2025-08-18
I talebani del Covid ci minacciano
Il dottor Burioni si scaglia contro «La Verità» e invoca «azioni di contrasto» nei confronti dei media che ospitano opinioni difformi dai dogmi della dittatura sanitaria. Schillaci pensava di dimettersi: bloccato dal Colle. Tensioni con Palazzo Chigi.La Costituzione dice che tutti i cittadini non soltanto sono uguali davanti alla legge, ma hanno pari dignità sociale e il medesimo diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni. Tutti. Dunque anche il professore Roberto Burioni, che ieri su Repubblica, ha voluto dedicarci un duro articolo per esserci permessi di difendere la nomina del professor Paolo Bellavite e quella del pediatra Eugenio Serravalle nel comitato consultivo del ministero della Salute che si occupa di vaccini. Come sapete, i due medici sono stati rimossi a furor di cupola medico-scientifica dal ministro Orazio Schillaci, il quale, nonostante Bellavite e Serravalle fossero in netta minoranza nel gruppo di esperti, ha ceduto, arrendendosi alle pressioni dei baroni che in Italia governano la sanità.La revoca dei due professionisti non allineati con gli ayatollah del vaccino è stata salutata con entusiasmo da Burioni, che sul quotidiano di casa Agnelli - noto organo indipendente dal potere politico e degli affari - ha classificato la decisione di Schillaci tra le giornate più importanti e positive per la scienza. Ovviamente, ognuno è libero di festeggiare ciò che vuole, anche le balle. Del resto, Burioni ogni giorno su X brinda e polemizza con chiunque, al punto che ci viene da pensare dove trovi il tempo per inviare tutti quei post, partecipare a ogni tipo di trasmissione tv, inneggiare a successi calcistici e tennistici e poi avere anche modo di insegnare e ricercare. Soprattutto, ci torna in mente la frase di quell’esperto che di fronte alla commissione Covid ha confessato che durante la pandemia i suoi colleghi partecipavano più ai talk show che alle riunioni del Comitato tecnico scientifico. Tuttavia, a parte queste banali considerazioni, ciò che mi ha colpito dell’intervento di Burioni è il passaggio del suo articolo in cui, lamentando «la pericolosissima deriva antiscientifica che imperversa in Italia» si è chiesto quando «un giornale nazionale, che ospita quasi quotidianamente le voci di medici sospesi e di qualunque idolo no vax apparso nel mondo, riceverà contrasto per le bugie pericolose che da anni propaga». Burioni, da uomo coraggioso qual è, ovviamente non fa il nome della testata, ma non è difficile desumere che si riferisca a noi, perché soltanto noi, in Italia, nel periodo della pandemia e anche dopo, abbiamo dato voce a chi non la pensava come Burioni e compagni. Solo noi abbiamo contrastato l’idea che vaccinarsi fosse una «garanzia di non contagiarsi e di non contagiare» (non lo era e chi lo asseriva raccontava balle). Solo La Verità si schierò contro la decisione anti costituzionale che ha portato a togliere il diritto di lavorare a chi non era vaccinato. E sempre noi ci siamo opposti all’obbligo del siero per i minorenni. In questi anni abbiamo raccontato gli errori e le bugie che la cupola medico scientifica ha propalato durante la pandemia senza mai vergognarci e senza mai chiedere scusa. Ricorda Burioni che cosa diceva prima che il Covid mietesse migliaia di morti, quando lui era impegnato a sostenere la tesi del compagno ministro Roberto Speranza? Io conservo tutte le sue dichiarazioni. Da quella in cui sosteneva che il virus non sarebbe mai arrivato in Italia, a quella in cui spiegava dall’alto della sua arroganza che le mascherine erano inutili, salvo poi ricredersi. L’Italia con Giuseppe Conte e Speranza «era a rischio zero» e ci si doveva preoccupare più dei fulmini e delle alluvioni che di essere contagiati. Per mesi le sparò talmente grosse, come quando fece riferimento ai pronto soccorso affollati da persone in preda al panico, che perfino l’ospedale per cui lavora, il San Raffaele di Milano, fu costretto a emettere un comunicato per smentirlo. Lui, che invocava rispetto per i morti e diceva basta alle bugie, ma poi, dopo migliaia di vittime, da tifoso laziale si permetteva di dire con assoluto disprezzo che «il coronavirus era meglio della Roma».Sì, questo è Burioni, il sobrio professore che inneggia alla cacciata di due medici che hanno il torto di non essersi inchinati di fronte al pensiero unico. Burioni è colui che invoca un «contrasto» contro un giornale che non si piega di fronte alla sua arroganza e alle sue minacce. Lui, che per difendere le sue opinioni, su X spiega a chi lo contesta che non siamo in Iran e che ogni cittadino ha diritto di esprimere le proprie opinioni, quale contrasto, o meglio cura, ci vorrebbe propinare? Per il democraticissimo Burioni, l’olio di ricino per il direttore va bene? Oppure preferisce organizzare come certi islamici un assedio alla redazione, da concludersi poi con irruzione e incendio di scrivanie e computer? Qual è il contrasto che desidera? Ci vuole portare in tribunale perché diamo spazio anche a opinioni diverse dalle sue, oppure come ai bei tempi dell’Unione sovietica spera di farci internare in qualche manicomio (ah no, da Basaglia in poi i manicomi non esistono più: ci sono solo i trattamenti sanitari obbligatori).Vede, caro Burioni, se tutto fosse semplice e chiaro come dice lei, nessuno si agiterebbe per la nomina di Bellavite e Serravalle. Se i due fossero ciarlatani, come fa intendere lei, i venti che facevano parte della commissione da cui i due sono stati estromessi non avrebbero avuto difficoltà a far valere le loro ragioni «scientifiche». Ma evidentemente quei due erano, come dice lei, pericolosi, perché da scienziati instillavano il dubbio che lei, da non scienziato ma da fazioso, evidentemente non ha, ma che addirittura teme.Comunque stia tranquillo, caro ayatollah del vaccino, nonostante la sua fatwa, La Verità continuerà a dar voce a chi ha opinioni diverse. Soprattutto dalle sue. Per fortuna non siamo in Iran e lei, nonostante si creda il guardiano della rivoluzione, è solo il megafono un po’ ridicolo è un po’ pittoresco di una cupola che si crede dotata di poteri dittatoriali.
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