Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 20 marzo 2024 con Camilla Conti
Maurizio Belpietro (Ansa)
Questo non è un editoriale ma una lettera di ringraziamento. La devo, a distanza di cinque anni dal giorno in cui La Verità andò in edicola con il suo primo numero, ad un mucchio di persone. All'incirca sono più di 30.000, cresciute senza sosta da quel 20 settembre 2016 in cui la nostra testata comparve.
Nessuno, tranne pochi pazzi che con coraggio mi hanno seguito, immaginava che ce l'avremmo fatta. Nessuno tra coloro che avessero conoscenza del mercato editoriale, già allora in lento ma inesorabile declino con una costante riduzione delle copie vendute, credeva infatti che fosse possibile fondare un quotidiano di carta, cioè da vendere esclusivamente in edicola, riuscendo a far quadrare i conti. Ricordo ancora le decine di imprenditori e banchieri interpellati affinché prendessero parte all'iniziativa. L'idea iniziale prevedeva di mettere insieme un azionariato diffuso, con dei patti parasociali che riconoscessero a me, come garante del progetto giornalistico indipendente, il controllo della società editoriale. Inutile dire che fallii, perché la maggior parte dei potenziali azionisti interpellati mi chiuse la porta in faccia. Non penso che lo abbiano fatto perché chiedevo di mettere i soldi senza mettere becco nella linea politica ed editoriale della nuova testata. Ma in quanto, oltre ad essere imperante il renzismo e dunque a non esserci spazio per alcuna voce critica, imprenditori e banchieri ritenevano che un nuovo quotidiano, per di più con l'intenzione di collocarsi in un'area moderata, che da sempre sconta bassi tassi di lettura, fosse destinato a morte certa. Ricordo ancora quando un possibile finanziatore mi spiegò di essere disposto ad aiutarmi ma solo se avessi rinunciato al progetto di stampare il giornale. In pratica avrei dovuto creare un sito internet, accettando di distribuire le notizie via Web. Provai a spiegare che la maggior parte delle testate online non si reggevano in piedi e dopo un po' chiudevano, ma fu come rimbalzare contro un muro di gomma.
Risultato, la notte del 19 settembre di cinque anni fa stampammo la nostra prima copia che era anche il nostro numero zero, perché tempo per fare le prove non ne avevamo avuto. Io ero il primo azionista di un quotidiano che nasceva senza soldi e senza mezzi e infatti spiegai ai matti che ebbero il coraggio di seguirmi che, se fosse andata male, entro Natale avremmo chiuso, perché le poche centinaia di migliaia di euro raccolte non sarebbero bastate per coprire le perdite. In redazione i matti erano otto. Faccio i loro nomi perché, insieme ai circa 30.000 lettori che ogni giorno ci seguono, devo ringraziare anche loro: non ci fossero stati, La Verità non sarebbe nata. Il più folle della compagnia è un tipo serissimo che non ha neppure l'attenuante della giovane età: Massimo de Manzoni è infatti mio coetaneo e fino all'agosto di cinque anni fa era un ben retribuito vicedirettore di Libero, che tuttavia non esitò a mollare il posto sicuro per quello ballerino di condirettore della Verità, accettando per di più una riduzione dello stipendio. A seguire, del gruppo di squilibrati facevano parte gli attuali vicedirettori, Giacomo Amadori, Claudio Antonelli e Francesco Borgonovo: i primi due tenevano famiglia e il terzo diverse collaborazioni, ma nessuno fu frenato dall'imbarcarsi nell'avventura. Tutti e tre lasciarono il posto fisso, salutati da alcuni colleghi con un'affettuosa premonizione: entro Natale sarete sotto i ponti. La folle pattuglia includeva anche Edoardo Cavadini e Fabio Corti, due ragazzi, anche loro già con contratto a tempo indeterminato, cui rinunciarono per quello determinato che gli proposi alla Verità, ed Emanuela Meucci, giovanissima e fresca di corso di giornalismo. Ad aiutarci c'era e c'è Alessandra Giussani, la nostra assistente, la quale scelse di rinunciare al viaggio negli Stati Uniti già pagato, per rispondere ai lettori e preoccuparsi di risolvere le grane che via via si presentarono. Tutti quanti stavamo in un appartamento poco più grande di 100 metri quadri, con bagno e cucina. Quest'ultima era l'ufficio di de Manzoni, mentre io occupavo la camera da letto: il salotto era lasciato al resto della banda, mentre la seconda camera degli ospiti era il porto di mare dei tanti amici che avevano scelto di aiutarci. Alessandro Rocchi, un collega in pensione dopo anni trascorsi al Giornale, ormeggiata la barca, ricordo che mi disse: «Ti regalo quattro mesi della mia vita». Altri, come