Da «whatever it takes» a «ricordati che devi morire». Ci si aspettava il solito Mario Draghi, pragmatico e concreto, capace di far trionfare il buon senso sugli opposti estremismi, e invece è spuntato fuori un Savonarola dei vaccini, millenarista a sorpresa, che cavalca l'onda della demonizzazione, quasi fosse un Burioni qualsiasi (quello che l'altro giorno godeva nel pensare ai non vaccinati «agli arresti domiciliari, chiusi in casa come sorci»). «Chi non si vaccina muore e fa morire», ha detto il premier, equiparando di fatto chi non si è ancora fatto pungere a un assassino. Ma se così fosse, cioè se davvero il presidente del Consiglio fosse convinto che i non vaccinati sono degli assassini, delle bombe chimiche, dei terroristi in libera uscita, ebbene, allora bisognerebbe come minimo metterli agli arresti domiciliari, secondo il pacato e scientifico suggerimento di Burioni. In effetti: impedire agli assassini di andare al cinema e in palestra, come misura restrittiva, non è un po' poco?
Evidentemente Draghi non lo pensa, sa benissimo che i non vaccinati non sono degli assassini. E allora resta da capire perché, abbandonando il suo tradizionale aplomb, abbia scelto questa frase così forte e questi toni catastrofistici. Certo ci sono le ragioni politiche: siccome nel Consiglio dei ministri aveva dato una botta a Conte sul tema della giustizia, aveva bisogno di darne una altrettanto forte a Salvini per pareggiare i conti. Non a caso ieri gran parte dei giornali titolavano gongolanti sullo «schiaffo a Salvini». Ma è possibile una persona così avveduta come il premier metta in gioco questioni tanto delicate per un bieco giochetto di equilibri politici? Sarebbe oltre modo rischioso. Anche perché se davvero si vogliono convincere i tanti perplessi e indecisi, questo è il metodo peggiore: alzare i toni porta infatti a radicalizzare lo scontro, facendo vincere gli estremisti come dimostra la manifestazione spontanea subito scattata a Torino. Migliaia di persone in piazza e La Stampa che notava stupita: toh, guarda, a protestare non ci sono quelli con l'anello al naso e l'orbace, ma persone civili e persino rappresentanti della gauche cittadina…
E quindi la domanda è: perché Draghi, che usa sempre parole appropriate, questa volta ha scelto di usare parole così esagerate? Solo perché voleva sistemare il leader della Lega? Possibile? O davvero pensa che il modo migliore per convertire un no vax sia dargli dell'assassino? Basterebbe un po' di psicologia da cioccolataio (con tutto il rispetto per i cioccolatai) per capire che non funziona. Così come ci vorrebbe poco a capire che permettere al generale Figliuolo di chiedere le liste degli insegnanti che non si vaccinano, manco fosse Walker Texas Ranger, non è il modo migliore per convincere i riluttanti. Al massimo, è il modo migliore per esacerbare gli animi. Cosa di cui non c'è gran bisogno visto che tra un po' passerà per fine intellettuale persino chi propone la ghigliottina per i non vaccinati, mentre si compilano le liste di proscrizione di chi si limita a dire «ragazzi, ma non stiamo esagerando un po'?».
Per carità: può essere che quella di giovedì, per Draghi, sia stata solo una pessima giornata. Capita a tutti. Persino ai «migliori», che a volte finiscono per comportarsi da peggiori. E la dimostrazione la si è avuta su un'altra frase pronunciata in conferenza stampa dal premier: «Il green pass», ha detto, «dà garanzie di stare con persone non contagiose». In altre parole: se ti vaccini, non ti contagi. E questa, per dirla tutta, è una solenne fake news, cioè una balla sesquipedale, pronunciata da un presidente del Consiglio durante una conferenza stampa istituzionale. Lo sanno tutti: se ti vaccini, ti puoi contagi e puoi contagiare. Non finisci all'ospedale, molto probabilmente. Non crepi, si spera. Ma ti puoi contagiare. L'Istituto superiore della sanità ha addirittura dichiarato (20 luglio 2021) che quando aumentano le vaccinazioni «si verifica l'effetto paradosso per cui il numero assoluto di infezioni può essere simile tra i vaccinati rispetto ai non vaccinati». In percentuale no. Ma in numero assoluto sì. È ovvio: ci possono essere più infezioni tra i vaccinati che tra i non vaccinati, se questi ultimi sono minoranza. E allora perché Draghi ha pronunciato quella frase spericolata?
