Il candidato presidente alla Regione è riuscito a rimanere a galla anche dopo inchieste giudiziarie e fallimenti politici che lo hanno riguardato negli ultimi anni: dalla condanna della Corte dei Conti all'apertura dello Spallanzani ai russi durante il Covid, fino al caso delle mascherine mai arrivate di Eco Tech.
La capacità di restare a galla nonostante inchieste giudiziarie e fallimenti politici. Da prassi consolidata nel corso degli anni - per alcuni esponenti del Pd laziale - si è trasformata in «arte». Che raggiunge il suo culmine durante la campagna elettorale.
Alessio D’Amato, candidato presidente alla Regione Lazio, è senza dubbio uno dei massimi esponenti di questa disciplina sui generis.
Il 2 settembre 2022 D'Amato è stato condannato dalla Corte dei Conti a risarcire 275.000 euro, in solido con i collaboratori Barbara Concutelli ed Egidio Schiavetti. I fatti della vicenda risalgono al periodo 2005-2008 e coinvolgono la fondazione Italia-Amazzonia onlus, della quale D'Amato è stato fondatore, vicepresidente e presidente onorario. In quel lasso di tempo la sua fondazione ha ricevuto con finanziamenti pubblici 275.000 euro, denaro che sarebbe dovuto servire per perseguire gli scopi della onlus. E che invece secondo i magistrati contabili è stato utilizzato per sostenere, in modo indebito, «l’attività politica e di propaganda elettorale svolta dall'associazione Rosso verde-Sinistra europea, che nel periodo in esame ha espresso propri candidati alle elezioni politiche del 9-10 aprile 2006 e alle comunali del maggio 2006». Per essere più chiari, secondo i giudici contabili di primo grado (sul piano penale è caduta la scure della prescrizione), D’Amato non ha utilizzato i contributi per la nobile causa dell’Amazzonia ma per fare politica. «Ha fatto gravare (D’Amato, ndr) sul bilancio regionale spese e costi privi di alcun interesse pubblico e generale, che avrebbero dovuto essere invece sostenuti in definitiva dal gruppo consiliare in discorso e da lui stesso con fondi propri e», hanno scritto le toghe, «non già dell’amministrazione di appartenenza». Tra le anomalie segnalate dai magistrati contabili pure il comportamento di Regione Lazio, guidata all’epoca dall’ex segretario Pd Nicola Zingaretti. L’ente «non ha posto in essere nell'ampio lasso temporale intercorso dall'emersione delle predette criticità iniziative volte a tentare il recupero delle somme illegittimamente corrisposte».
Nella lunga fase pandemica l’ex assessore alla Sanità D’Amato e il governatore Zingaretti hanno aperto le porte del principale istituto italiano di malattie infettive, l’ospedale Spallanzani di Roma, ai russi. È il 13 aprile 2021 quando la struttura della Capitale firma un accordo di cooperazione con l’Istituto Gamaleja di Mosca. Il patto prevedeva uno «scambio di conoscenze» nell’ambito delle ricerche sul Covid e sui vaccini che meglio avrebbero potuto contrastarlo, in particolare l’efficacia del siero russo Sputnik. Di fatto i ricercatori di Mosca hanno avuto accesso a tutti i dati delle banche biologiche dell’Unione europea, quindi informazioni sensibili, custoditi proprio allo Spallanzani. All’epoca solamente i lettori della Verità erano informati del rischio spionaggio russo, la stampa italiana ha preferito tacere e in alcuni casi «benedire» il binomio Spallanzani-Istituto Gamaleja.
Sempre in epoca Covid, anzi nella fase più dura della pandemia, nel Lazio è andato in scena il mascherine gate. Siamo alla metà di marzo 2020: la Regione acquista 9,5 milioni di euro di mascherine dalla Eco.Tech per 35 milioni di euro, e ne versa 14,6 come anticipo. Peccato che di mascherine ne arriveranno ben poche, al punto che su questa storia si accendono i fari della Procura di Roma e della Corte dei Conti, che indagano rispettivamente per presunto inadempimento in pubbliche forniture e supposto danno erariale da oltre 11 milioni di euro. Quest’ultimo è contestato all’ex presidente Zingaretti e al capo della Protezione civile del Lazio Carmelo Tulumello. D'Amato non è stato direttamente coinvolto, ma in quella fase ricopriva comunque la carica di assessore della Sanità. Se le accuse devono ancora essere accertate, di una cosa invece siamo sicuri: la vicenda delle mascherine non è quasi mai stata evocata nella campagna elettorale in vista del voto di febbraio.
