2025-04-21
Il Tar boccia i compensi dell'agenzia dei beni sequestrati
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Una recente sentenza del tribunale amministrativo ha dichiarato illegittima una decisione dell'Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati alle Mafie (Anbsc) adottata sotto la gestione del prefetto Bruno Corda che imponeva un tetto ai compensi dei coadiutori e dei rappresentanti legali delle aziende sequestrate. Da anni l'Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati alle Mafie (Anbsc) si trova al centro di controversie legali e amministrative, in particolare riguardo ai pagamenti dei professionisti coinvolti nella gestione dei beni sottratti alla criminalità organizzata, come amministratori giudiziari e coadiutori. Una recente sentenza del Tar del Lazio ha fatto riemergere questa ormai annosa problematica, dichiarando illegittima la circolare dell'agenzia adottata sotto la gestione del prefetto Corda che imponeva un tetto ai compensi dei coadiutori e dei rappresentanti legali delle aziende sequestrate. E ha confermato come l’agenzia si comporti quasi come un ministero senza averne le competenze. Del resto, oltre alla questione dei compensi, non sembrano attenuarsi altre problematiche che mettono in dubbio la trasparenza e l'efficacia dell'ente. Tra queste c’è la situazione dei dipendenti stessi dell'agenzia che attendono da dicembre parte del pagamento di competenze. La situazione sembra solo la punta dell'iceberg di una gestione che necessita di riforme strutturali per garantire che un lavoro svolto in nome della legalità, contro le mafie, venga riconosciuto e compensato. Può un’istituzione che chiede di rispettare la legge continuare a violarla? D'altra parte, una delle questioni più critiche riguarda la circolare numero 3 del 2022 della stessa Anbsc (firmata Verdolotti, Quattrone, Capasso). Il provvedimento voleva imporre un tetto tariffario basato su parametri della finanza pubblica, ma ora è stata dichiarata illegittima dal tribunale amministrativo, che ha sottolineato come l'agenzia non potesse stabilire limiti tariffari con atti amministrativi interni, violando la gerarchia delle fonti normative. La sentenza ha annullato anche la retroattività della circolare, confermando che le disposizioni non potevano essere applicate a incarichi già in corso prima dell'emanazione della circolare.È stato di fatto accolto il ricorso presentato dal Sindacato Nazionale degli Amministratori Giudiziari e dei Coadiutori (Sinageco) secondo cui la circolare non ha natura interpretativa, e anche perché l’introduzione di un tetto retributivo richiede una specifica previsione legislativa (c.d. riserva di legge). Ma soprattutto non è consentito all’Agenzia esercitare tale potere mediante atti amministrativi. Sinageco incontrò l’Agenzia chiedendo modifiche, ma sembra ricevette una chiusura totale valutando l’ANBSC che l’unico referente istituzionale fosse il Cndcec il quale riteneva che sulla circolare non c’era nulla da eccepire. La decisione dei giudici amministrativi è di particolare importanza per i professionisti coinvolti nella gestione dei beni confiscati alla mafia, tutelando così i diritti di coadiutori e amministratori giudiziari, che già da tempo affrontano difficoltà nel ricevere i compensi dovuti. Oltre alle criticità riscontrate dai professionisti esterni, anche il personale interno dell’Anbsc è stato colpito da ritardi nei pagamenti. I dipendenti dell’Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata avrebbero dovuto percepire somme annuali relative al Fondo Risorse Decentrate per il 2023, già approvato dai revisori dei conti. Tuttavia, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, insieme al Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio, ha sollevato dubbi sulla corretta costituzione del fondo, bloccando di fatto i pagamenti. Attualmente, circa 170 dipendenti dell'Agenzia attendono il saldo delle somme dovute per la performance lavorativa. La vicenda è ancora in fase di discussione e un emendamento è stato presentato a marzo 2025 per cercare di sbloccare la situazione. Nel frattempo, il mancato pagamento ha causato gravi ripercussioni economiche per i lavoratori e le loro famiglie, oltre a ostacolare l'avanzamento professionale dei dipendenti a causa del blocco dei «cosiddetti differenziali stipendiali». Nel 2023, la Corte dei Conti aveva già evidenziato l'importanza del rispetto delle normative sui compensi, sottolineando che l'Anbsc non aveva applicato correttamente il Decreto del Presidente della Repubblica n. 177 del 2015, che disciplina le modalità di liquidazione dei compensi per gli amministratori giudiziari e, per estensione, anche per i coadiutori. Questo comportamento ha sollevato dubbi sulla legittimità dell'ente, accusato di trattare i coadiutori come se fossero soggetti pubblici, imponendo loro obblighi di finanza pubblica non previsti dalla legge.