2018-10-18
Tardiva ma pesante, la mano della Consob colpisce i revisori dell’ex Veneto Banca
Dopo il 4 marzo qualcosa nel vento dev'essere cambiato e allora ecco che l'Authority, pur priva di un presidente, ha colpito un mostro sacro come Price con una multa per 600.000 euro. Al di là della cifra, la mossa impatterà sul processo in corso a Treviso.Lenta ma talvolta inesorabile, la Consob arriva anche alle responsabilità delle società di revisione nei crac delle popolari venete. Ieri la Commissione di controllo sulla Borsa ha sanzionato per 600.000 euro la PriceWaterhouseCoopers, che ha messo «il bollino» sui bilanci di Veneto Banca del 2014. Più che l'importo della multa, colpisce il fatto che la storica e vasta insindacabilità dei revisori cominci a vacillare anche in Italia. Dopo la fallimentare gestione di Vincenzo Consoli, sotto processo con tutti gli ex vertici della banca di Montebelluna, a giugno dello scorso anno il governo di centrosinistra ha dovuto mettere 5 miliardi di euro sul piatto per non far fallire Veneto Banca e Popolare di Vicenza, gettarle tra le braccia di Intesa e dare garanzie alla banca guidata da Carlo Messina per altri 12 miliardi. Il peggio, del resto, era già avvenuto ed era stato scoperto nella primavera del 2014 dalle ispezioni della Bce di Mario Draghi: azioni clamorosamente sopravvalutate, acquisti obbligatori di quote della banca stessa per i clienti che chiedevano un mutuo o un fido; prestiti con poche garanzie a un pugno di clienti-amici in massima parte costruttori o immobiliaristi. Risultato, già tre anni fa: azioni azzerate, risparmi bruciati per 88.000 soci per un valore complessivo di 5 miliardi. Difficile far finta di nulla, anche per un sistema di vigilanza che ha prontamente assolto se stesso o, al massimo, ha scaricato il barile su altri, come si è visto in modo emblematico durante le audizioni di Bankitalia e Consob nella commissione parlamentare d'inchiesta sui disastri bancari. Ma dopo il 4 marzo qualcosa nel vento dev'essere cambiato e allora ecco che la Consob, pur priva di un presidente, ha colpito un mostro sacro come Price con una multa così composta: 450.000 euro per la revisione dei bilanci del 2014; altri 100.000 euro per le verifiche sui requisiti di indipendenza del team di revisione nello svolgimento di un servizio non di auditing prestato a favore dell'istituto di credito e poi 50.000 euro per le verifiche effettuate sulla rilevazione contabile di Veneto Banca sull'operazione di acquisto di un portafoglio di prestiti ipotecari vitalizi dagli americani di Jp Morgan. Tutto da rileggere il comunicato stampa di Veneto Banca del 25 marzo 2015, in cui si dà conto dell'approvazione del bilancio 2014. Comincia così, con quella situazione patrimoniale che solo pochi mesi dopo sbriciolerà i risparmi di 88.000 soci: «Il patrimonio netto del gruppo, non comprensivo del risultato dell'esercizio, a oggi si attesta a 3,7 miliardi di euro, mentre i coefficienti «pro-forma» si posizionano rispettivamente al 10,27% (Cet1) e all'11,25% (total capital), in linea con i requisiti attualmente richiesti all'Istituto dalla Bce)». In fondo alla nota, ecco l'ammissione di qualche problema, ovviamente «colpa» di Francoforte: «Il risultato netto sconta le rettifiche sui crediti richieste dalla Bce e le svalutazioni sugli avviamenti. La prudenziale svalutazione della totalità delle rettifiche quale risultato dell'esercizio asset quality revue (-374 milioni netti), nonché degli avviamenti (-671 milioni), impattano sul risultato netto di bilancio al 31 dicembre 2014 che chiude a -968 milioni di euro». Insomma, anche i certificatori e i vigilatori, oltre che i poveri azionisti, avranno potuto dire: vabbè, è andata male quest'anno, però adesso saremo a posto. Sì, molto a posto. Il bilancio 2015 si è chiuso con un azzeramento totale degli avviamenti per 418 milioni di euro, altre rettifiche sui crediti per 754 milioni, e una perdita finale di «soli» 882 milioni di euro. «Zitto, che poteva andare peggio», avrebbe detto il mitico avvocato Messina, il collezionista di ergastoli inventato da Rosario Fiorello. Le cifre ricordate sono lì a spiegare perché sia davvero difficile, anche nel 2018, far finta che a Montebelluna le colpe fossero tutte di Consoli. Consob per altro aveva già colpito duramente ad agosto dello scorso anno, con multe per 5,4 milioni a carico degli ex vertici e della banca stessa. La sanzione più pesante è stata quella da 4,1 milioni complessivi, ripartiti tra 36 ex esponenti di vertice dell'istituto (a partire da Consoli per 300.000 euro), e riguardava «comportamenti irregolari nei finanziamenti concessi ai clienti per l'acquisto di azioni».E la decisione di ieri darà sicuramente impulso anche alla nuova indagine penale della procura di Treviso, aperta a carico di ignoti per l'ipotesi di reato di false certificazioni. Su denuncia di vari ex soci, e anche delle associazioni dei consumatori, i pm intendono accertare se si siano verificati episodi di attestazioni non veritiere sul reale stato di salute del bilancio da parte della società di revisione. Da ieri, sul tema, Consob ha detto la sua.