Verrebbe da pensare che l’Italia non è poi messa così male quando si parla digitalizzazione. È quanto emerge dal secondo rapporto sullo Stato del Decennio digitale pubblicato dalla Commissione europea. Lo studio fornisce una panoramica completa dei progressi compiuti nella realizzazione degli obiettivi e dei traguardi digitali fissati per il 2030 dal Digital decade policy programme (Ddpp). Nonostante il rapporto mostri come gli Stati membri siano in ritardo complessivamente rispetto il raggiungimento di questi obiettivi, l’Italia ha compiuto progressi significativi in diversi ambiti della digitalizzazione.
Un quadro positivo è fornito anche dai dati Eurostat che mostrano come nel nostro Paese, nel 2023, circa il 40% degli individui abbia dichiarato di aver utilizzato la propria e-Id (lo strumento noto come Spid) per accedere ai servizi pubblici online del proprio Paese, mentre il 47% ha utilizzato la propria e-Id per accedere a servizi online per scopi privati. Entrambe le cifre sono superiori alla media dell’Ue (rispettivamente 36% e 41%).
Bene anche l’utilizzo del cloud. Secondo i dati del Digital economy and society index (Desi), l’indice introdotto dalla Commissione europea nel 2014 per misurare i progressi dei Paesi europei in termini di digitalizzazione dell’economia e della società, l’adozione dei servizi sulla «nuvola» in Italia è aumentata dal 51,9% (dati 2023) al 55,1% (dati 2024), segnando un incremento del 3%.
Anche a livello di connessione il nostro Paese fa meglio della media Ue. L’Italia continua a essere un Paese è avanzato nella copertura generale del 5G (99,5%, Desi 2024), confermandosi sopra la media Ue (89,3%). Il rapporto evidenzia la necessità di progressi rapidi per implementare reti fisse ad altissima capacità e, in particolare, le reti in fibra. Ad ogni modo, c’è stato un incremento annuale della copertura, dal 53,7% al 59,6%, che continua ad essere significativo.
Bene anche la sanità digitale. Nel 2023 l’Italia si è distinta per l’accesso consentito ai cittadini agli Ehr (Electronic health records). Anche grazie al Fascicolo sanitario elettronico, il punteggio di maturità sull’E-Health del Paese è passato dal 71,3% (dati Desi 2023) all’82,7% (Desi 2024), superando la media Ue (che è del 79,1%).
Ma ci sono anche dei lati negativi. Il Paese rimane indietro per quanto riguarda le competenze digitali dei cittadini (solo il 45,8% degli italiani possiede quelle di base). Si segnalano positivamente due delle principali misure volte a fornire ai cittadini almeno le competenze digitali di base e ad aiutarli nell’utilizzo dei servizi digitali: il servizio civile digitale (60 milioni di euro) che, nel 2023, ha coinvolto circa 1.900 giovani volontari e la rete dei servizi di facilitazione digitale (135 milioni di euro), con l’apertura di 504 servizi di facilitazione (Punti Digitale Facile) in tutto il Paese nel 2023, che hanno supportato circa 6.000 persone nell’utilizzo dei servizi digitali. Resta da dire che, al 30 giugno 2024, i Punti Digitale Facile erano oltre 1.600.
«Il recente rapporto Ue sullo Stato del decennio digitale evidenzia i progressi significativi dell’Italia nell’adozione del cloud, nella sanità digitale e nell’uso dell’identità digitale», spiega Alessio Butti, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio. «Tutti ambiti nei quali siamo nettamente al di sopra della media europea. Grazie al lavoro del governo Meloni, stiamo andando nella direzione giusta e lavoriamo ogni giorno per ottimizzare i Kpi (indicatori chiave di prestazione, ndr) più complessi, nei quali partivamo da una situazione di grave ritardo, come l’adozione dell’Ai da parte delle imprese e le competenze digitali di base».