Giancarlo Perna, mi scrissero: «Se tu ci sei, ci sono anche io». Sì, furono tanti gli amici che scelsero di seguirci e sostenerci. Fra loro Giampaolo Pansa, Mario Giordano, Stefano Lorenzetto, Luca Telese, Carlo Cambi, Cesare Lanza, Antonello Piroso, Giorgio Gandola, Mario Celi, Carlo Piano, cui in breve si unirono Martino Cervo, Debora Ripamonti, Carlo Melato, Marianna Baroli, Alessandro Da Rold, Alessandro Rico, Adriano Scianca, Salvatore Drago. Sono certo di dimenticarne molti e me ne scuso, ma se ho messo in pagina un elenco è per spiegare che il successo della Verità non è dovuto a una sola persona ma ai pochi che hanno creduto e credono che un giornale indipendente dal potere politico ed economico sia ancora possibile. I risultati sono sotto gli occhi di chiunque la mattina si rechi all'edicola. Non avendo padroni, ma solo lettori, serviamo chi ci compra, come dovrebbe di regola fare un giornale. Purtroppo da noi i quotidiani servono a difendere, o a rappresentare, interessi che nulla hanno a che fare con l'informazione. Dunque, la stampa tende a genuflettersi al potere, nascondendo alcune notizie ed enfatizzandone altre. Basta leggere ciò che viene scritto in questi giorni per rendersene conto: il giornale unico nazionale parla solo di quanto sia intelligente e utile il green pass, di come sia ignorante e dannoso chiunque si ponga domande sulla campagna vaccinale e sulle prescrizioni ai bambini. Con il conforto dell'Ordine dei giornalisti, che si preoccupa solo di ammonire i colleghi che non hanno la Pec, cioè la posta certificata, i giornali diffondono a rotative unificate. Così, cinque anni dopo il 20 settembre del 2016, si dimostra che fondare un quotidiano non era né folle né azzardato: era solo necessario, per evitare che una cappa di conformismo impedisse di riportare le notizie ritenute scomode. Dunque, con grande ritardo, ringrazio tutti i lettori che ci seguono e tutti i colleghi e collaboratori della Verità, compresi i pochissimi imprenditori che hanno scelto di investire qualche soldo con la quasi consapevolezza di poterlo perdere in nome del diritto a una libera informazione.
Due ultime considerazione sono però necessarie. La prima riguarda gli sviluppi che la nascita della Verità ha avuto. Dal 2018 siano gli editori di Panorama, glorioso settimanale che, dopo aver rischiato di chiudere, è tornato a fare il proprio mestiere, ovvero fare inchieste libere. E insieme al periodico che ha fatto la storia del giornalismo sono arrivate altre testate, al punto che oggi La Verità è un piccolo gruppo editoriale. La seconda considerazione la voglio mettere in chiaro perché ogni tanto qualcuno prova a gettare fango su di noi: il nostro quotidiano non percepisce un euro di denaro pubblico. Mi spiego meglio: a decidere delle nostre sorti sono soltanto i lettori, perché è solo per merito di chi ogni giorno ci compra se possiamo permetterci il lusso di andare in edicola. A loro, a quelle 30.000 persone e a tutti coloro che hanno creduto nella possibilità di far vivere un giornale indipendente e libero, va la mia lettera di ringraziamento. Con una promessa: non ci fermeremo qui. Abbiamo altre idee e le vogliamo far crescere. A presto, dunque.
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Sono passati quattro anni. Quel giorno di settembre era un martedì e contro ogni pronostico La Verità debuttò in edicola. Non ci credeva nessuno, se non una sparuta pattuglia di giornalisti in cerca di indipendenza. La maggior parte di quelli che avevamo contattato nella speranza che finanziassero il progetto di un quotidiano senza padroni, si era eclissata nonostante le promesse. E anche molti collaboratori o presunti tali se l'erano data a gambe quando avevano capito che di soldi non ce n'erano. Ne ricordo uno che una settimana prima della data fatidica ci telefonò per spiegarci che avevamo il cervello in acqua. Credo che intendesse dire che avevamo preso un brutto colpo di sole e forse aveva ragione.
Il 24 di agosto, quando ci riunimmo, non avevamo una sede e nemmeno uno stampatore; di numeri zero, cioè di prove di giornale per vedere se eravamo in grado di riempire tutte le 24 pagine previste, neanche a parlarne. Per non dire poi delle scrivanie, dei collegamenti internet, del centralino, della segreteria eccetera eccetera. Mancava meno di un mese all'uscita in edicola, ma oltre alla testata non avevamo niente. O per lo meno nulla di ciò che si ritiene sia indispensabile per un giornale. In compenso, avevamo una gran voglia di fare e di dimostrare che ci saremmo riusciti.
