
L’unica autocritica del segretario dem: «Sono stato troppo ingenuo». E attacca il leader di Azione: «Ha chiamato Franceschini, non me. Lui e Renzi non sanno fare squadra. O comandano o portano via il pallone».Mamma mi si è ristretta l’alleanza. Dopo la rottura dell’accordo con il Pd deciso da Carlo Calenda, leader di Azione, si ridisegna lo scenario del centrosinistra che secondo il quotidiano britannico Guardian «esplode» e che può contare su +Europa, Sinistra italiana e Verdi mentre Matteo Renzi e Calenda puntano al terzo polo e Giuseppe Conte ribadisce che correrà da solo. A questo punto fallito il campo largo e ridimensionata la coalizione, il segretario dem Enrico Letta, ferito dal tradimento, parla e parla su tutto senza nascondere frustrazione e tormento a una cinquantina di giorni dal voto. E soprattutto continua ad accusare il leader di Azione di «scarsa affidabilità» senza fare un minimo di autocritica sulla sua ingenuità politica, incapace di guardare lontano come chi ha «occhi di tigre», mai metafora fu più inadeguata, e scegliere come alleato un «magnete per i voti del centrodestra» e che invece non s’attaccava neanche sul frigo del Nazareno. Senza ammettere il suo fallimento come federatore, missione necessaria perché, ripete Enrichetto come un disco rotto, «parlo con tutti, faccio il federatore perché questa legge elettorale lo impone. Altrimenti vince la destra». E proprio su questo Letta accusa Calenda in un’intervista al Tg1: «Il Pd sarà ancora più determinato di prima, perché è chiaro che gli italiani, con questa legge elettorale potranno decidere se essere governati da Giorgia Meloni, dalla destra o da noi. È una scelta netta, Calenda ha deciso di aiutare la destra facendo quello che ha fatto». «Enricostaisereno», però, si dice esterrefatto anche se è la seconda volta che l’ex ministro dei Parioli rompe un accordo: «Col senno di poi sono stato troppo ingenuo. Il principio fondamentale del diritto è pacta sunt servanda. Se un politico, un uomo di Stato, fa saltare gli accordi che ha firmato perché ha cambiato idea non c’è più politica, stiamo su Twitter dove si può cambiare idea ogni minuto. Ecco credo che Calenda abbia scambiato Twitter col mondo reale». Inoltre, intervistato da La Stampa, oltre a ritenere che Calenda abbia fatto di Fratoianni e Sinistra italiana «un totem gigantesco per giustificare il fatto che ha cambiato idea, quando il nostro accordo proveniva da un rapporto storico e nasceva soprattutto per il lavoro che abbiamo fatto a livello europeo con i Verdi», il segretario del Nazareno si lamenta per non essere stato avvertito: «Un fatto gravissimo nei contenuti e nel metodo: non ha chiamato me ha chiamato Dario Franceschini e poi sono stato io a telefonargli per capire che cosa stesse succedendo». Come accade quando si rompe malamente un legame, volano accuse e bugie e infatti l’uomo tutta Azione e pochi voti ribatte sui social: «Enrico, non raccontare balle, sapevi esattamente quello che sarebbe accaduto. L’hai saputo da sempre, te l’ho spiegato, ti ho incontrato giovedì e te l’ho detto e ripetuto costantemente. Non faccio politica per andare appresso a una cosa che sembra il giorno della marmotta, dove c’è una sinistra incasinata che ha dentro di tutto, dai comunisti alla Bonino». L’ammucchiata sinistrorsa, che non piace neanche tanto alla base, si è però ristretta e malgrado alle parlamentarie M5s non correranno Alessandro Di Battista, Rocco Casalino e Virginia Raggi, pentastellati duri e puri, Letta ribadisce «Nessun accordo in vista con il M5s: gli accordi sono chiusi, da oggi ognuno fa la sua corsa. È stato Conte a far cadere il governo Draghi. Si è assunto un’enorme responsabilità e per noi questo è un fatto conclusivo». Fino ad andare contro la realtà e dire quello che in politica non vale praticamente mai: «Per quanto ci riguarda le alleanze sono chiuse ed è finita». Intanto un’altra coppia di bulli sta per siglare l’accordo per quel terzo polo che può «diventare decisivo». Ma Letta ricorda: «Renzi e Calenda sono stati eletti entrambi col Pd. Sono loro ad avere un problema, non noi. Devono spiegare all’opinione pubblica quello che mi sembra evidente: non riescono a stare in un gioco di squadra. O comandano o portano via il pallone. Questa logica del centro è residuale rispetto ai comportamenti individuali, non c’è una strategia politica. E visto che non vedo una folla di elettori leghisti o di Fratelli d’Italia che corrono verso di loro, è un modo per aiutare Meloni e Salvini, non per contrastarli». Proprio dalla leader di Fratelli d’Italia, ieri Letta, in passerella a Marcinelle per il 66° anniversario della tragedia belga dove morirono 136 minatori italiani, ha rimediato una bordata sul tema immigrazione: «I migranti che attraversano il Mediterraneo come gli italiani morti a Marcinelle. Entrambi soldati di una guerra per la sopravvivenza». L’accostamento lettiano, piuttosto azzardato e decisamente retorico, ha fatto scattare la Meloni: «Ritengo che utilizzare la tragica ricorrenza di Marcinelle per comparazioni forzate e strumentali non sia un modo corretto né di ricordare gli italiani di ieri, né di affrontare il tema degli stranieri di oggi. Oggi i flussi di immigrati irregolari alimentano business inaccettabile».