Non si dicono bugie in conferenza stampa; non si dicono bugie da presidente del Consiglio, tanto più se si usano le bugie come predellino per affermazioni da tregenda sulla morte, che è sempre un argomento piuttosto delicato. Negli Stati Uniti il presidente Biden ha fatto un'affermazione simile, seppur più cauta, e la Cnn (dico: la Cnn) l'ha pubblicamente e immediatamente smentito. Da noi, invece tutta l'informazione, come al solito, è appecoronata, applaude gaudente: che bello, Draghi ha dato uno schiaffo a Salvini, e sono tutti contenti. Pazienza se ha detto cose false. Pazienza se ha detto cose sbagliate. Forse porterà più vaccinati (come vorrebbe), ma di sicuro porterà più scontri e incomprensioni. Più ferite nel Paese.
E nessuno (o meglio: pochi, troppo pochi) che si chiede perché se il presidente del Consiglio ha tanta fiducia nel green pass non comincia a usarlo per i suoi appuntamenti istituzionali. Perché per entrare alla conferenza stampa che annunciava l'entrata in vigore del green pass, il green pass non è bastato per entrare in sala (i giornalisti hanno dovuto pure fare il tampone). E perché, se il green pass è ritenuto necessario per accedere a un cinema o a una palestra, non è invece ritenuto necessario per accedere alla Camera dei deputati o in Senato o a Palazzo Chigi o almeno al ministero della Salute. Forse che a Palazzo Chigi e al ministero della Salute c'è qualcuno che «vuol morire o far morire»? Non vogliono «la garanzia di stare con persone non contagiose»? E allora, per coerenza, il green pass sia obbligatorio in tutte le sedi istituzionali e in tutti i palazzi della politica. Da subito. Almeno questo, Draghi lo faccia. Ne va della sua credibilità. Lo faccia subito. E poi torni in sé, se ci riesce.
Il ministro leghista, vicinissimo a Mario Draghi, frena: «La card vaccinale va bene per le discoteche e gli stadi, ma è una forzatura vincolarla ai diritti di cittadinanza». Si inizia a ragionare su rischi e danni economici
Contenere i contagi, certamente. Ma allo stesso tempo contenere la frenesia revanscista dei «rigoristi» del Covid che, quando ancora i dati delle ospedalizzazioni non presentano aumenti preoccupanti, stanno nuovamente dando fiato alle trombe per caldeggiare il ritorno della mannaia della chiusura generalizzata. Giancarlo Giorgetti, che è uomo di riconosciuto equilibrio e pragmatismo, prova a dare una mano a Mario Draghi nella ricerca di un buonsenso che in maggioranza, di fronte al diffondersi della variante Delta, sembra in procinto di svanire per far posto alla coercizione.
E così il ministro leghista dello Sviluppo economico, conscio dei danni che un nuovo lockdown o una dittatura del green pass alla francese potrebbe generare, ha tentato di tracciare una linea sulla quale tutte le componenti di maggioranza possano riconoscersi senza dare la stura all'ennesima caccia alle streghe: «Il green pass», ha affermato Giorgetti, «è utile da usare in alcune situazioni, come per lo svago. Diventa pericoloso se lo associamo ai diritti delle persone». Un principio su cui, in una situazione normale, nessuno faticherebbe a convenire, ma che nell'Italia dell'era Covid paradossalmente ha bisogno di essere sostenuto con forza per avere la chance di prevalere nella partita che in questi giorni si sta giocando (sulla pelle di milioni di lavoratori già stremati dalle due scorse stagioni di chiusure) in vista del nuovo decreto.
