2024-03-18
Teo Teocoli: «Io, Celentano, il Cav, Dalì... Nella vita serve improvvisare»
L’artista: «La politica? Mai interessata. E la tv non la guardo più. Non facevo il figo, lo ero. Ma Orietta Berti e la Cinquetti mi dissero di no. Quella volta a letto con la Venier».Teo Teocoli risponde al telefono da un bar tra Milano e Monza, e a metà intervista fa presente che una chiacchierata così lunga non gli sembra di averla fatta nemmeno con il New York Times: avanti così e la barista - «molto bella» - finirà per sbatterlo fuori. Improvvisa una battuta al minuto, ride spesso e non taglia la conversazione, anzi ha voglia ancora di raccontarsi. Tanta che - spiega - nei suoi spettacoli in giro per la Penisola deve contenersi «in due ore senza intervallo, ma anni fa feci cinque ore ininterrotte». È in tournée permanente, da qui a maggio ha ancora una decina di date del suo Tutto Teo. E però «tutto non ci sta».Sul palco diventa Felice Caccamo, ma pure Maurizio Costanzo e Ray Charles. Fossero tutte, le imitazioni quante sarebbero? Le ha mai contate?«Secondo me sono almeno 100».Quella che a ripensarci ha più colpito nel segno?«Cesare Maldini, perché nessuno si aspettava un personaggio così schivo e serio. Nacque per caso, mentre giocavo a calcio con lui all’Idroscalo, e c’era pure Guido Nicheli, se lo ricorda il “cumenda”, vero?«. Che trio.«La palla ci scappa lontano, e Cesare va a prenderla correndo pian piano, al rallentatore come solo i calciatori sanno fare. E io spontaneo gli faccio, con la sua voce ma uguale uguale: “Passa quella palla”. Lui si volta stupito: “Chi ha parlato?”». Rimaneste amici anche dopo l’imitazione?«Sono tutti amici, quelli che ho imitato. Pure Galliani. Che fa sorridere già di suo, ma se caratterizzato un po’ fa proprio ridere. Solo Franco Sensi si incazzò».Qualche settimana fa ha dovuto rimandare una data per infortunio, e c’è chi su Internet parla di una malattia tenuta segreta…«Posso tranquillizzare sia fan che curiosi. In questo caso sono caduto su un tavolino di vetro in casa ed è stato un mezzo disastro, ma son qui a raccontarlo quindi bene. È rimasta qualche scheggia ma con il dermatologo stiamo risolvendo. Per il resto, ho un enfisema perché ho fumato troppo nella vita, ma mi sto curando».L’anno prossimo sono 80. «Appunto: se mi guardo allo specchio son contento del mio stato fisico, non c’è male». E di carriera a quanto stiamo?«Dipende da dove si contano».Il primo disco nel 1965.«Mi sa che ho cominciato già a 5 anni, però. Cantavo e facevo battute già allora».A Milano da Taranto.«Avevano tutti una brioche, per merenda. Io, invece, mi portavo un finocchio. Ogni volta che davo un morso si girava tutta la classe. In ogni caso, come son fatto mi ha aiutato: a scuola mi hanno sempre promosso un po’ per simpatia un po’ per levarmi dai coglioni. Di interesse a erudirmi ne ho avuto sempre poco. A 15 anni già ero parte di una band».Ha raccontato di un’infanzia non facile, di un rapporto complicato con suo padre. Eppure, la comicità. Di reazione?«Non lo so perché. Ci sono nato, improvvisatore. Sono sempre stato diverso dagli altri. Guardavo le cose strane e le cose belle del mondo. Agli amici d’estate dicevo “venite a vedere, ci sono i papaveri più alti del grano”. Ed era vero, ma non mi cagavano e andavano dritti a giocare a pallone».Ha ancora il gusto di guardare ciò che gli altri non vedono?«Mi sono talmente intenerito con l’età che mi ferisce ogni sopruso su persone e animali».Un mondo feroce?«Indifferente. E non va bene. Io non lo sono».È vero che considera il talento quasi una sfortuna?«L’ho detto perché non ho imparato niente, nella vita. Avevo talento, e sono andato avanti con quello. Ma a te che sei qui al telefono con me, vorrei fartelo capire, come si può vivere inventandosi tutto, e senza nessun bisogno di appoggio. E sarà pure una vita da ignorante, ma come è interessante! E quante cose che avrei da raccontare…».La prima che le viene in mente in questo momento?«Saint-Tropez: a un ristorante tanto caro che per pagare il conto quasi dovevi lasciarci giù la macchina con cui eri arrivato, incontro Gianni Agnelli. “Piacere”, mi fa: “Ma lei è greco?”. “No, sono di Niguarda”, gli rispondo. “Ah, ma si scia da quelle parti?”».Un’altra, per favore.«I dialoghi con Salvador Dalì a Cadaqués, sotto le stelle. Io a dirgli che era tutto meraviglioso e lui a rispondermi che invece era “una mierda”. Girava con un pericoloso felino appoggiato sulla spalla e un moschetto senza pallottole. La moglie voleva far l’amore con me, e a lui non gliene importò molto».Ce lo dice se con Adriano Celentano vi siete poi risentiti? Le comunicazioni a un certo punto si sono interrotte, eppure era una grande amicizia.