Ecco #DimmiLaVerità del 14 ottobre 2025. Ospite Alessandro Rico. L'argomento di oggi è: " Il successo di Donald Trump in Medio Oriente".
Donald Trump (Ansa)
Si registra una certa attesa per il viaggio che Donald Trump effettuerà in Medio Oriente a partire da metà maggio. Si prevede infatti che i dossier sul tavolo saranno numerosi.
I dettagli ufficiali non sono ancora stati resi noti. Tuttavia il presidente americano dovrebbe recarsi in Arabia Saudita, in Qatar e negli Emirati arabi. Non solo. Secondo funzionari statunitensi e arabi ascoltati da Axios, l’inquilino della Casa Bianca dovrebbe tenere anche un vertice a cui saranno presenti i rappresentanti dei Paesi del Golfo. Ricordiamo che si tratta del primo viaggio ufficiale che Trump effettuerà all’estero da quando è tornato alla Casa Bianca lo scorso 20 gennaio. Segno, questo, del fatto che, per il presidente americano, lo scacchiere mediorientale rappresenta una priorità assoluta dal punto di vista geopolitico.
Trump punta innanzitutto a consolidare i rapporti con Riad. Appena venerdì scorso, il Dipartimento di Stato americano ha annunciato di aver approvato una possibile vendita al governo saudita di missili aria-aria per un valore di circa 3,5 miliardi di dollari. Non solo. Trump sta cercando di rilanciare gli Accordi di Abramo, coinvolgendo anche Riad. Tutto questo, senza trascurare che, per l’inquilino della Casa Bianca, i sauditi sono altresì essenziali sul fronte del piano per la ricostruzione di Gaza. Un ulteriore punto riguarda il petrolio: nelle scorse settimane, Riad, in sede Opec, ha spinto per incrementare la produzione di greggio. Una mossa che, abbassando i prezzi del petrolio, è stata ovviamente accolta con favore dalla Casa Bianca.
Ma attenzione: un altro tema che sarà probabilmente al centro del viaggio sarà quello del nucleare iraniano. L’amministrazione Trump sta portando avanti da alcune settimane dei negoziati con Teheran su questo fronte. Il presidente americano punta indubbiamente a rassicurare i sauditi. Senza trascurare che, nella sua tappa a Doha, la questione iraniana potrebbe essere approfonditamente discussa.
Dall’altra parte, almeno per il momento, non sembra che Trump, in questo imminente tour, abbia intenzione di visitare Israele. Sotto questo aspetto, non va trascurato che Benjamin Netanyahu non sia troppo tranquillo rispetto alle trattative tra Stati Uniti e Iran sul nucleare. Più in generale, l’imminente viaggio del capo della Casa Bianca va probabilmente inserito nel quadro della crescente competizione tra Washington e Pechino per l’influenza sulla regione mediorientale. E’ questo uno dei dossier centrali agli occhi di Trump. Anche perché uno dei suoi obiettivi è quello di far leva su Iran e Siria per ottenere una svolta dalla Russia in Ucraina.
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Ecco #DimmiLaVerità del 5 febbraio 2025. Ospite il nostro esperto di politica Usa Stefano Graziosi. L'argomento del giorno è: "Le dichiarazioni choc di Trump su Gaza e il piano del tycoon per il Medio Oriente".
Ansa
Il presidente democratico ha sconfessato la linea di Donald Trump che aveva trovato un punto d'equilibrio nell'area Così divampano gli scontri con Hamas che ha lanciato ben 600 razzi contro Ascalona, causando due vittime
Resta alta la tensione in Israele. Nella giornata di ieri, Hamas ha continuato a lanciare razzi soprattutto contro la città di Ascalona: razzi che, secondo il Times of Israel, hanno ucciso due donne israeliane e ferito svariate persone. La stessa testata riportava ieri pomeriggio che, dall'inizio delle ostilità lunedì scorso, l'organizzazione palestinese avrebbe lanciato circa seicento razzi (spesso intercettati dal sistema di difesa aereo israeliano Iron Dome). I funzionari sanitari di Gaza hanno dichiarato, dal canto loro, che ventotto palestinesi (di cui nove bambini) hanno perso la vita dal principio degli scontri. Ieri è stata frattanto lanciata un'offensiva aerea contro le rampe di lancio usate per i razzi palestinesi, mentre si sono verificati dei disordini nella città di Lod. Più o meno nelle stesse ore è stato colpito un edificio residenziale a Gaza City.