La Lombardia è da tempo leader del mondo manifatturiero europeo. Ma, per mantenere questo primato, serve promuovere all’interno della regione e anche in tutta Italia, una nuova cultura dell’artigianato. La Verità ne ha parlato con Guido Guidesi, assessore allo sviluppo economico della Regione Lombardia.
Guidesi, cosa fare per non perdere competitività in Europa nel settore manifatturiero?
«La Lombardia da quasi un anno è la prima regione manifatturiera d’Europa. Noi vogliamo continuare ad esserlo attraverso e le tante industrie che abbiamo, i tanti capitani d’industria, ma anche le tante filiere che abbiamo. Tutta la catena del valore della manifattura, del resto, dipende dal settore artigiano. Quindi serve un’attenta riflessione perché il mondo artigiano possa diventare e tornare ad essere appetibile per le nuove generazioni. È un problema di cui non parla nessuno, ma è che va affrontato».
Da cosa deriva questo problema e come si può risolvere?
«Deriva sostanzialmente, secondo me, dall’immagine dell’essere artigiano. Una figura spesso descritta solo attraverso la pressione fiscale e l’impegno fisico. Quando invece c’è tanto altro, partendo dal fatto anche di potersi organizzare la giornata, dall’essere inventore, dalla sperimentazione che poi diventa ricerca e anche innovazione. Noi dobbiamo raccontare le innumerevoli storie di successo dell’artigianalità italiana».
Quindi cosa si deve fare per risolvere questo problema?
«Vanno fatte, secondo me, tre cose. La prima è evidenziare che un giovane se la può giocare facendo l’artigiano perché può inventare e creare qualcosa. Quindi si deve parlare di soddisfazione professionale. Il secondo è un tema di burocrazia e pressione fiscale. Abbiamo bisogno che ovviamente ci sia un incentivo da parte delle istituzioni per fare in modo che questa possibilità di fare gli artigiani venga accolta dalle nuove generazioni. Serve poi una riforma dell’istruzione. Oggi la filiera della pubblica istruzione è troppo distante dal mondo del lavoro e per mondo del lavoro io intendo il fatto anche di poter essere imprenditori di sé stessi. Serve una scuola che insegni anche il fatto di poter fare un lavoro aprendo una partita Iva e diventando lavoratori autonomi».
Guidesi, questo problema della mancanza di artigianalità da dove nasce?
«Nasce dal tema della competitività a livello europeo. Se l’Europa vuole essere competitiva in futuro, ha bisogno oggi di tutelare i produttori e crearne altri perché il futuro dell’economia europea dipenderà anche da chi produce. D’altronde, è partendo da questo presupposto che tanti industriali e tanti capitani d’industria sono partiti. Noi abbiamo bisogno di una nuova generazione di artigiani».
Parlando di settori, dove servono di più gli artigiani?
«Servono ovunque. Ho visto odontotecnici che lavorano completamente in digitale e sfruttano le possibilità della stampa in 3D, questi sono nuovi artigiani. Dobbiamo abbattere il muro di chi crede che fare l’artigiano sia una scelta di secondo livello. Basta pensare alle smart city, alla digitalizzazione delle case, all’edilizia sostenibile. Sono tutti settori dominati dagli artigiani. In Lombardia, ad esempio, siamo leader nel campo del motorismo storico. Da noi vengono da tutto il mondo per farsi restaurare un’auto d’epoca. Noi in quel settore abbiamo bisogno di un cambio dal punto di vista generazionale, abbiamo bisogno di far conoscere ai giovani questa opportunità. Domani non saranno i filosofi a ripararci gli elettrodomestici guasti».
In tutto questo cosa serve alla Lombardia come regione nel mondo dell’artigianato?