Da sinistra: Piero De Luca, segretario regionale pd della Campania, il leader del M5s Giuseppe Conte e l’economista Carlo Cottarelli (Ansa)
La gabella ideata da Schlein e Landini fa venire l’orticaria persino a compagni di partito e possibili alleati. Dopo la presa di distanza di Conte, il dem De Luca jr. smentisce che l’idea sia condivisa. Scettici anche Ruffini (ex capo dell’Agenzia delle entrate) e Cottarelli.
«Continuiamo così: facciamoci del male», diceva Nanni Moretti, e non è un caso che male fa rima con patrimoniale. L’incredibile ennesimo autogol politico e comunicativo della sinistra ormai targata Maurizio Landini è infatti il rilancio dell’idea di una tassa sui patrimoni degli italiani. I più ricchi, certo, ma anche quelli che hanno già pagato le tasse e le hanno pagate più degli altri.
Jannik Sinner (Ansa)
All’Inalpi Arena di Torino esordio positivo per l’altoatesino, che supera in due set Felix Auger-Aliassime confermando la sua solidità. Giornata amara invece per Lorenzo Musetti che paga le fatiche di Atene e l’emozione per l’esordio nel torneo. Il carrarino è stato battuto da un Taylor Fritz più incisivo nei momenti chiave.
Agostino Ghiglia e Sigfrido Ranucci (Imagoeconomica)
Il premier risponde a Schlein e Conte che chiedono l’azzeramento dell’Autorità per la privacy dopo le ingerenze in un servizio di «Report»: «Membri eletti durante il governo giallorosso». Donzelli: «Favorevoli a sciogliere i collegi nominati dalla sinistra».
Il no della Rai alla richiesta del Garante della privacy di fermare il servizio di Report sull’istruttoria portata avanti dall’Autorità nei confronti di Meta, relativa agli smart glass, nel quale la trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci punta il dito su un incontro, risalente a ottobre 2024, tra il componente del collegio del Garante Agostino Ghiglia e il responsabile istituzionale di Meta in Italia prima della decisione del Garante su una multa da 44 milioni di euro, ha scatenato una tempesta politica con le opposizioni che chiedono l’azzeramento dell’intero collegio.
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala (Imagoeconomica)
La direttiva Ue consente di sforare 18 volte i limiti: le misure di Sala non servono.
Quarantaquattro giorni di aria tossica dall’inizio dell’anno. È il nuovo bilancio dell’emergenza smog nel capoluogo lombardo: un numero che mostra come la città sia quasi arrivata, già a novembre, ai livelli di tutto il 2024, quando i giorni di superamento del limite di legge per le polveri sottili erano stati 68 in totale. Se il trend dovesse proseguire, Milano chiuderebbe l’anno con un bilancio peggiore rispetto al precedente. La media delle concentrazioni di Pm10 - le particelle più pericolose per la salute - è passata da 29 a 30 microgrammi per metro cubo d’aria, confermando un’inversione di tendenza dopo anni di lento calo.






