Per Confartigianato il prelievo fiscale ambientale in Italia ha raggiunto i 54,2 miliardi l’anno ( 2,5% del Pil). La Commissione ne pensa una giusta: pronta a ridurre del 50% le quote di acciaio e a raddoppiare i dazi.
Per Confartigianato il prelievo fiscale ambientale in Italia ha raggiunto i 54,2 miliardi l’anno ( 2,5% del Pil). La Commissione ne pensa una giusta: pronta a ridurre del 50% le quote di acciaio e a raddoppiare i dazi.Qualcosa pare muoversi, nella sonnolenta Bruxelles. Dopo le follie dell’acciaio green, dell’idrogeno e del Cbam (il meccanismo per far pagare la CO2 contenuta nell’acciaio), il Commissario europeo all’Industria Stéphane Séjourné avrebbe affermato che la settimana prossima la Commissione proporrà un nuovo sistema di quote e dazi per l’import di acciaio. Si tratta di indiscrezioni trapelate da un incontro privato. Proprio due giorni fa, industriAll Europe e Eurofer hanno lanciato l’allarme: il settore siderurgico europeo è sull’orlo del collasso. La sovraccapacità globale, trainata dalla Cina, e i costi energetici fuori scala hanno messo a rischio 300.000 posti di lavoro diretti e 2,3 milioni indiretti. Solo nel 2024 si sono contati 18.000 licenziamenti e 12 milioni di tonnellate di capacità produttiva chiusa, che si sommano ai 100.000 posti persi e ai 26 milioni di tonnellate di capacità perdute tra il 2008 e il 2023. In Ue si producono circa 126 milioni di tonnellate di acciaio all’anno (dato 2024).Il meccanismo esiste già: il Regolamento Ue 2019/159 prevede quote contingentate per 26 categorie di prodotti siderurgici, per un totale di circa 26 milioni di tonnellate, sulle quali nessun dazio è dovuto. Al superamento della soglia, si applica un dazio del 25%. Ma nel 2024 l’Ue ha importato circa 39 milioni di tonnellate, quindi gran parte dell’import non paga dazio. Su un consumo apparente annuale di circa 144 milioni di tonnellate è una bella fetta (27%). Cina, India, Corea del Sud e Turchia insieme hanno circa 10 milioni di tonnellate di quota esente da dazi, che l’anno scorso hanno saturato in media attorno all’85%. Nel primo semestre 2025, le quote di importazione di Corea del Sud, Turchia e Cina risultavano praticamente già saturate in molte categorie merceologiche.Dunque, le quote sono troppo generose e il dazio troppo blando, sicché non costituisce un disincentivo all’importazione. Gli acciaieri chiedono di dimezzare le quote e raddoppiare il dazio. L’obiettivo è contrastare la sovracapacità produttiva globale, che secondo le stime entro il 2027 potrebbe raggiungere i 721 milioni di tonnellate, in gran parte cinese. Dopo avere demonizzato i dazi perché rivolti contro l’Ue, e dopo aver accolto a braccia aperte le esportazioni cinesi, di fronte alla realtà finalmente la Commissione sembra pronta a ridurre del 50% le quote totali a dazio zero (da circa 26 a circa 12-13 milioni di tonnellate) applicando un dazio del 50% sui volumi eccedenti. Questo peraltro allineerebbe l’Ue agli USA, aderendo a quella «alleanza transatlantica dei metalli» di cui hanno parlato i rispettivi rappresentanti commerciali Maroš Šefčovič e Jamieson Greer. Potrebbero esserci anche disincentivi all’export di rottame.Si tratta di un passo atteso da molto tempo, ma resta il solito copione: la Commissione prima fa, poi disfa, senza mai pagare il prezzo politico dei disastri che combina.Intanto, ieri Confartigianato ha evidenziato un dato critico, relativo alla tassazione ambientale su cittadini e imprese in Italia. Nel nostro Paese, questo tipo di tasse pesa per 11,1 miliardi di euro in più rispetto alla media dell'Unione Europea. Si tratta di 188 euro pro capite di maggiori costi rispetto all’Ue.In un'analisi presentata a Cagliari, nell’ambito della 21° edizione dell’annuale convention «Energies and Transition Confartigianato High School», l’associazione degli artigiani ha affermato che il prelievo fiscale ambientale in Italia ha raggiunto i 54,2 miliardi di euro l’anno, pari al 2,5% del Pil, un valore superiore di 0,5 punti alla media europea. Questo, dice la Confartigianato, nonostante l’impatto ambientale dell’Italia sia inferiore dell’8,4% alla media Ue.In altre parole, questa situazione contraddice il principio che la stessa Unione europea adotta, ovvero «chi inquina paga». L’Italia inquina di meno ma paga di più. È una sorta di green tax spread che penalizza aziende e famiglie italiane.Le voci principali riguardano le accise sui carburanti (25,7 miliardi), le imposte su energia elettrica e gas (12,6 miliardi di euro in totale) e il settore del trasporto (11,1 miliardi di euro).L’accisa italiana sul gasolio è la più alta d’Europa, il 24,9% in più rispetto alla media dell’Eurozona, mentre quella sulla benzina è l’11,6% sopra la media dell'Eurozona. «Anche in questo caso, l’Italia figura tra i Paesi con il carico fiscale più elevato, alle spalle solo dei Paesi Bassi e della Finlandia», spiega Confartigianato «per questo sarebbe necessaria una riforma della fiscalità ambientale che tenga conto dell’efficienza energetica reale e del contributo delle imprese alla transizione ecologica».
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