«Abbiamo bisogno di compensare con le nuove generazioni il vuoto che si è creato nell’ artigianato, il futuro dell’economia lombarda dipenderà ancora da chi produce. In parte i successi dell’industria lombarda dipendono anche dalle prestazioni artigianali nelle filiere e il riconoscimento del saper fare lombardo è completamente nelle mani di chi produce con qualità e innovazione, anticipando i tempi e sorprendendo positivamente i mercati internazionali. Dai nuovi artigiani dipenderà la continuità dei primati lombardi perché da noi l’artigiano è inventore. Noi abbiamo bisogno di tanti nuovi “inventori”».
Le istituzioni, soprattutto il governo, cosa stanno facendo?
«Secondo me quello che bisogna fare sta sicuramente nell’affrontare il tema di una riforma della pubblica istruzione che dia la possibilità di una formazione in questo campo. In questo senso mi pare che il governo si stia adoperando. Bisogna poi snellire la burocrazia e determinare quanto Pil può generare questo settore e poter ricorrere alla leva fiscale per promuovere il mondo dell’artigianato. In Italia, però, il ricorso alla leva fiscale non può essere demandato alle regioni ed è tutto centralizzato. Su questo il governo si deve attrezzare».
La multinazionale giapponese, leader nel settore dell'information technology, ha annunciato la nascita di una realtà che ha come obiettivo quello di supportare la transizione digitale italiana migliorando il dialogo tra i cittadini e la Pubblica amministrazione.
È stato presentato a Milano, presso la sede di Ntt Data, Gov&Tech, il nuovo progetto promosso dalla multinazionale giapponese leader nel settore dell'information technology con lo scopo di accelerare la digitalizzazione del Paese e accompagnare il settore pubblico e privato nel raggiungimento degli obiettivi posti dal Pnrr in termini di transizione digitale, affinché anche il dialogo tra i cittadini e la Pubblica amministrazione sia reso più agevole. La nuova realtà si focalizzerà su consulenza specializzata e soluzioni dedicate in grado di rispondere alle grandi sfide della trasformazione digitale del settore pubblico supportando la realizzazione di servizi innovativi basati su tecnologie di ultima generazione e su un'esperienza di eccellenza per il cittadino.
«Ntt Data Gov&Tech offre servizi e soluzioni di alta qualità alla Pubblica amministrazione, centrale e locale, ma punta a favorire l'innovazione tecnologica in diversi settori come risposta efficace a specifiche esigenze di business» - sottolinea Nadia Governo, Ceo ed Head of Telco&Media in Ntt Data Italia - «Questa nuova realtà è stata pensata anche per offrire consulenza specializzata in ambito cybersecurity per prevenire la violazione dei dati sensibili sono solo alcuni dei servizi offerti dalla nuova società. Anche grazie a strette sinergie con il settore della ricerca e con le Università del territorio, l'offerta proposta da Ntt Data Gov&Tech è in grado di rinnovarsi continuamente nell'ottica di costruire una rete di talento collettivo che copra tutto il territorio nazionale. Milano, Roma, Napoli, Bari e Cosenza sono le sedi in cui è già attiva la nuova società».
«Il nostro Paese si avvia ad affrontare delle sfide importanti, dall'implementazione del Pnrr all'avvio della riforma delle autonomie differenziate. Due processi che impatteranno inevitabilmente, e in modo diverso, sul Sud dell'Italia. Ntt Data Gov&Tech si inserisce in questo contesto - spiega il presidente Domenico Picciano - con la volontà di mantenere nel meridione il fulcro delle sue attività più disruptive, per offrire anche al Mezzogiorno un futuro digitale con consulenza specializzata e soluzioni innovative, puntando sui suoi giovani talenti, con programmi di formazione specifici per lo sviluppo di competenze sui processi pubblici e sull'innovazione tecnologica. Il nostro obiettivo è quello di supportare la transizione digitale italiana, contribuendo allo sviluppo delle competenze specialistiche di un settore sul quale il sistema deve investire per non perdere le opportunità di crescita rispetto al resto d'Europa».
Ospite della nuova puntata del talk condotto da Daniele Capezzone negli studi Utopia, il ministro per la Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo.





