria illegale nel Nagorno-Karabakh e l'uso della strada per trasportare i minerali in Armenia. Chiedono anche un incontro con il comandante delle forze russe, Andrei Volkov, per sapere perché non è stato loro permesso di entrare in due miniere il 10 dicembre». Eurasianet ha inoltre riferito che alcuni dei manifestanti si sarebbero offerti di aprire le strade per consentire il passaggio di chi ha bisogno di cure mediche. In tutto questo, lunedì il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Ned Price, aveva dichiarato che Washington resta concentrata sulla «necessità di allentare le tensioni e sulla necessità di avviare questi due Paesi sulla strada di una soluzione duratura e globale». Alcune preoccupazioni sono state espresse anche da Bruxelles. «L'Unione europea ha seguito con seria preoccupazione i vari sviluppi intorno al corridoio di Lachin dall'inizio di dicembre», si legge in una nota emessa martedì. «L’Ue invita le autorità azere a garantire la libertà e la sicurezza di movimento lungo il corridoio, in linea con la dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020. Le restrizioni a tale libertà di movimento causano notevoli disagi alla popolazione locale e creano preoccupazioni umanitarie». Il presidente russo, Vladimir Putin, avrebbe infine avuto delle conversazioni telefoniche con i leader armeni e azeri. Non se ne conoscono tuttavia al momento gli esiti.