Non so che cosa ci abbia consentito di colmare il gap, e a dire il vero non so neppure come quello sparuto gruppo sia stato così incosciente da ignorare tutti i rischi dell'avventura in cui si stava imbarcando. Di solito, quando si presenta un successo si parla di case history, cioè di qualche cosa da studiare o da prendere a esempio, ma se noi dovessimo ripercorrere le tappe della nostra piccola impresa, dovremmo scrivere un manuale di cose da non fare. Ciò detto, siamo qui, con un numero di copie vendute che nessuno quattro anni fa poteva nemmeno lontanamente immaginare. L'Ads, ovvero la società che si occupa di accertare la diffusione della stampa, ogni mese registra la nostra crescita. L'ultima rilevazione pubblicata riguarda i dati di luglio e segnala vendite di copie cartacee e digitali che superano le 30.000. Non molti quotidiani oggi possono vantare cifre simili: tolte le testate più importanti, che pure ogni mese registrano una costante flessione, altre con una storia e una tradizione di gran lunga più consolidata della nostra sono meno diffuse. Sì, dopo quattro anni possiamo dire di avercela fatta. Grazie ai lettori, sempre più numerosi, La Verità è diventata un importante quotidiano, una voce veramente fuori dal coro, che non ha paura di essere anticonformista, di schierarsi contro il luogo comunismo e di rivelare i segreti del potere. Il successo è stato accompagnato anche dall'acquisto di una testata storica come Panorama, il settimanale che dagli anni Sessanta in poi ha raccontato il cambiamento del Paese. Sembrava impossibile salvare il newsmagazine dal lento declino che ne stava erodendo la diffusione e invece, dopo due anni, abbiamo raggiunto l'obiettivo, riportando in equilibrio anche il conto economico. Quest'anno a La Verità e a Panorama si sono poi aggiunte altre testate, così da formare un piccolo, ma autonomo, gruppo editoriale, sano e senza vincoli, pronto a rispondere solo ai propri lettori. Tutto ciò in quattro anni.
Tuttavia, non ho scritto questo articolo solo per festeggiare il nostro compleanno con chi ci compra e ci premia quotidianamente. Volevo sì informarvi dei nostri numeri e dei nostri successi, ma soprattutto ricordare che anche quando nacque La Verità c'era un signore che con la promessa di ridurre il numero dei parlamentari sperava di attaccarsi alla sedia. Nel 2016, usando il risentimento degli italiani contro la Casta, Matteo Renzi provò a farsi egli stesso Casta e padrone del Paese. Il nostro giornale, come sapete, svelò sin da subito quanto fossero false e illusorie le promesse del Rottamatore, il quale a dire il vero aveva fatto almeno lo sforzo di cambiare qualche cosa in più del numero di onorevoli. Ora, a distanza di quattro anni, il gioco si ripete. A proporre il taglio di deputati e senatori sono i 5 stelle, cioè gli esponenti di un movimento anti Casta che si è fatto Casta. Anche loro, come il fondatore di Italia viva, ribaltonista di successo (è grazie a Renzi se abbiamo un governo giallorosso nonostante avesse giurato che mai lo avrebbe fatto), provano a usare l'argomento del numero di eletti alla Camera e al Senato per prolungare il loro potere. Come Tomasi di Lampedusa, fa dire al principe Tancredi nel Gattopardo: «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi». Ecco, oggi si va a votare con la promessa di cambiare tutto, o per lo meno il numero dei parlamentari. Ma l'obiettivo di chi oggi suggerisce di mettere una croce sul Sì è far rimanere tutto com'è. Conte compreso.
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Il quotidiano cresce con l'affetto dei lettori e aumenta le vendite. Dal primo dicembre La Verità tornerà nelle edicole di Sicilia e Calabria, dalle quali mancava dalla fine di ottobre. In questi 30 giorni circa, in tanti ci avete scritto e chiamato in redazione, esprimendo la delusione per non poter più leggere il quotidiano in forma cartacea: «Perché non trovo più il vostro giornale in edicola?», «Sono tre giorni che non riesco a comprare La Verità a Palermo, quando tornerà la vostra testata anche qui?», e molte altre mail come questa sono arrivate quasi tutti i giorni.
I costi di stampa e distribuzione in quell'area sono particolarmente elevati, ed essendo rimasto questo, come aveva promesso tre anni fa il direttore Maurizio Belpietro, un giornale «senza padroni né padrini, senza i soldi di cavalieri rampanti o editori interessati a sopportare perdite pur di riscuotere benefici dal politico di turno», lo squilibrio tra costi e ricavi si fa sentire. Però il vostro affetto ci ha indotto a farcene carico: da domenica torniamo.
La Verità è tra i pochi giornali italiani con in conti in regola, e l'unico che cresce nelle vendite, grazie alle decine di migliaia di lettori che fin dal 20 settembre 2016 hanno creduto in questa impresa, nata nella diffidenza di chi pensava che fondare un nuovo quotidiano fosse un'idea da folli. Ad agosto la diffusione di copie cartacee ha superato le 30.000 copie, a cui si aggiungono alcune migliaia di copie digitali. Non vanno ringraziati solo gli affezionati della carta stampata infatti: La Verità scaricata online è cresciuta nell'ultimo anno del 116%, mentre gli utenti unici che seguono il sito sono passati in un solo anno da 571.000 a 1,3 milioni, con 21,4 milioni di pagine viste. Risultati eccezionali, che hanno permesso, nel 2018, di allargare la famiglia acquisendo Panorama, riportando il settimanale al posto di prestigio occupato per decenni.
A tutti voi lettori va quindi il nostro più sincero ringraziamento per continuare a sceglierci e farci crescere sempre di più.






