2020-04-30
Torna in carcere il piromane bengalese di Milano
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Mohammed Koyel Islam era stato fermato il 18 aprile mentre appiccava il fuoco a due auto, ma era stato immediatamente scarcerato. Nuovi roghi l'hanno riportato in prigione. Torna in carcere Mohammed Koyel Islam, il ventiduenne del Bangladesh che tra venerdì 17 e sabato 18 aprile, in una strada del quartiere Città Studi, a est di Milano aveva appiccato fuoco a due automobili. L'avevano arrestato a notte fonda due agenti che stavano pattugliando la zona dopo una serie di incendi avvenuti nei giorni precedenti. Il bengalese aveva infilato uno straccio imbevuto di benzina in una Renaut. Pochi secondi, e il rogo aveva inghiottito anche il veicolo accanto, una Volvo. Gli agenti l'avevano fermato in flagranza di reato. Poche ore dopo, però, il giovane era stato processato per direttissima e aveva velocemente patteggiato una condanna a un anno e due mesi per «danneggiamento mediante incendio», cioè il reato di chi «appicca il fuoco al solo scopo di danneggiare», per il quale il Codice penale prevede una pena da sei mesi a due anni. Il giudice aveva quindi disposto la scarcerazione immediata dell'imputato, e come misura cautelare aveva ordinato l'obbligo di presentazione alla polizia. Tanta generosità aveva scatenato immediate polemiche. Anche perché era emerso che l'immigrato era un irregolare, aveva precedenti per un danneggiamento d'auto compiuto anni fa, sempre a Milano, oltre che per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. E risultava anche indagato per l'inosservanza di un ordine di espulsione del questore. Su istanza presentata dal pubblico ministero Stefano Civardi, il 28 aprile il Giudice per le indagini preliminari Guido Salvini ha disposto l'immediato arresto in carcere di Mohammed Koyel Islam. Alla luce di altri episodi di piromania, infatti, Salvini ha ritenuto che il reato imputabile nei suoi confronti non fosse il danneggiamento, ma che emergesse al contrario «la volontà di causare incendi»: quindi il reato da contestare era l'incendio doloso, per cui l'art. 423 del Codice prevede una pena ben più alta: da tre a sette anni di reclusione. Nella sua ordinanza, il giudice Salvini ripercorre la recente "storia criminale" del bengalese. Le indagini su di lui, infatti, hanno fatto emergere altri episodi, avvenuti tra il 4 e il 18 aprile, con le medesime modalità e nella medesima zona di Milano. In particolare, a Islam sono stati contestati un tentativo d'incendio del 9 aprile e un rogo del 15 aprile, per i quali «le telecamere hanno permesso d'identificare con certezza come responsabile la stessa persona che poi era stata arrestata in flagranza di reato il 18 aprile 2020». Alle 1,45 di notte del 9 aprile gli agenti di una volante avevano notato un innesco acceso sotto una Volkswagen Polo e avevano spento le fiamme. Le immagini di una telecamera nella via, acquisite, hanno consentito di individuare uno straniero «non molto alto, con carnagione scura e capelli neri e folti, indossante una tuta nera con logo bianco»: aveva piazzato l'innesco e s'era allontanato con calma. Poco dopo lo stesso uomo era stato ripreso da un'altra telecamera vicina, mentre si alzava tra una Fiat 500 e una Punto parcheggiate e s'allontanava: in quel punto gli agenti avevano rinvenivano un secondo innesco. Il 15 aprile, alle 2 del pomeriggio, sempre nello stesso quartiere milanese, era andata peggio: i vigili del fuoco avevano dovuto spegnere l'incendio di due autovetture, una Fiat 500 e una Volvo. Anche qui, una telecamera aveva immortalato l'uomo che s'accovacciava tra le auto e poi andava via senza fretta. Meno di un minuto, ed ecco l'incendio. Il giudice Salvini scrive che i «gravi indizi di reato per i fatti sopra descritti sono posti in essere da un soggetto che mostra personalità da piromane». Così, «trattandosi di un soggetto privo di lecita occupazione e che già due volte non ha ottemperato agli ordini d'espulsione», e visto «il concreto pericolo che possa reiterare i reati», mettendo in pericolo l'incolumità pubblica con nuovi incendi, il giudice Salvini ha disposto l'immediata carcerazione di Islam.
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