Temi spinosi che non avrebbero mai potuto essere presi in considerazione ieri, quando D’Amato insieme al leader Angelo Bonelli e al portavoce nazionale di Possibile Lgbt+ Gianmarco Capogna, è intervenuto alla presentazione del programma Verdi-Sinistra a Roma. Forse per questo si è mostrato assai sicuro delle sue chance di vittoria: «Il valore aggiunto di questa campagna sarà il simbolo e la lista di Verdi-Sinistra e con questo simbolo andremo a vincere. Dobbiamo vincere per difendere il lavoro di questi anni». Il manifesto dell’«arte» del restare sempre a galla nonostante i precedenti.
Il Pd crolla nei sondaggi (viene ormai segnalato sotto il 15%) e l’unica cosa che riesce a fare è litigare al suo interno praticamente su tutto: ora anche data e modalità delle primarie per la scelta del successore di Enrico Letta diventano motivo di polemica.
I gazebo, secondo il calendario già fissato, dovrebbero essere aperti domenica 19 febbraio, ma a quanto pare si va verso lo slittamento di una settimana, quindi al 26. Il motivo è che la data del 19 sarebbe troppo a ridosso delle elezioni regionali in Lombardia e nel Lazio, in programma il 12 e il 13 febbraio. Elezioni che vedono i dem sulla strada di un’altra esaltante sconfitta: a quel punto, il nuovo segretario, è stato il ragionamento di chi ha chiesto il rinvio, si troverebbe a gestire una nuova batosta. Come se una settimana cambiasse qualcosa, i candidati alla segreteria (Stefano Bonaccini, Elly Schlein, Gianni Cuperlo e Paola De Micheli) sarebbero d’accordo sullo spostamento della data, che verrà ratificato, salvo imprevisti, dalla direzione nazionale del partito, che si svolgerà la prossima settimana.
Altro motivo di duro contrasto interno è la proposta di Elly Schlein di far svolgere le votazioni anche on line, trasformando così definitivamente il Pd in una succursale del M5s. Una proposta che viene immediatamente bocciata da Pina Picierno, vicepresidente del parlamento europeo e in corsa per la vicesegreteria nazionale in ticket con Bonaccini: «Un partito che non ha radicamento sul territorio», attacca la Picierno, «che non ha circoli dove i militanti si ritrovano e discutono e non fa le feste dell’Unità ma che vota on line c’è già, ma non è il nostro. Noi vogliamo partecipazione e coinvolgimento dei nostri iscritti e dei nostri elettori: ma che sia reale, non virtuale. La proposta di voto online lanciata da Elly Schlein è, per questo, sbagliata e, oltretutto, irrealistica e inapplicabile a poche settimane dal voto: significherebbe», aggiunge la Picierno, «non garantire un voto sicuro alle iscritte e agli iscritti».
Favorevole, invece, la deputata Laura Boldrini: «Il congresso del Pd», argomenta la Boldrini, «non deve essere un atto stanco e rituale ma un evento capace di suscitare interesse e la più ampia partecipazione possibile. Un congresso costituente deve avere anche l’ambizione di essere innovativo. Certamente nei gazebo ma anche online si deve poter votare alle primarie».
Possibilista il responsabile organizzazione dei dem, Stefano Vaccari: «Avviando la fase costituente», afferma Vaccari, «ci siamo posti l’esigenza di allargare la discussione e la partecipazione nella costruzione del nuovo Pd. Invito tutti ad astenersi dall’insinuare dubbi sulla capacità di poterle organizzare in tutta sicurezza e trasparenza. Le primarie fisiche ai gazebo o nei circoli rappresentano un pilastro», evidenzia Vaccari, «ma lo statuto consegna nelle mani della direzione la possibilità di affiancare altre modalità telematiche di coinvolgimento degli elettori».