Che dovrebbe vedere la luce tra giovedì e venerdì, dopo il pronunciamento del Cts che arriverà entro domani e la cabina di regia che si terrà lo stesso giorno. Contemporaneamente, si svolgerà quel delicato lavoro di mediazione tra i partiti che sostengono il governo che, come si è visto, Giorgetti ha cercato di mettere sul binario giusto. Al centro del contendere, come è noto, l'estensione dell'obbligatorietà del green pass, con le due anime della maggioranza che, finita idealmente la tregua d'inizio estate con il trionfo azzurro a Wembley e relativi festeggiamenti, hanno ripreso a polemizzare. C'è infatti chi vorrebbe prevedere l'obbligo del green pass non solo per l'accesso a luoghi e ad attività ad alto rischio di assembramenti (come ad esempio discoteche, concerti, ricevimenti e simili) ma anche per l'esercizio del proprio lavoro.
In cima ai pensieri di costoro ci sarebbero i dipendenti statali e gli insegnanti, che andrebbero così a fare compagnia agli operatori sanitari nelle categorie sotto obbligo di vaccinazione. Un'ipotesi che una parte della maggioranza (in particolare la Lega) non vede di buon occhio, così come non c'è accordo sui luoghi e sulle attività per accedere ai quali bisognerà essere provvisti del green pass. A fronte di un generale accordo sulla necessità del green pass per i grandi eventi sportivi o musicali o le manifestazioni, Matteo Salvini sta dissuadendo le altre forze della maggioranza dall'andare fino in fondo, tra le altre cose, sull'ipotesi di associare il green pass obbligatorio ai bar e ai ristoranti al chiuso, ribadendo la propria contrarietà e quella del Carroccio all'obbligatorietà per insegnanti e studenti. «Pensare di inseguire chi va a prendere un cappuccino o a mangiarsi una pizza», ha affermato Salvini , «assolutamente no. Anche perché tutti i ragazzi di 15, 20, 30 o 40 anni non avranno mai la seconda dose prima dell'autunno. Quindi significa rovinare la vita e l'estate a persone che anche se venissero contagiate non rischierebbero la morte o il ricovero in ospedale. Non si tratta di essere no vax», ha aggiunto, «il vaccino serve, salva le vite, ma da qui a parlare di vaccino obbligatorio per gli studenti ce ne passa». Anche perché il decreto in procinto di essere licenziato dal governo contiene un giro di vite sulle sanzioni, che quindi potrebbero andare a concentrarsi sulle fasce più giovani della popolazione, colpendo paradossalmente non chi non si è vaccinato pur rientrando tra le fasce di età già chiamate alla somministrazione, ma quelli per cui faticano ad arrivare le dosi: «Non bisogna multare i ragazzi, 400 euro per chi va a mangiare la pizza. Il green pass sarebbe il casino totale, per avere la seconda dose di vaccino, che serve per avere il via libera, tutti quelli che sono sotto i 40 anni dovrebbero aspettare ottobre e così rovina l'estate a chi gestisce spiagge e discoteche».
Sul tema si è espresso anche Francesco Lollobrigida (Fdi), che ha detto: «Non consiglierei a nessuno sotto i 40 anni di fare il vaccino perché la letalità è inesistente», finendo travolto dalle polemiche per aver messo in dubbio l'obbligo: «Chi si vaccina sotto i 40 anni compie un atto di generosità, obbligare a vaccinarsi non è degno di uno Stato liberale».
In attesa che le trattative arrivino alla fase decisiva e dei nuovi dati relativi alla pressione sulle strutture sanitarie, circolano ipotesi su un possibile punto di caduta in base al quale il green pass sarebbe obbligatorio solo per gli eventi ad alto rischio assembramenti, mentre si introdurrebbe per bar e ristoranti al chiuso solo nelle Regioni con un significativo aumento dei ricoveri. Resta però aperto il nodo statali e insegnanti, su cui la mediazione appare più difficile