«A ogni Epifania eravamo a casa sua Gianni Morandi e io, a far festa. Ma l’ultima volta è stato prima del Covid. Ora è diventato ipocondriaco, si è chiuso e non permette più a nessuno di avvicinarsi».Dicono che pure lei abbia un carattere non facile.«Ma sono un buono, quasi coglione da quanto son buono. E però le litigate sono il sale della vita pure quelle».Di qualcuna si è pentito?«Non mi pento mai, sul lavoro soprattutto. Ci fu Berlusconi che mi cacciò di casa perché gli dissi di costruire Milano 2 e pure Milano 3, e che io avrei pensato a far l’artista come dicevo io. Zuzzurro, Gaspare e Massimo Boldi tennero la bocca chiusa e furono premiati. Ma che ci vuoi fare, io son fatto così».Le aveva fatto una grossa offerta per andare a Mediaset. «Un miliardo e duecentomila lire, sì. Mi richiamò poi 5 anni dopo».Con Gaber anche lei si chiedeva che cos’è la destra, cos’è la sinistra?«Giorgio veniva al Derby e ci mettevamo vicini, in fondo, a commentare le performance degli altri, e la musica. Parlavamo di tutto, di solito eravamo d’accordo. Ma davvero non mi fate parlare di politica, non mi è mai interessata».Né allora né adesso?«Quel che diceva Walter Valdi vale pure per me: io dei giornali leggo gli annunci mortuari e i programmi dei cinema. E lui aggiungeva: se è morto qualcuno, vado al funerale. Se no, vado a vedermi un film».Tutti così, ai suoi tempi?«Se c’è chi ha usato la politica per avere una spinta, peggio per loro. Un artista - che poi, artista è anche una parola grossa - va dritto per la sua strada. Io cammino da solo da sempre».Che vita fa se non è sul palcoscenico?«Normalissima, mi preparo a quella del pensionato. Dalla mia casa di Milano vedo i grattacieli e le montagne, e vorrei vedere la Ferragni che abita vicino ma non la vedo mai».In tv ha intravisto invece qualcuno che potrebbe essere un suo erede?«Non la guardo. Mi ha deluso. Quelli degli anni Sessanta come me li mostrano tutti riuniti che sembra un lebbrosario, e tra i giovani c’è gente simpatica ma alla mia età pretendo il massimo, non mi soddisfa nessuno. E poi dove lo trovo uno bello come me, simpatico come me? Non ce n’è. Ho sempre fatto di tutto per mettermi in mostra. Ma mica facevo il figo. Ero un figo».E con le donne… I ricordi più dolci?«I dischi ascoltati a casa di Loredana Berté con Mia Martini. La conobbi alla Bussola, a Viareggio. Difendeva la sorella, che ci era rimasta male dopo un nostro flirt. Con Mimì fu una storia leggera e gentile, come era lei. Mai avuta una storia così. Parlavamo di musica, andavamo al cinema…».Ci fu anche chi le disse di no?«Gigliola Cinquetti, era troppo intellettuale. A Orietta Berti davo appuntamenti ma lei non arrivava mai, e poi scoprii che dormiva dalle suore».Si innamorava ogni volta?«Per farti capire che clima c’era a quell’epoca: a Ibiza le ragazze si cambiavano dopo il bagno e si toglievano il costume e indossavano una maglietta e le ciabatte, ma si scordavano le mutande».Anni eccessivi.«Roba che se non ti fumavi uno spinello, negli anni Sessanta, eri un cretino. Nel senso che non c’era nessuna trasgressione. Non era mica come ora, che circola roba che ammazza la gente. Tutt’al più, noi ci mangiavamo tre chili di pane e andavamo a letto ad ascoltare i Pink Floyd».Ha raccontato di aver provato di tutto, ma di aver sempre evitato il vizio. Come ha fatto?«Sarà che quando capitava di esagerare alla fine non ero felice. E mi promettevo di non farlo mai più».Quest’anno son 35 anni di matrimonio con Elena Fanchini.«Ricordo la prima volta che ci chiacchierai, ne rimasi subito colpito. E quando mi aiutò quella notte di Capodanno in cui avevo tre spettacoli uno dopo l’altro, guidando per tornare a Milano anche se era stremata pure lei. È stata la sua forza, a farmi innamorare. Ne è nato un gineceo: abbiamo avuto tre figlie».Un incontro che le ha cambiato la vita?«Ho smesso di fare il pappagallo con tutte, non ci riuscivo più. Una volta eravamo a letto con Mara Venier per una commedia, Tutti in palestra, e c’era da fare una scena di sesso e io non mi muovevo».Era recitazione.«Mara era spazientita: la facciamo, o non la facciamo, sta scena? Le dovetti confessare che mi ero innamorato di una ragazza, di Elena, e che ero bloccato, impacciato. Fossi stato quello di prima non mi sarei fermato alla recitazione».
Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)
Ecco #DimmiLaVerità del 12 settembre 2025. Il capogruppo del M5s in commissione Difesa, Marco Pellegrini, ci parla degli ultimi sviluppi delle guerre in corso a Gaza e in Ucraina.