2020-10-31
«Topi nei camerini e insetti sul cibo. I lavori da incubo all’hotel Plaza»
Giuseppe Conte e Olivia Paladino (Ansa)
Una cameriera che ha prestato servizio nell'albergo di proprietà del «suocero» del premier Giuseppe Conte: «Attendo ancora i pagamenti». Denuncia per l'intervento della scorta di Giuseppi contro le «Iene» L'intervento che ha fatto da scudo alle domande che le Iene volevano porre a Olivia Paladino, la compagna del premier Giuseppe Conte, è finito in Procura. Da un lato c'era l'inviato Filippo Roma, dall'altro la Paladino. E al centro c'erano degli uomini che, come ha ricostruito ieri la Verità, avevano tutta l'aria di far parte della scorta del presidente del Consiglio.«Si sono frapposti tra noi e lei, ma non ci hanno identificati», spiega Filippo Roma. Il tutto è avvenuto davanti a un piccolo supermercato di via Fontanella Borghese a Roma. La Paladino si era rifugiata lì per scansare l'inseguimento con microfono e telecamera. Una persona che era presente ha raccontato ai cronisti che le domande erano sulla storia dell'hotel Plaza, del quale il papà della compagna di Giuseppi è amministratore. L'hotel è comunque controllato anche da Olivia, che con la sorella Cristiana possiede il 47,5 per cento a testa della Srl Agricola monastero Santo Stefano Vecchio, la quale direttamente (10,6 per cento delle quote) e attraverso altri veicoli (Immobiliare Splendido e Immobiliare Archimede) controlla la Srl Unione esercizi alberghi di lusso, la società del Grand hotel Plaza.Rocco Casalino, portavoce del premier, è stato chiaro: «Non intervengo su questo». Poi ha chiuso le comunicazioni. Ora, però, sulla questione potrebbe aprirsi un fronte giudiziario: Roberta Angelilli, ex eurodeputata e componente dell'esecutivo di Fratelli d'Italia, ieri mattina, dopo aver letto La Verità, è andata dai magistrati per segnalare «la necessità dell'intervento della pubblica autorità per la presenza di condotte che potrebbero essere contrarie alla legge». E ha spiegato: «Se effettivamente la Paladino avesse usufruito di agenti della scorta del presidente del Consiglio, si sarebbe verificato un uso improprio di personale con funzioni di sicurezza relative a soggetti che ricoprono funzioni pubbliche». E ha chiesto di «valutare gli eventuali profili d'illiceità penale e, nel caso, di individuare i possibili soggetti responsabili al fine di procedere nei loro confronti».Il punto da chiarire, infatti, è proprio legato alla qualifica degli uomini intervenuti. Chi erano? Con i giornalisti non si sono qualificati. E allora Angelilli ha messo tutto nero su bianco e ha presentato una «denuncia-querela». Ma non è l'unica questione che riguarda i Paladino finita davanti alle toghe. A fine novembre si discuterà l'istanza di revoca presentata al gup di Roma dal difensore di Paladino, l'avvocato Stefano Bortone, contro la condanna per peculato a 1 anno, 2 mesi e sette giorni passata in giudicato nel 2019 per il mancato versamento di oltre 2 milioni di tasse di soggiorno al Comune di Roma tra il 2014 e il 2018. Grazie a quel patteggiamento Paladino ha ottenuto indietro i soldi sequestrati dalla Procura e li ha restituiti al Campidoglio. Poi è intervenuta la conversione in legge del Decreto rilancio del 19 maggio 2020, che ha depenalizzato la condotta di omesso versamento delle tasse di soggiorno, qualificandola non più come reato di peculato, ma come un illecito amministrativo. E infine ci sono le istanze dei lavoratori.«Ho dovuto prendere le vie legali perché non sono stata stipendiata e non è stato riconosciuto il mio lavoro. Ho ricevuto soltanto il denaro di settembre e ottobre, novembre è da ricalcolare, dicembre e gennaio niente». Comincia così il racconto di E.S., cameriera straniera con accento romanesco. «Verso la fine dello scorso gennaio sono andata all'Inps per delle pratiche di mio marito. Quando ero davanti all'impiegata avevo come un pallino in testa, sentivo che al lavoro da me qualcosa non andava, allora le ho detto “può guardare la mia posizione?". L'ho scoperto così, per caso, che non avevo il contratto, dato che venivano rinnovati di mese in mese». E ancora: «Ero disperata e delusa. Ho dovuto chiamare l'Inps per avere il Cud, in modo da presentare la dichiarazione dei redditi. Per quanto riguarda la vertenza il Covid ha allungato i tempi, ma sono fiduciosa». La lavoratrice ha raccontato di aver dovuto fare delle vere e proprie battaglie al Plaza: «All'inizio non potevamo mangiare all'interno del luogo di lavoro, né ci davano dei buoni pasto. Certe litigate, poi alla fine avevamo un piatto di pasta».Poi