In tutto questo, il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha annunciato di voler «intensificare ulteriormente la severità e il ritmo degli attacchi». Il ministro della Difesa, Benny Gantz, ha per parte sua sostenuto che l'operazione militare israeliana, denominata Guardian of the Walls, proseguirà per i prossimi giorni, con l'obiettivo di indebolire significativamente Hamas. Ciononostante un funzionario della Difesa rimasto anonimo ha riferito ieri sera al Times of Israel che lo Stato ebraico potrebbe iniziare a prendere in considerazione un cessate il fuoco già dalla giornata di oggi.
Ricordiamo che la situazione si è surriscaldata a partire da lunedì mattina, quando si sono verificati degli scontri tra le forze di polizia israeliana e alcuni manifestanti palestinesi nei pressi della moschea al-Aqsa. Alla base delle tensioni si sono sommate varie cause: non soltanto la celebrazione del Jerusalem Day, ma anche lo sgombero di alcune famiglie palestinesi da un quartiere di Gerusalemme Est. Nonostante alcuni tentativi di Netanyahu di allentare la tensione, Hamas aveva minacciato un atto militare se le forze di polizia israeliane non si fossero ritirate dall'area di al-Aqsa entro le ore 17 di lunedì stesso. L'organizzazione ha quindi lanciato dei razzi in direzione di Gerusalemme poco dopo lo scadere della deadline, innescando la reazione israeliana. Abc News ha riportato ieri che l'Egitto avrebbe cercato di negoziare una tregua.
La situazione resta tesissima, mentre anche i rapporti tra Netanyahu e l'amministrazione Biden appaiono abbastanza rigidi. La Casa Bianca si è detta preoccupata da quanto sta avvenendo, mentre – secondo Axios – funzionari israeliani avrebbero ufficiosamente deprecato eventuali intromissioni statunitensi nella questione. Questione che sta spaccando anche il panorama politico statunitense. Se i repubblicani sono tendenzialmente compatti nel criticare Hamas, il Partito democratico appare ben più diviso: le componenti centriste hanno toni duri verso l'organizzazione palestinese, mentre le frange di sinistra hanno assunto una posizione ostile nei confronti di Israele. In particolare, la deputata Ilhan Omar ha accusato lo Stato ebraico di aver compiuto «un atto di terrorismo».
Nonostante le cause di quanto sta accadendo siano prevalentemente interne, non è escludibile che anche il contesto internazionale stia giocando un ruolo. Joe Biden ha in buona sostanza sconfessato la politica mediorientale del predecessore, avviando un processo di distensione con l'Iran: una scelta che ha portato la Casa Bianca a raffreddare i rapporti con l'Arabia Saudita e spinto Israele a un maggiore isolamento. Non dimentichiamo del resto che Netanyahu ha avuto parole di fuoco in riferimento all'eventualità di un rilancio dell'accordo sul nucleare con Teheran. Donald Trump aveva impostato la sua strategia mediorientale sulla promozione di una convergenza tra Israele e svariati Paesi sunniti, per mettere sotto pressione l'Iran e costringerlo a una radicale rinegoziazione dell'intesa sul nucleare, siglata ai tempi di Barack Obama: una convergenza principalmente esemplificata dai cosiddetti accordi di Abramo. E proprio questi accordi sono adesso a rischio, in quanto sia il Bahrain sia gli Emirati arabi uniti hanno, negli ultimi giorni, criticato la linea israeliana nei confronti dei palestinesi. Una critica ripresa ieri dal segretario generale della Lega Araba, Ahmed Aboul Gheit: una critica che mette adesso a rischio anche l'asse ufficioso, promosso da Trump, tra Israele e Arabia Saudita. A tutto questo va anche aggiunta la tendenza della nuova amministrazione americana a ritrarsi dallo scacchiere mediorientale. Una tendenza già evidenziata ad aprile dalla rivista Foreign Policy e a cui fa da contraltare il maggiore focus della Casa Bianca su aree come l'Indo-Pacifico e la Russia.
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