2024-07-12
La Corte dei conti tampina la Puglia per la consulente Lgbt di Emiliano
Titti De Simone e Michele Emiliano (Imagoeconomica)
Titti De Simone, ex deputata pd, è consigliere del presidente sulla parità di genere. Compenso: 65.000 euro l’anno. I giudici chiedono alla Regione di fornire «le prove dell’attività svolta» e valutano un danno erariale.La Corte dei conti ha aperto un fascicolo sulla consulenza, in corso da quasi dieci anni, svolta da Caterina De Simone (detta Titti) per la Regione Puglia. Ex deputata, ex presidente del Pd di Bari ed ex componente della segreteria nazionale dem, recentemente protagonista di una rottura col suo partito per via della candidatura a sindaco del capoluogo pugliese di Vito Leccese (lei, invece, si è candidata a sostegno di Michele Laforgia, appoggiato dal M5s, senza risultare eletta), è dal 2015 a libro paga della Regione come consigliere del presidente, Michele Emiliano, sui temi della partecipazione e della parità di genere. Il suo compenso viaggia intorno ai 65.000 euro annui, per un totale che dovrebbe dunque raggiungere i 650.000 euro. Grazie a un’inchiesta della Gazzetta del Mezzogiorno è emerso che, nonostante l’obbligo di rendicontare mese per mese l’attività svolta, nessuna relazione è stata redatta fino all’esplicita richiesta di documentazione da parte del quotidiano. Ora i magistrati contabili faranno i loro approfondimenti, per quello che rischia di essere l’ennesimo paradosso dell’Emilianistan: un’amministrazione che non vuole l’autonomia, ma poi ama fare quello che le pare.La vicenda è iniziata lo scorso 8 aprile, quando la Gazzetta ha chiesto alla Regione Puglia una «copia di tutte le relazioni annuali previste dal contratto individuale della dottoressa De Simone, tutte con data certa di deposito». In precedenza, il 14 marzo, il gruppo regionale di Fratelli d’Italia aveva portato l’attenzione sulla questione con una nota congiunta: «Dal 1° luglio 2015», scrivevano il capogruppo Francesco Ventola e i consiglieri Luigi Caroli, Giannicola De Leonardis, Antonio Gabellone, Renato Perrini e Michele Picaro, «ci chiediamo: ma Titti De Simone, consigliere del presidente per l’attuazione del programma di governo regionale, esattamente cosa fa ogni giorno negli uffici della Presidenza della Regione per costare alle tasche dei pugliesi 65.000 euro l’anno (certo lordi) […]?». «Oggi l’abbiamo capito leggendo La Gazzetta del Mezzogiorno», continuavano: «Difende i diritti Lgbtqia… soprattutto quelli della sua compagna che da tre anni organizza un Festival a Ostuni, dal nome suggestivo Sherocco, se non altro perché è il titolo del suo libro. Insomma, tutta una questione di famiglia. E così a carico dei pugliesi non abbiamo solo l’indennità che Titti De Simone percepisce, ma anche altri 115.000 euro fra Teatro Pubblico Pugliese e Pugliapromozione che percepisce la sua compagna». A quanto risulta, però, in seguito a ciò che emerso non sono stati erogati per quest’anno i finanziamenti al suddetto festival. Dieci giorno dopo la richiesta della Gazzetta, invece, è arrivato il diniego della consulente, la quale ha dichiarato di presentare «mere relazioni periodiche non obbligatorie e quindi, come tali, riservate e non ostensibili». Il 30 aprile, il gabinetto del Presidente della regione ha poi fornito alla testata giornalistica la copia del contratto in essere con la De Simone, senza tuttavia allegare le relazioni richieste, in quanto non riproducibili «sia per espressa previsione contrattuale» sia «perché aventi carattere di rigorosa riservatezza, configurandosi l’attività della consigliera quale supporto e approfondimento all’Organo politico». Il giornale ha allora avanzato un’istanza di riesame al responsabile della Trasparenza, con il risultato che la Regione ha dovuto ammettere che un’unica relazione, relativa al solo quadriennio 2021-2024, era stata depositata il 15 maggio, dunque in data successiva alle domande della Gazzetta. Inoltre, ha confermato l’obbligo in essere per la dottoressa di redigere, contestualmente alla richiesta di compenso, un’attestazione mensile a rendiconto dell’attività svolta. In altre parole, non solo è stata protocollata in ritardo un’unica relazione su un intero quadriennio (mentre in prima battuta il gabinetto ha parlato di inesistenti relazioni segrete), ma al momento non risulta presentato alcunché per quanto riguarda il periodo precedente della consulenza (iniziata, come detto, nel 2015).Successivamente all’articolo della Gazzetta che riportava questi ultimi avvenimenti, datato 1 giugno, la Procura regionale della Corte dei conti ha deciso di intervenire. Il vice procuratore Marcella Papa ha quindi chiesto alla Regione i documenti relativi all’attività della dottoressa De Simone, ma in risposta ha ricevuto le stesse carte già visionate dal giornale: il contratto, le ricevute mensili e la relazione del 14 maggio, che consta di un elenco puntato «delle attività espletate e di quelle ancora in corso». La Corte, tuttavia, non è parsa soddisfatta. Secondo quanto riportato sempre dalla Gazzetta, lo stesso vice procuratore ha ritenuto il materiale ricevuto insufficiente e lacunoso. Pertanto, non solo è stato formalmente richiesto di integrare la documentazione per dare prova dell’attività svolta fin dall’inizio della consulenza, cioè dal 2015, ma i magistrati chiedono anche di poter consultare tutti i «pareri» e le «memorie» prodotte nel corso degli anni in tema di parità di genere e partecipazione. Se la Corte accertasse che i pagamenti sono stati effettuati senza un’adeguata rendicontazione dell’attività svolta, per il dirigente che ha approvato le liquidazioni dei compensi potrebbero configurarsi i contorni del danno erariale.
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