Solo per i molecolari l’Italia ha disperso CO2 come 11.600 voli aerei da due ore ciascuno. Produrre chirurgiche ne libera 18.500 tonnellate l’anno, senza contare i bavagli che finiscono in mare. Alla faccia degli ecologisti.
Solo per i molecolari l’Italia ha disperso CO2 come 11.600 voli aerei da due ore ciascuno. Produrre chirurgiche ne libera 18.500 tonnellate l’anno, senza contare i bavagli che finiscono in mare. Alla faccia degli ecologisti.Avvisate Roberto Speranza: se la sinistra vuole ricostruire l’egemonia, deve scegliere tra l’uso politico della pandemia e l’uso politico dell’ecologia. L’ossessione per il Covid e quella per il «green», infatti, non sono compatibili. Soprattutto, non sono ecocompatibili. Vi siete chiesti, ad esempio, quanto inquinano i tamponi, uno dei totem della strategia di contenimento del virus? Secondo uno studio cinese, uscito a inizio settembre su Environmental science & technology, il ciclo vitale di ogni test molecolare (produzione, trasporto, esecuzione, smaltimento) comporta più di 600 grammi di emissioni di CO2. E se si considera che, nel Paese del Dragone, capofila della psicotica politica del «Covid zero», da inizio pandemia ad aprile 2022, sono stati esaminati oltre 9 miliardi di campioni, viene fuori che, in circa due anni, la fisima per il tracciamento ha rilasciato nell’atmosfera almeno 5,4 milioni di tonnellate di gas serra. Si può elaborare una stima analoga per l’Italia. Da noi, il contatore dei tamponi, da quando è cominciato l’incubo del coronavirus, è salito quasi a quota 246 milioni. Molti meno che nella patria di Xi Jinping, certo, dove, però, la popolazione ammonta a quasi un miliardo e mezzo di abitanti. Per raggiungere la stessa proporzione, dovremmo eseguire almeno altri 120 milioni di test. Ma al netto della gara con Pechino e Shanghai, se il potenziale inquinante di bastoncini e reagenti è lo stesso alle nostre latitudini, anche noi non scherziamo, quanto a esalazioni venefiche. Dei circa 246 milioni di tamponi eseguiti qui, più o meno 97 milioni sono stati quelli molecolari. A questo punto, basta moltiplicare per i 600 grammi di CO2: ne vengono fuori 58.000 tonnellate, rilasciate nell’ambiente per accertare chi fosse positivo. Probabilmente, i test rapidi sono un po’ meno impegnativi dal punto di vista ecologico. Almeno, non è necessario mettere in funzione dei macchinari per processarli. Dunque, vogliamo mantenerci laschi. Mettiamo che il ciclo vitale di un antigenico produca la metà dei gas serra: 300 grammi anziché 600. Moltiplicati per 149 milioni di urticanti esplorazioni nasali, fanno la ragguardevole cifra di 44 miliardi e 700 milioni di grammi di anidride carbonica. Ovvero, 44.700 tonnellate. Vogliamo essere ancora più buoni: ipotizziamo che i tamponi rapidi inquinino un terzo dei molecolari. Avremmo sputato in faccia al firmamento 29.800 tonnellate di CO2. Ergo, in totale, unendo le varie tipologie di kit diagnostici, saremmo arrivati a un numero che oscilla tra le 87.800 e le 102.700 tonnellate di emissioni inquinanti. Per capire l’ordine di grandezza: due ore di volo con uno dei modelli di aereo più diffusi in Europa, l’Airbus A320, producono circa 5 tonnellate di miasmi climalteranti. Solo per insozzare l’aria come ha fatto tutta la trafila dei molecolari, bisognerebbe che decollassero 11.600 apparecchi e che rimanessero in cielo ciascuno per 120 minuti. Suppergiù, è il tempo che ci vuole per arrivare da Roma a Londra. Anche l’altro vello d’oro della cattedrale sanitaria, le mascherine, non è esattamente a impatto zero. Fino a giugno 2022, gli italiani ne hanno utilizzati 46 miliardi. Ovviamente, se dal piccolo Stivale che galleggia sul Mediterraneo si alza lo sguardo sull’intero globo terracqueo, gli ordini di grandezza aumentano in modo esponenziale: in tutto il mondo, si consumano 3 milioni di museruole plastificate al minuto, che poi ammontano a 129 miliardi al mese. Secondo l’Oms, ogni 24 ore finiscono nei rifiuti 3,4 miliardi di mascherine, ma non si sa con certezza quante se ne disperdano nell’ambiente. A novembre 2021, ricercatori cinesi e americani, su Proceedings of the National academy of sciences, paventavano che almeno un miliardo e mezzo di bavagli avrebbero contaminato i mari. Una caterva di detriti plastici, in aggiunta a quelli che ormai hanno formato delle isole immonde, sparse qua e là sulla superficie degli oceani. Pure per le mascherine, come per i tamponi, è possibile tentare di misurare gli effetti sull’ambiente in termini di emissioni. Nel 2020, l’ente certificatore danese Nordik ecolabel segnalò che, per produrre un chilo di fibra di polipropilene, tessuto non tessuto con il quale si realizzano gli strati che compongono una banale chirurgica, si rilasciano nell’atmosfera 3,9 chili di CO2. Se per ogni chilo di mascherine ne occorrono 250 di fibra, si arriva fino a 18 milioni e mezzo di chili l’anno di gas emessi. Che poi sono 18.500 tonnellate. A quanti chili equivalgono i 46 miliardi di mascherine - tra chirurgiche e Ffp2 - consumate nel nostro Paese? Quante migliaia, o milioni di tonnellate di anidride carbonica dobbiamo aggiungere alla cornucopia gassosa generata dai tamponi? Divertitevi voi con i numeri, se non ne avete avuto abbastanza.Ora, non scambiateci per ciò che non siamo: fanatici della decrescita felice, che nel nome degli alberi verdi e dei prati in fiore, vorrebbero costringervi a rinunciare al superfluo e persino all’essenziale. È scontato che, in una certa fase, siano stati necessari tanto i test Covid quanto i dispositivi di protezione delle vie aeree. Così come lo sono tanti altri prodotti medici, dall’impatto ambientale rilevante. Il guaio sorge quando, dalla necessità, si passa alla mania. Alla pandemia interminabile. Al «fine Covid mai». E allora è lecito domandarsi se, piuttosto che da altre nevrotiche menate verdi, non si potrebbe partire da un armistizio sanitario. Dopodiché, ci sono le amnesie selettive dei ragazzi dei Fridays for future. Venerdì scorso, questi giovani sono tornati a sfilare in 70 città italiane. Dicono che «non c’è un pianeta B» e forse hanno ragione. Non vogliono sentir parlare di metano e di nucleare e credono che il futuro energetico dell’Occidente si possa reggere su pannelli solari, pale eoliche e auto elettriche. Ma nessuno li ha sentiti fiatare contro l’accanimento di Speranza & C. sulla liturgia pandemica. Sulle centinaia di migliaia di tamponi che si continuano a eseguire, benché il tracciamento dei casi sia impossibile. Le mascherine, se non altro, dovrebbero sparire pure da mezzi pubblici e ospedali entro pochi giorni... Possibile, cari attivisti, che inquini solo quello che stava nel programma del centrodestra?
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