c'erano gli orari, «che a volte», spiega, «andavano oltre il dovuto». E la divisa, capo da 40 euro, «che ci avrebbero dovuto fornire ma che portavamo noi da casa». E. S. è ancora molto arrabbiata: «Negli ultimi tempi era un delirio, perché in due curavamo bar e servizio al tavolo, però magari suonava il telefono e dovevi occuparti del room service. Mi è capitato più volte anche alle due di notte di fare chiusura cassa, per fortuna l'avevo già fatto in passato perché nessuno me l'ha spiegato. Come si fa? Non sono Mandrake».A distanza di mesi ammette: «Sono dispiaciuta, perché una persona non si aspetterebbe mai da un hotel cinque stelle lusso di arrivare a questi livelli, ad una cosa del genere. A maggiore ragione perché c'è un tipo di clientela, di personale. Ho fatto il mio meglio, però non pensavo di essere trattata così».È finita a carte bollate. Ma non è l'unica a prendersela col Plaza. A gran voce M.J., giovane cameriere che a lavoro ha perso solo qualche centinaio di euro, ha tirato fuori una storia splatter con protagonisti roditori, racconta, «nel camerino dove ci cambiavamo». Il suo racconto a tratti si fa surreale: «Durante i buffet dal pavimento spuntavano le formiche, in un caso erano nel cestino del pane e l'ho cambiato prima che lo prendesse un cliente, cercando di non farmi notare». Tra i lavoratori, insomma, c'è risentimento. Anche se non sono tutti dalla stessa parte. Con A.T., per esempio, è stato inutile specificare che quelle riportate erano le testimonianze di suoi colleghi e che i cronisti avrebbero voluto raccogliere anche la sua. Difende l'azienda a spada tratta: «Sono totalmente in disaccordo con quello che avete scritto questa mattina (ieri per chi legge, ndr) sull'hotel Plaza. State dichiarando il falso a mio avviso». Il Plaza, insomma, o lo ami o lo odi.
(Guardia di Finanza)
In particolare, i Baschi verdi del Gruppo Pronto Impiego, hanno analizzato i flussi delle importazioni attraverso gli spedizionieri presenti in città, al fine di individuare i principali importatori di prodotti da fumo e la successiva distribuzione ai canali di vendita, che, dal 2020, è prerogativa esclusiva dei tabaccai per i quali è previsto il versamento all’erario di un’imposta di consumo.
Dall’esame delle importazioni della merce nel capoluogo siciliano, i finanzieri hanno scoperto come, oltre ai canali ufficiali che vedevano quali clienti le rivendite di tabacchi regolarmente autorizzate da licenza rilasciata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ci fosse un vero e proprio mercato parallelo gestito da società riconducibili a soggetti extracomunitari.
Infatti, è emerso come un unico grande importatore di tali prodotti, con sede a Partinico, rifornisse numerosi negozi di oggettistica e articoli per la casa privi di licenza di vendita. I finanzieri, quindi, seguendo le consegne effettuate dall’importatore, hanno scoperto ben 11 esercizi commerciali che vendevano abitualmente sigarette elettroniche, cartine e filtri senza alcuna licenza e in totale evasione di imposta sui consumi.
Durante l’accesso presso la sede e i magazzini sia dell’importatore che di tutti i negozi individuati in pieno centro a Palermo, i militari hanno individuato la presenza di poche scatole esposte per la vendita, in alcuni casi anche occultate sotto i banconi, mentre il grosso dei prodotti veniva conservato, opportunamente nascosto, in magazzini secondari nelle vicinanze dei negozi.
Pertanto, oltre al sequestro della merce, i titolari dei 12 esercizi commerciali sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria e le attività sono state segnalate all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, per le sanzioni accessorie previste, tra le quali la chiusura dell’esercizio commerciale.
La vendita attraverso canali non controllati e non autorizzati da regolare licenza espone peraltro a possibili pericoli per la salute gli utilizzatori finali, quasi esclusivamente minorenni, che comprano i prodotti a prezzi più bassi ma senza avere alcuna garanzia sulla qualità degli stessi.
L’operazione segna un importante colpo a questa nuova forma di contrabbando che, al passo con i tempi, pare abbia sostituito le vecchie “bionde” con i nuovi prodotti da fumo.
Le ipotesi investigative delineate sono state formulate nel rispetto del principio della presunzione d’innocenza delle persone sottoposte a indagini e la responsabilità degli indagati dovrà essere definitivamente accertata nel corso del procedimento e solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.
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